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Kaleîdos

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Numero 5 del 2022

Titolo: L'uomo che capiva le donne

Autore: Rosa Baldocci


Articolo:
(da «F» n. 8 del 2022)
Nel 1987, Pier Paolo Pasolini firmava per la legge sull'aborto e scriveva su femminicidi e stupri parole attuali ancora oggi. A cent'anni dalla nascita dell'unico intellettuale italiano davvero nemico della discriminazione di genere, lo celebriamo ricordando la madre, le muse, le amiche che amava tanto
Per celebrare i cent'anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, il prossimo 5 marzo, bisognerebbe darsi un compito. Prendere, o riprendere, in mano alcune delle sue opere, per esempio quegli «Scritti corsari», così lucidi e ribelli, in cui si rivolgeva ai giovani degli Anni 70 mettendo a nudo gli inganni della società contemporanea. Oppure l'«Epistolario», con lettere inedite e bellissime come quella al fratello Guido, più giovane di tre anni, e all'amica Elsa Morante. O, ancora, rileggere l'articolo pubblicato nel gennaio del 1975 sul Corriere della Sera, all'epoca scandaloso per il movimento femminista, in cui esprimeva le sue perplessità sull'aborto: «Il problema non è di essere contro o a favore dell'aborto, ma a favore o no della sua legalizzazione. Ebbene, io mi sono pronunciato contro l'aborto e a favore della sua legalizzazione». In pratica, per lui la legge era giusta ma non sarebbe bastata ad abolire frustrazione sessuale e violenza contro le donne, perché le donne culturalmente erano considerate cittadini inferiori. Parole così vere e profetiche da risultare oggi, anno 2022, particolarmente amare alla luce dei fatti di cronaca, tra femminicidi e casi di stupro.
Pasolini è stato l'unico intellettuale che ha parlato senza false ipocrisie di temi tabù: la sessualità femminile, l'amore e l'aborto. L'unico capace di intessere quel rapporto di «intelletto d'amore» tra sé e le donne. «Il solo», come ha scritto la politica e giornalista sua coetanea Maria Antonietta Macciocchi, «capace di comprendere la fragilità disperata perfino di quelle che chiamavano «mostri sacri» del successo, le più traumatizzate tra le donne oggetto: Bardot (che tenta di uccidersi), Maria Callas (abbandonata da Onassis), Marilyn Monroe (suicida)».
Molte donne non addomesticate dalla società borghese e patriarcale sono state accanto a Pasolini, come viene sottolineato in una sezione della mostra «Non mi faccio commuovere» dalle fotografie, a cura di Roberto Carnero e Marco Minuz, al Palazzo Ducale di Genova. Eccone alcune.
Susanna, madre telepatica
La chiamava «capinera solitaria», «mammetta», «picinina». Susanna Colussi, maestra di Casarsa della Delizia, in Friuli, era fuggita a Roma con quel figlio amatissimo quando, solo e senza un soldo, Pier Paolo era stato cacciato dalla scuola dove insegnava perché «corruttore di minorenni». Perché omosessuale. E pur di aiutarlo a sopravvivere, si era messa a servizio nelle case.
Pasolini povero e reietto o Pasolini famoso intellettuale e osannato regista, sente che a comprenderlo c'è solo lei, sua madre. Se lui soffre di ulcera, anche lei avverte dolore al ventre. Se lei ha l'emicrania, anche a lui viene mal di testa. Telepatici. «Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore», scriverà nella celebre «Supplica a mia madre», poesia in cui emerge la figura di un amore materno indissolubile, ma anche tirannico e morboso.
Nel 1964, diventato ormai il nome più celebre e dirompente, scomodo e originale della cultura italiana, vuole lei nel ruolo della Vergine quando gira «Il Vangelo secondo Matteo». E poi nella parte della contadina che levita nell'aria come una santa alla fine di «Teorema» (1968).
A lei tocca il peggior destino per una madre: sopravvivere ai figli. Il più giovane, Guido, morto diciannovenne nell'eccidio di Porzùs (17 partigiani cattolici uccisi dai «rivali» comunisti).
Pier Paolo, il 2 novembre del 1975, massacrato tra le baraccopoli dell'idroscalo di Ostia. Susanna se ne andrà sei anni dopo.
Laura Betti, musa fedele
Voce roca, occhi bistrati, fisicità intensa, carattere forte, aspro, ma anche affascinante, vitale, ribelle. Fuggita da una famiglia borghese che la voleva moglie e madre, Laura arriva a Roma, fa teatro, incontra tutti gli artisti e gli intellettuali degli Anni 50.
Lei è cuoca sopraffina, la sua casa è aperta a tutti e un giorno vi approda anche Pasolini. Laura ne diventa la musa in un sodalizio di arte e pensiero. «Si è messa sul volto una maschera inalterabile di pupattola bionda», dice lui. Lei risponde: «Dietro quella maschera c'è una tragica Marlene, una vera Garbo».
Una diva, tanto intensa quanto sorprendente, capace di rubare la scena a chiunque. Pasolini la fa lavorare nei corti «La ricotta» (1963) e «La Terra vista dalla Luna» (1967), le fa vincere la Coppa Volpi a Venezia per il ruolo della serva di Teorema (1968). Ecco «l'intelletto d'amore», il perfetto sodalizio, che lei si ostinerà a definire «una coppia» (e infatti sarà gelosissima quando all'orizzonte comparirà Maria Callas). Un'unione che lascerà un vuoto incolmabile alla morte di lui.
Laura, per quasi trent'anni dopo la scomparsa, continuerà a farlo rivivere, ricordandolo, scrivendone, dirigendo documentari su di lui.
Ed è a lei che si deve l'ideazione del Fondo Pier Paolo Pasolini e il Centro Studi Archivio Pasolini a Bologna, con oltre mille volumi.
Callas, amore impossibile
Passione struggente e incompiuta tra due anime fragili e inquiete. Un sogno che non sarebbe mai diventato realtà anche se mamma Susanna tifava per la Callas, con cui si intratteneva in lunghe chiacchierate sul set di «Medea» (1969). A farli incontrare erano stati Franco Rossellini e Marina Cicogna che dovevano produrre il film. Il soprano era reduce dall'abbandono di Onassis, il regista innamorato infelice di Ninetto Davoli e, come ha raccontato Dacia Maraini: «Maria si illudeva di convertirlo all'eterosessualità. Sul palco lei era un drago, ma nella vita una bambina di un'ingenuità sconfinata. Non capiva che anche lui l'amava, ma di amore platonico».
Piera Degli Esposti li sorprese a baciarsi, Pasolini giunse a regalare a Maria un anello con un'antica corniola e trascorsero un'estate insieme nell'isoletta di Dragonisi, vicino a Mykonos. Ma di quelle giornate e notti in riva al mare rimangono solo i quattordici ritratti che lui le fece su foglietti piegati in quattro e dieci poesie pubblicate nella raccolta «Trasumanar e organizzar». Nulla di più poteva nascere da quella loro intimità, anche se lui le aveva scritto durante le riprese di Medea: «Tu sei come una pietra preziosa».
Elsa Morante, amica esigente
Quando Alberto Moravia li fece conoscere all'inizio degli Anni Cinquanta, per la giovane scrittrice Elsa Morante, Pasolini era un nuovo Rimbaud. Possedeva lo stesso sprezzo della borghesia e del pericolo, lo stesso genio rivoluzionario del poeta francese.
Per lui Elsa, di cui ammirava l'opera come scrittrice e con cui sentiva una grande affinità mentale, poteva essere di volta in volta «la Regina esigente» quando era delusa da certi suoi comportamenti, o «la Madre consolatrice» quando Ninetto Davoli lo faceva soffrire.
Lei ne tracciò un ritratto sincero e profondo nel romanzo «Aracoeli» (1982), in cui riassumeva le virtù e le debolezze di Pier Paolo nel personaggio del protagonista Manuele. Pasolini in «Petrolio», romanzo incompiuto e pubblicato postumo nel 1992 fece un suggestivo ritratto di questa amica «con il viso di giovane gatta... padrona del proprio pensare, per quanto il suo fondo potesse essere passionale, viscerale e tempestoso».
Rosa Baldocci



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