Numero 23 del 2021
Titolo: Perché ci sono poche sindache
Autore: Michela Grasso
Articolo:
(da «Grazia» n. 50 del 2021)
Su 108 città capoluogo solo sei hanno una prima cittadina. La ragione è un Paese che frena la carriera delle italiane e che vede le politiche costantemente insultate non per le loro posizioni, ma solo in quanto donne
Nel 1946, in Italia venivano elette per la prima volta delle donne sindache. E sì, sindaca, si può dire, il nome non deve per forza essere al maschile e a dirlo è l'Accademia della Crusca. Quell'anno le elette furono poche, esattamente dieci, ma era un passo significativo verso un futuro che in quel momento sembrava più roseo del passato. Eppure, nel 2021, la situazione non è cambiata poi così tanto. Dopo le ultime elezioni amministrative, solo il 5,5 per cento dei capoluoghi di provincia ha a capo una donna, 6 su 108 (precedentemente la percentuale era al 9,2 per cento).
Quando si esprimono lamentele sulla scarsa rappresentanza femminile nella politica italiana, spesso si sente rispondere: «L'importante è che chi venga eletto sia bravo», oppure: «Se non vengono elette donne, vuol dire che non se lo meritano». Siamo sicuri che sia così? Certo, l'importante è che a rappresentarci sia chi ne ha le competenze, ma è anche importante che le opportunità per arrivare alla vita politica siano uguali per tutti, altrimenti alcuni avranno più possibilità di altri di arrivare ai vertici. L'ultimo rapporto dell'ente di ricerca JobPricing fa luce sui dati del 2020 relativi al «gender pay gap», la differenza salariale tra uomo e donna, che in Italia arriva all'11,5 per cento. Le donne vengono pagate meno perché hanno meno competenze? No. In Italia le donne sono la maggioranza dei laureati e in media ottengono anche voti più alti. Eppure, nonostante una sempre più forte volontà di istruirsi ed emanciparsi le donne restano in qualche modo segregate, nel mercato del lavoro e in quello della politica. Le italiane vengono «fregate» dalla cultura dominante, ritrovandosi, a un certo punto della loro vita, a doversi prendere cura dei figli, della casa e magari anche dei genitori anziani. Le donne passano in media cinque ore al giorno in lavori di cura non retribuiti, gli uomini la metà. Per questo molte si ritrovano costrette a dover fare delle scelte, diminuire le ore di lavoro o lasciare meno spazio alle proprie passioni, tra cui spesso rientra la politica.
E poi, non parliamo di come le donne in posizioni di rilievo vengano trattate in Italia. Per quanto si possa essere d'accordo o no con le loro posizioni, abbiamo visto l'ignobile trattamento riservato a figure come la deputata Laura Boldrini o l'ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Insultate, offese e minacciate, non in quanto figure politiche ma in quanto donne. Di conseguenza, in Italia siamo costantemente scoraggiate dall'avvicinarci all'arena politica, e cresciamo senza vedere una forte rappresentanza femminile che potrebbe invogliarci a partecipare di più. E se una bambina francese, svedese, olandese o spagnola può svegliarsi ogni giorno e vedere le città più importanti del Paese governate da donne, una bambina italiana non può avere questo privilegio, al massimo potrà assistere alla quasi quotidiana denigrazione della donna nei salotti televisivi italiani.
Michela Grasso