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Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2022

Titolo: ATTUALITÀ- Mattarella il Presidente che sa unire l'Italia

Autore: Sabrina Parisi


Articolo:
"Non ci si può sottrarre ai doveri a cui si è chiamati". Rieletto con 759 voti è il più votato dopo Sandro Pertini

Sono stati 55 gli applausi dei grandi elettori che lo scorso 3 febbraio, riuniti in seduta comune alla Camera dei Deputati, hanno scandito i 38 minuti del discorso di insediamento di Sergio Mattarella quale nuovo Presidente della Repubblica.
Un discorso molto atteso, dopo l'aspra battaglia che aveva visto contrapposti gli schieramenti politici che hanno vissuto la rielezione di Sergio Mattarella come l'unica via d'uscita da una impasse in cui si era avvitata la maggioranza. Un secondo mandato che con le 759 preferenze ottenute il 29 gennaio, ne fa il Capo dello Stato più votato dopo Sandro Pertini che nel 1978 ottenne 832 voti.
Un discorso potente, chiarendo che è stata una "nuova chiamata, inattesa, alla quale non posso sottrarmi" alla quale ha aggiunto "adempirò al mio dovere secondo i principi della Costituzione", lasciando intendere che rimarrà per l'intero mandato, contrariamente a ciò che avvenne per Giorgio Napolitano la cui seconda investitura nel 2013 durò 632 giorni ai quali seguirono le dimissioni anticipate.
Ma una profonda differenza divide le due rielezioni, casi unici nella storia repubblicana: Napolitano accettò la richiesta dei segretari e dei leader politici, Mattarella l'invito del Parlamento e dei delegati regionali e a più riprese dei cittadini come ad esempio alla Scala di Milano alla "prima" del 7 dicembre 2021 e a Firenze, in una delle sue ultime uscite pubbliche serali da Capo dello Stato, dove assistette al concerto inaugurale del nuovo auditorium del Maggio Fiorentino. Di fronte ad una tale mobilitazione politica tutte le sue perplessità costituzionali sono state superate, con l'impegno di interpretare le attese e le speranze degli Italiani.
È noto a tutti, infatti, quanto Sergio Mattarella abbia cercato, invano, di evitare una seconda rielezione: non tanto per ragioni personali, quanto per il profondo rispetto dell'assetto costituzionale.
Aveva più volte ribadito nei mesi precedenti la scadenza del suo mandato che un Mattarella bis sarebbe stata una forzatura della Carta Costituzionale e per chiarire ulteriormente la sua posizione aveva usato le parole di un suo predecessore, Giovanni Leone, il quale chiese «la non rieleggibilità» del Presidente della Repubblica con l'eliminazione del semestre bianco.
A onor del vero anche la dottrina costituzionale, pur in assenza di una norma esplicita che possa impedire la rielezione, si è espressa in modo sfavorevole ad una doppia investitura che avrebbe potuto generare problemi di equilibrio istituzionale. Il Capo dello Stato, infatti ha poteri delicati: nomina il Governo, scioglie le Camere, presiede il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Supremo di Difesa, nomina i giudici costituzionali e i senatori a vita.
Attribuire, quindi, un potere così largo a una persona per quattordici anni, potrebbe creare preoccupazioni relativamente all'imparzialità del ruolo nello svolgimento dei compiti di garanzia che si richiedono ad un Capo dello Stato.
Del resto tutto il suo primo settennato è stato caratterizzato da una sensibilità istituzionale e una sintonia con i sentimenti del Paese, soprattutto durante la pandemia da Covid 19, nel corso della quale si è rivolto ai cittadini per trasmettere fiducia e resilienza.
E sono stati proprio i cittadini i protagonisti del suo discorso di insediamento con una marcata impronta personale. Ha voluto definire l'agenda del Paese indicando alla Nazione e al Parlamento "alcuni orientamenti ed avvisi", e qui si nota il suo profondo rispetto per le Istituzioni, da seguire per una ricostruzione post-pandemica dell'Italia. Uno sguardo di prospettiva per un Paese che deve ritrovare se stesso.
Il Capo dello Stato ha chiesto, infatti, riforme, il richiamo più forte è per quella del CSM, il Consiglio Superiore della Magistratura. Si è proposto come un ponte solido tra la società civile e la Politica, alla quale ha chiesto di operare per azzerare le disuguaglianze inaccettabili dove la lotta alla povertà deve essere "l'asse portante delle politiche pubbliche".
Ha posto l'accento sulla responsabilità e sulla dignità, "pietra angolare nostro impegno e nostra passione civile" declinata ai diritti: dignità sul lavoro per azzerare "le morti sul lavoro", per "opporsi al razzismo", per "impedire la violenza sulle donne", dignità per i disabili, per "difendere il diritto alla vita" dei migranti, per recuperare il ritardo culturale sul ruolo delle donne, e per superare l'arretratezza del sistema carcerario.
Mattarella si è poi soffermato sul ruolo del Parlamento richiamando il ruolo cruciale delle Camere come luogo della partecipazione, e ha lanciato ai partiti il monito di ritrovare la capacità di dare risposte ai problemi del Paese in un dialogo e confronto costruttivo.
Questo forse il passaggio più delicato del suo discorso, perché è stato proprio il mancato confronto tra le forze politiche, incapaci di trovare una sintesi su un nome in grado di rappresentare i valori della Nazione e della Bandiera, a portare Mattarella di nuovo al Quirinale.
Dopo 7 scrutini andati a vuoto, dove ad ogni spoglio cresceva progressivamente il numero delle schede recanti il suo nome, è arrivato l'epilogo: l'iniziativa delle Camere e dei grandi elettori volta a chiedere la sua disponibilità di restare per un altro settennato come garante dell'unità nazionale.
Mattarella garante lo è stato da sempre. Il suo primo mandato è stato segnato dalla difficile nascita del governo giallo-verde dopo le elezioni politiche del 2018, dalla pandemia da Covid 19 e dalla caduta del secondo esecutivo Conte.
Per dare la stabilità politica ed economica al Paese ha chiamato Draghi come Capo del Governo, un premier di alto profilo che, con un largo sostegno parlamentare, ha permesso all'Italia di recuperare credibilità anche a livello interazionale.
Il Quirinale quindi sarà guidato da un Capo dello Stato che è riuscito ad infondere speranza nel futuro al Paese in uno dei momenti più bui della storia repubblicana e che in tandem con Draghi dovrà tutelare il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dal quale dipenderà la nostra concreta rinascita economica e sociale.
In questo scenario si può certamente affermare che con il Matterella Bis hanno vinto gli Italiani ed ha perso la politica.
Hanno perso i partiti e i loro leader, le coalizioni che nella corsa al Quirinale hanno svilito candidati autorevoli come la Presidente del Senato Elisabetta Casellati - seconda carica dello Stato -, il Capo dei Servizi Segreti Elisabetta Bellomi, i magistrati Carlo Nordio e Nino Di Matteo. I veti incrociati delle due coalizioni hanno bruciato anzitempo le candidature di Pier Ferdinando Casini e di Mario Draghi e quelle di Silvio Berlusconi e Andrea Riccardi.
La seconda investitura di Mattarella ha liquefatto le due principali coalizioni, ha travolto leadership, ma soprattutto ha evidenziato definitivamente l'incapacità della classe dirigente della seconda Repubblica. L'attuale bipolarismo, si è dimostrato più fragile rispetto a quello iniziale e ha dimostrato come non è certamente questo il momento di pensare e di programmare una riforma del sistema costituzionale che porti al Presidenzialismo: l'Italia deve rimanere una Repubblica Parlamentare.
È prossima, infatti, la scadenza della legislatura che con la riforma costituzionale intervenuta nel 2020 (che prevede la riduzione del numero dei parlamentari da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori) avrà i suoi effetti anche sulla legge elettore vigente, imponendo una ridefinizione dei collegi plurinominali e uninominali previsti da questo sistema per adeguarli ai nuovi numeri dei parlamentari che saranno eletti.
È ora di pensare unicamente all'interesse del Paese e degli Italiani prostrati da una crisi economica, figlia solo in parte della pandemia.
E per dirlo come ha fatto Mattarella, che ha voluto omaggiare le ultime parole di un rappresentante di un'altra Assemblea parlamentare, quella europea, David Sassoli, "La speranza siamo noi. Ecco, noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica".
È giunto, quindi, il momento della responsabilità a cui nessuno può sottrarsi, la politica in primis.



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