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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Kaleîdos

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Numero 1 del 2022

Titolo: Gentilezza

Autore: Maura Gancitano e Andrea Colamedici


Articolo:
(da «Donna moderna» del 30 dicembre 2021)
Cos'è la gentilezza? Non stiamo parlando di banali buone maniere. Si tratta di un concetto affascinante, molto più di quel che potrebbe sembrare a uno sguardo superficiale. Se provi a pensarci, infatti, ti verranno in mente anche i concetti di cortesia, di cura e di nobiltà, e ti accorgerai che gentilezza si manifesta sempre all'interno di una relazione; la gentilezza è il fondamento della socialità, il perno centrale attorno al quale è possibile creare e abitare una comunità viva, rispettosa e consapevole, i cui abitanti non siano tra loro sconosciuti, ma inquilini della stessa casa.
A guardare meglio, poi, comprenderai che è possibile praticare la gentilezza anche verso i luoghi, gli oggetti, gli animali e persino verso le idee. Si è gentili nella misura in cui si esercita un ascolto attivo, si riconosce il valore dell'altro e gli si facilita la strada. Essere gentili significa anche disporsi ad alleggerire il peso della fatica altrui. L'imperatore e filosofo Marco Aurelio la considerava «la più grande delizia dell'umanità» e, poco prima di lui, un altro celebre stoico, il grande Seneca, era convinto che «ovunque ci sia un essere umano, vi è possibilità di gentilezza».
Per essere gentili, però, c'è bisogno di un fattore determinante, una delle merci più rare della nostra epoca: il tempo. Poche storie: senza tempo a disposizione non ci si può prendere cura di nessuno e non si può praticare seriamente l'arte della gentilezza. Viviamo immersi nella fretta, nell'iperproduzione, nell'ansia, e guardiamo agli altri, spesso, soltanto per evitare di sbatterci contro. Li consideriamo ostacoli lungo la via della nostra realizzazione personale, come se la nostra vita fosse una di quelle enormi strade natalizie di New York stracolma di passanti da schivare con maestria, e niente di più. Ed è un grande peccato, perché in questo modo finiamo col perderci quello che alla vita dà senso, e così facendo smettiamo di conoscerci.
Da dove partire, quindi, per rieducarsi alla gentilezza? È semplice: dal corpo. Lo ha scritto bene l'amatissima scrittrice belga Amélie Nothomb: «È il corpo a renderci gentili e pieni di compassione per il prossimo». Tanto un gesto quanto un pensiero sono gentili quando cominciano dal riconoscimento dei nostri limiti fisici personali, dal fatto che siamo viventi e, quindi, morenti. E che vale la pena sostenere insieme il peso della quotidianità: un gesto gentile costa poco a chi lo fa e produce moltissimo in chi lo riceve. E, soprattutto, esercitare la gentilezza è la chiave per esercitare il proprio talento. Come ha spiegato lo scrittore francese Jean Genet: «Il talento sta tutto nella gentilezza verso la materia, consiste nel dare un canto a ciò che era muto». In quanto umani siamo le parti coscienti della vita stessa, che hanno la fortuna di poter fungere da strumenti per la manifestazione di ciò che non ha voce. Essere gentili significa allora facilitare la vita, significa scegliere di mettersi vicendevolmente al servizio, disporsi a essere giardinieri del mondo e, insieme, fiorire.
Maura Gancitano e Andrea Colamedici



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