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Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2022

Titolo: RELAZIONI INTERNAZIONALI- Intervista a Lars Bosselmann

Autore: Francesca Sbianchi


Articolo:
Il Direttore esecutivo dell'EBU: un uomo che si sente cittadino europeo e crede nel valore dello sport

La libertà di movimento tra i paesi dell'Unione Europea, vista come la possibilità di trasferirsi per vivere e lavorare in un altro paese è un'aspirazione che molti dei nostri giovani hanno, ma che spesso rimane, per diverse ragioni, un sogno nel cassetto. Nei miei contatti in ambito internazionale, ho potuto incontrare alcune persone con disabilità visiva che quell'aspirazione sono riuscite a trasformarla in realtà. Reputo importante portare a conoscenza dei nostri ragazzi esempi concreti di successo che possono dare molti utili consigli a quanti volessero intraprendere una carriera internazionale. Su tale prospettiva ho voluto indirizzare la mia conversazione con Lars Bosselmann, Direttore Esecutivo dell'Unione Europea dei Ciechi (EBU), l'organizzazione ombrello con sede a Parigi (Francia) che riunisce 41 associazioni nazionali di persone con disabilità visiva e lavora per la tutela dei loro diritti in ambito europeo. Tedesco d'origine, 40 anni, una laurea nel settore delle scienze politiche, esperienza pluriennale nel lavoro di difesa dei diritti dei cittadini a livello europeo e internazionale, conoscenza fluente di 3 lingue, cieco. Andiamo a conoscere Lars Bosselmann.

D. Buongiorno Lars, prima di tutto ti ringrazio molto per aver trovato del tempo da dedicare ai lettori de "Il Corriere dei Ciechi". Lars, hai percorso una carriera straordinaria, con diversi incarichi prestigiosi, che ti ha visto dall'inizio del 2020 assumere l'incarico di Direttore Esecutivo dell'Unione Europea dei Ciechi e che ti ha portato a trasferirti quindi in un paese europeo diverso da quello di origine, tra l'altro proprio all'inizio della pandemia che ha colpito tutto il mondo. Vorrei chiederti un bilancio dei tuoi primi due anni come Direttore Esecutivo dell'EBU, quali sono state le principali difficoltà che hai dovuto superare, i tuoi successi e cosa ti proponi per il futuro?
R. In effetti, il contesto in cui ho assunto il mio ruolo di Direttore Esecutivo dell'EBU si è rivelato eccezionale e molto complesso. Proprio durante il mio primo giorno di lavoro, le autorità francesi avevano introdotto un lockdown molto rigido, una situazione che nessuno di noi aveva mai sperimentato prima. A livello professionale, dover organizzare tutto il personale che lavorava al 100% del proprio tempo a casa non è stato affatto facile, ma fortunatamente il lavoro a livello internazionale è in ogni caso basato principalmente su contatti tramite mezzi di comunicazione elettronica, quindi in generale è stato possibile conservare un alto livello di efficienza. Allo stesso momento, però, non mi è stato possibile conoscere personalmente chi lavorava nel mio ufficio, a parte parlarci durante i continui contatti online. Questo è stato abbastanza frustrante a livello sociale, ma lo staff mi ha dato un grande sostegno e mi ha fatto sentire bene accolto in seno all'EBU, nonostante la situazione complessa. Personalmente, avevo auspicato un inizio della mia vita a Parigi meno complesso, dal momento che sono una persona a cui piace scoprire nuovi luoghi e uscire, tutte cose che per me è stato impossibile fare per molto tempo! D'altra parte, mi posso definire comunque fortunato, perché mi ero organizzato per trasferirmi da Bruxelles a Parigi giusto una settimana prima del lockdown e avevo già trovato un appartamento adatto, quindi sono riuscito bene o male a stabilirmi a Parigi senza grossi problemi. Ho trovato grande supporto dai miei vicini di casa, che mi sono stati molto utili e che ho incontrato il giorno stesso del mio arrivo.
Nel corso di questi due anni, ho potuto approfondire la conoscenza dell'EBU e delle sue organizzazioni affiliate, sebbene la maggior parte dei miei contatti avvengano in maniera virtuale. Forse è proprio per questo che ritengo la conferenza annuale dell'EBU, svolta a Belgrado a ottobre 2021, sul tema dell'impiego, uno dei momenti salienti del mio impegno per l'Unione Europea dei Ciechi fino ad oggi, perché si è trattato del primo evento di una certa dimensione tenutosi in presenza! E non solo per questo, ma anche perché ha riguardato un tema critico che mi sta molto a cuore! Anche il lancio di nuove attività, sviluppate grazie a progetti come PARVIS e alla nuova sovvenzione quadriennale che abbiamo appena ottenuto dalla Commissione europea possono essere annoverate tra i nostri successi, che non sono ovviamente solo il risultato del mio lavoro. Queste attività ci aiuteranno ad affrontare quella che per me è la più grande sfida, la partecipazione da parte delle associazioni nazionali alle attività dell'EBU, riunite sotto quel formidabile ombrello che l'EBU rappresenta. Un miglior raccordo rispetto al lavoro delle 41 associazioni affiliate e la nostra azione sarà la sfida principale e il nostro piano per il futuro.

D. Cosa potresti consigliare a un giovane con disabilità visiva che stesse valutando l'opportunità di trasferirsi in un altro paese per lavorare? Quali sarebbero i tuoi consigli per inserirsi in un nuovo ambiente di lavoro internazionale e per gestire il trasferimento in un altro paese e in una nuova città?
R. Mi sono trasferito diverse volte nella mia vita: dalla Germania (il mio paese di origine) alla Francia e di nuovo in Germania, a seguire in Belgio e ora a Parigi. Un consiglio che darei sicuramente è di provare a contattare le persone che conoscono il luogo in cui si sta pensando di andare a vivere, se possibile, prima di trasferirsi concretamente lì. Questo permette non solo di ricevere dei suggerimenti su come trovare un appartamento, in quali zone concentrare la ricerca e quali evitare, ecc. ma aiuta a costruire una rete di conoscenze - che potrebbero divenire degli amici, una volta trasferiti lì. Oggi, questa ricerca di contatti è resa abbastanza facile grazie ai social media. Aggiungerei la raccomandazione di entrare in contatto con almeno un'organizzazione di persone con disabilità prima di trasferirsi in una nuova località, informandoli del proprio arrivo e ottenendo suggerimenti. Possono fornire input molto concreti sulle loro attività accessibili che potrebbero essere d'interesse, ma anche riferimenti di servizi di supporto per persone cieche e ipovedenti che si potrebbe avere bisogno o intenzione di contattare, per esempio, quando si deve adeguare la nuova postazione di lavoro o ottenere una tessera di disabilità per i trasporti pubblici, ecc. È sicuramente una buona idea riuscire a fare più cose possibili di questo tipo prima di trasferirsi. Ripeto, interagire con organizzazioni di persone con disabilità o con dei contatti locali è oggi molto più facile di quanto non fosse in passato e quindi trarne beneficio. In ultimo, cercare di continuare a praticare quelle attività del tempo libero che appassionano anche nel proprio nuovo contesto. Tutto ciò mi ha aiutato enormemente a integrarmi nelle città e nei paesi in cui mi sono trasferito.

D. Nelle varie attività dell'EBU durante le quali ti ho incontrato, ho potuto apprezzare quanto tu sia autonomo: viaggi spesso per lavoro senza accompagnatore e l'impressione è che tu non sia solo in possesso di ottime tecniche di orientamento e mobilità, ma che sia a tuo agio nel gestire autonomamente le questioni che ti riguardano. Quali sono stati gli elementi che ti hanno permesso di acquisire queste capacità, al contempo tecniche e psicologiche? Quali suggerimenti potresti dare ai nostri ragazzi, che fanno fatica ad acquisire un'indipendenza dal nucleo familiare e ad autodeterminarsi?
R. Fin dall'inizio, ho frequentato una scuola con convitto relativamente distante da casa dei miei genitori. Ora, non sto dicendo che sia necessariamente una cosa positiva, perché questo significa anche frequentare una scuola speciale invece di studiare in un ambiente inclusivo, ma nel mio caso mi ha aiutato ad acquisire e sviluppare la mia autonomia. La mia scuola considerava molto importante l'autonomia personale e fin da piccolo ho imparato come ci si può muovere utilizzando un bastone bianco, ma anche come svolgere alcune semplici attività domestiche. Grazie alle mie attività sportive, a un certo punto ho iniziato a viaggiare in altri luoghi della Germania e poi all'estero. Questo è avvenuto ovviamente come parte di un gruppo, ma chiaramente tali esperienze hanno fatto crescere in me la curiosità di visitare altri posti. Verso la fine degli studi universitari, ho cominciato a viaggiare all'estero, qualche volta con degli amici, ma anche da solo. E una volta che riesci a fare questo autonomamente, la fiducia in te stesso aumenta e cominci ad aggiungere nuovi viaggi e destinazioni. L'anno passato in ERASMUS a Lille (Francia) ha rappresentato per me un altro momento fondamentale nella costruzione della fiducia nelle mie capacità di vivere in un paese estero.

D. In Italia esistono delle leggi che promuovono l'occupazione delle persone con disabilità, ma è raro che una persona con disabilità ricopra un incarico manageriale. Tu sei stato selezionato per il ruolo di Direttore Esecutivo dell'EBU con un bando aperto a tutti e la scelta è ricaduta su di te per le tue grandi competenze professionali. Quali sono state le esperienze che ti hanno permesso di costruire la tua carriera? È questa la professione che avevi immaginato per te stesso?
R. La risposta semplice sarebbe stata: "Dovresti fare questa domanda a quelli che mi hanno assunto!". Rispondendo più seriamente: avevo lavorato a Bruxelles con un incarico simile per i precedenti 6 anni. Sebbene il mio lavoro lì non riguardasse specificamente le problematiche della cecità ma questioni relative alla disabilità in senso più ampio, sono sicuro che quell'esperienza mi ha aiutato ad ottenere il posto all'EBU. Anche nel mio precedente impiego mi occupavo di difesa dei diritti, di questioni di ambito internazionale e di gestione del personale. Mi piace molto la combinazione di lavoro strategico e gestione delle funzioni operative, quindi, considerando questo, il ruolo di Direttore Esecutivo mi è assolutamente congeniale, perché riesce a combinare entrambi gli elementi. Mi piace molto lavorare con le persone, sia come manager, sia, più in generale, come parte di una rete. Inoltre lavorare su questioni internazionali è importantissimo per me. A conti fatti, ritrovo tutti questi elementi nel mio lavoro all'EBU.

D. Siamo quasi alla fine delle domande personali: ho scoperto che hai una grande passione al di fuori del tuo lavoro. Ce ne puoi parlare? In che modo riesci a trovare tempo per entrambe le attività?
R. In effetti, lo sport è parte della mia vita da quando avevo 10 anni! Ho sempre sentito il bisogno di fare attività fisica per trovare un equilibrio anche nello studio, a scuola e all'università e ora, nel mio lavoro. Tuttavia, ho scoperto la mia passione per la corsa, a cui tu fai riferimento, solo alla soglia dei 40 anni! Avrei voluto praticare la corsa già da un po' di tempo, ma non ero mai riuscito a trovare guide che potessero assistermi. La situazione è cambiata quando ho scoperto un gruppo Whatsapp che aveva proprio lo scopo di far incontrare corridori ciechi e guide. Mi sono subito fatto avanti e ne sono rimasto entusiasta! Questo è successo quando vivevo ancora a Bruxelles, ma ho continuato a praticare la corsa anche dopo essermi trasferito a Parigi, dove ho trovato delle ottime guide. Quando vivevo a Bruxelles, avevo partecipato a una mezza maratona e questa impresa mi ha dato una forte motivazione ad andare oltre! Così, mi sono iscritto alla maratona di Parigi e mi sono preparato allenandomi molto intensamente. Lo scorso ottobre sono riuscito a correre la mia prima maratona, restando perfino al di sotto del tempo di percorrenza di 4 ore, una cosa assolutamente stupefacente! E anche solo l'intera esperienza di impegnarmi in una competizione così dura ma indimenticabile ha valso tutto lo sforzo!

D. Prima di concludere l'intervista, come cittadino europeo con disabilità visiva, quali secondo te dovrebbero essere i principali impegni che l'Unione Europea dovrebbe assumersi con urgenza?
R. Ovviamente, la lista sarebbe molto lunga. Per scegliere un solo ambito in cui l'UE può e deve agire, direi che essa deve garantire la libertà di circolazione dei suoi cittadini con disabilità in condizioni di parità con gli altri. Al giorno d'oggi ciò non avviene. Anche se trasferirsi da un paese UE a un altro comporta dei cambiamenti per chiunque, le persone con disabilità affrontano degli ostacoli che devono essere rimossi: non è accettabile che io abbia dovuto essere sottoposto a esami medici ogni volta che mi sono trasferito in un paese all'interno dell'Unione Europea per poter ottenere il riconoscimento della mia condizione di cieco assoluto. La mia cecità non svanisce all'attraversamento di un confine! I tuoi lettori potranno certamente immaginare quali sarebbero le conseguenze del mancato riconoscimento dello status di persona con disabilità: nessun supporto per adattare la postazione di lavoro e l'abitazione, niente assistenza personale, ecc. Tutto questo, a sua volta, non ti pone in condizione di vivere e di agire in condizioni di parità con gli altri. In altre parole, l'UE deve garantire il riconoscimento dello status di disabilità su base di reciprocità tra i suoi stati membri.

Ti ringrazio molto per questa conversazione, che spero sia di ispirazione per molti dei nostri lettori. Sei uno straordinario esempio di impegno lavorativo e civile. Prima o poi accoglierò il tuo invito ad andare a correre, magari sul bordo della Senna. Ti auguro buon lavoro e tanto successo.



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