Numero 6 del 2022
Titolo: Viaggi- Sulle strade del pane e dell'acqua: a Bergamo alta, tra antichi lavatoi e storiche botteghe
Autore: Simona Sardi
Articolo:
(da «corriere.it» del 12 marzo 2022)
Bergamo alta è un piccolo mondo da scoprire a piedi. Dormendo in case d'epoca e seguendo i nuovi percorsi della memoria. Dagli antichi lavatoi ai forni che hanno fatto la storia
Un viaggio ispirato alla lentezza e alla nostalgia. Un ritorno in città dopo due anni difficili all'insegna di simboli semplici e profondi: l'acqua e il pane. Si prende la funicolare (orari su atb.bergamo.it) o, a sinistra, la romantica Salita della Scaletta, e si sale a Bergamo alta.
Alla scoperta di Bergamo alta: gli storici lavatoi
La prima tappa a Bèrghem de hura, poco entro le mura, è il lavatoio di via Mario Lupo, a ridosso di piazzetta Angelini dalla fine dell'Ottocento: un pezzo di memoria cittadina tra alberi e case secolari.
«Sembra ancora di sentire le chiacchiere delle lavandaie, mani nell'acqua gelida, gonne lunghe, i figli più piccoli attaccati ai grembiuli spessi», racconta l'assessore ai lavori pubblici Marco Brembilla, che ha voluto fortemente il restauro degli antichi lavatoi. «Un tempo non solo non c'erano le lavatrici, ma nelle misere abitazioni di questa parte della città, di difficile accesso rispetto alla parte bassa, mancava perfino l'acqua corrente. Così il comune pensò ai lavatoi. Oggi c'è il Covid-19, allora peste e tifo: avere l'acqua a portata di mano significava un contatto con l'esterno e, in molti casi, la vita».
Il lavatoio, un'ellissi suddivisa in 18 lavelli, è tutto in marmo di Zandobbio, come Porta San Giacomo. A proteggerlo, un tetto con una mantovana (o «festone») in ghisa. Sotto, uno stemma del 1891.
«È stato un lavoro impegnativo», sottolinea Pietro Simone Tribbia, architetto e direttore tecnico di Ars Restauri. «Come per il lavatoio di Santo Erasmo, in via Borgo Canale, deturpato da innumerevoli fratture, scritte vandaliche e rotture interne. E in programma abbiamo già altri interventi».
Si risale via Gombito per visitare questi ultimi lavori. Costruito nei primi anni del XX secolo, nel lavatoio di Borgo Canale colpisce la purezza delle linee e la modernità nel taglio delle sei vasche, dove le donne venivano a lavare a mano e con la cenere. L'ultimo lavatoio da riscoprire, nei pressi di via Boccola, sotto la chiesa di San Lorenzo e la fontana ipogea del Lantro, del XVI secolo, sarà accessibile con visite guidate dalla prossima primavera. La fontana ha funzionato fino ai primi dell'Ottocento, i lavatoi erano ancora in servizio negli anni Cinquanta.
Le botteghe gastronomiche di Bergamo alta
«Senza acqua non c'è pane», dicevano gli anziani. E ancora oggi per i vicoli di Bergamo alta, mischiato al suono delle fontanelle, il giorno parte con il profumo di lieviti e farina dei forni storici. Sono negozi e insieme punti di ritrovo, luoghi da difendere con dedizione, oggi, dove nascono ogni mattina icone della cultura contadina locale come la Garibalda, pane bergamasco con quattro tipi di farine (semola rimacinata di grano duro, farina integrale, farina gialla, farina di grano saraceno), che fu una stella del Padiglione Italia all'Expo 2015.
«Correva il 1946 quando mio padre Massimo, con i fratelli, Claudio e Giuseppe, aprì il forno Nessi», ricorda Simone Nessi, terza generazione alla guida dell'insegna. «Lui fu l'unico a rimanere a Bergamo alta, dove poi rilevò il forno Mandelli, di proprietà del padre della stilista Krizia, e visse il boom dell'enogastronomia degli anni Ottanta».
Davanti al lungo e ricolmo bancone, arredato come una volta, spiccano la focaccia ai quattro formaggi della Val Seriana, le polentine e osei di Pan di Spagna e cioccolato, i grandi biscotti con mandorle e noci caramellate, creme morbide su sfogliate croccanti, le arance candite della Turta del Dunizet e i panettoni con crema in vasetto al pistacchio. Due scalini, dietro, dividono la bottega dal laboratorio. Ecco, in via Colleoni, l'Antica panetteria Tresoldi.
«Della farmacia-drogheria che un tempo stava qui restano una targa e le volte affrescate», spiegano Roberta e Anna, impegnate a proteggere le ricette di nonno Filippo Giuseppe Tresoldi, che aprì il forno nel 1938.
Tre generazioni con le mani in pasta anche per la famiglia Fassi. Il fondatore, Vittorio, iniziò come apprendista a Bergamo bassa nel 1940. Oggi sono in via Gombito. «Il pane è vivo», sorride Stefano Consonni, de Il Fornaio. «Racconta la fatica e l'entusiasmo di un popolo».
Si può rimanere decine di minuti a studiare il suo bancone con le crostatine miele e cannella, le spaccatelle, i cartocci all'albicocca, meringhe giganti e focacce dorate.
«Un commento tipico è: qui siamo in gioielleria!», aggiunge la moglie Simona Pesenti.
La data di nascita del forno è 1850. Da allora, qui non hanno più smesso di impastare.