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Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2007

Titolo: ITALIA - Un Ministro e i suoi ricordi

Autore: Luca Ajroldi


Articolo:
Nel numero di novembre-dicembre de "Il Corriere dei Ciechi", il Ministro della solidarietà sociale, On. Paolo Ferrero ha fatto il punto con il nostro giornale, sulla situazione relativa all'assegnazione dei volontari del servizio civile e sulla possibilità di dare priorità a quei progetti che prevedono l'assistenza a disabili gravi e gravissimi, e poi a tutti gli altri. Queste sono state le sue parole:

Ministro: Su questo abbiamo cercato di dare una risposta anche se non siamo riusciti a darla completamente, con il secondo bando; confido che per l'anno prossimo si riesca ad andare di più in questa direzione.

Ajroldi: E' una promessa quella che lei sta facendo o sta prendendo un impegno.

Ministro: Ho detto che "confido". Segnalo che il regolamento viene vagliato da un osservatorio, da una consulta che è fatta dalle varie associazioni e il Ministero non può decidere d'autorità una cosa, c'è necessità di un consenso e rispetto a queste ipotesi ci sono posizioni di associazioni che non condividono questa direzione. Penso che bisogna spostare gli equilibri, in una condizione che vada di più verso ciò che diceva lei, dubito che riusciamo a realizzarlo completamente, ma sarebbe già un bel passo in avanti se si riuscisse a migliorare quantitativamente questo aspetto.

Poi, alla fine dell'intervista il Ministro si è lasciato andare ad alcuni ricordi e considerazioni sulla società italiana, sui suoi comportamenti e sulla sua voglia di "rimozione" di avvenimenti che coinvolsero gran parte della popolazione italiana. Questa parte dell'intervista trasmette l'immagine più autentica di un uomo, di un Ministro della Repubblica, animato da una grande passione per la Politica. Quella con la P maiuscola.

Ajroldi: Ministro, Cooperativa Agrovalli, le dice qualcosa?

Ministro: Sì, l'abbiamo fondata quando ero in cassa integrazione nel 1983-84. Avevamo organizzato contemporaneamente il coordinamento dei cassintegrati Fiat, (circa 40 mila lavoratori nella sola provincia di Torino furono messi in cassa integrazione, un'esperienza drammatica, ci furono circa 200 suicidi; io allora avevo poco più di 20 anni e per me era in un certo senso un'opportunità, ma per chi ne aveva 45 o 50 era un elemento di disperazione). Con questo coordinamento da un lato organizzavamo le assemblee, facevamo le lotte, le manifestazioni per contrattare con la Fiat il rientro delle persone messe in cassa integrazione, ed era contemporaneamente uno strumento di lotta e una comunità: la gente invece che stare da sola, aveva un punto di riferimento. Poi è diventata anche la capacità di proporre un elemento di costruzione di lavoro. In questo senso abbiamo messo in piedi una cooperativa dove tutti i lavoratori in cassa integrazione si tassavano per farla partire e dove iniziarono a lavorare dei disoccupati. Sono stato presidente della Agrovalli per anni. E oggi è ancora viva e vegeta.

Ajroldi: Non più con i cassintegrati spero.

Ministro: Devo dire che i cassintegrati non ci hanno mai lavorato, nel senso che nel gruppo di cassintegrati che la mise in piedi poi ci fu chi andò in pensione e chi trovò lavoro. I cassintegrati la fecero funzionare col lavoro volontario (per esempio, io mi occupavo di contabilità, un altro che era esperto del settore del legname andava in giro e faceva i contratti). Chi lavorava effettivamente, prendeva lo stipendio e faceva il lavoro materiale, erano i disoccupati. Adesso ci lavorano una quindicina di persone stabilmente, ci sono anche persone che arrivano dai servizi sociali, ci sono un paio di lavoratori immigrati, insomma una bella realtà che continua, dopo vent'anni, a funzionare e che ha un suo presidente, si è costruita un suo gruppo dirigente tra quelli che ci lavorano; per cui nessuno tra quelli che la fecero nascere è più negli organismi dirigenti. Sovente queste esperienze sono legate a chi le ha messe in piedi fisicamente, nascono e muoiono con alcuni personaggi, invece in questo caso si è prodotto un gruppo dirigente all'interno di quelli che lavoravano e quindi è capace di andare avanti con le sue gambe.

Ajroldi: Lei ha detto recentemente, in una sua dichiarazione: "va ricostruita una biografia della nazione che incorpori ciò che siamo stati". Lei ha l'impressione che il paese abbia perso una parte della sua memoria collettiva?

Ministro: Mi riferivo in particolare al tema dell'emigrazione, perché mi ha colpito, occupandomi in questa fase molto più di quanto lo abbia mai fatto nel resto della mia vita, come l'emigrazione italiana sia sostanzialmente scomparsa dalla nostra memoria, resta nella memoria individuale, delle famiglie (casa mia è piena di libri in inglese, ricordo degli anni trascorsi negli Stati Uniti dai nonni. C'è la macchina da cucire Singer portata dalla nonna nel 1932-33 quando è tornata in Italia, il National Geographic mandato dagli zii a mio padre), ma non sta nella coscienza pubblica.

Ajroldi: Secondo lei questo accade perché il paese ha rimosso, ha voluto dimenticare oppu



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