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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Voce Nostra

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Numero 22 del 2021

Titolo: Ciao Mario

Autore: Antonio Russo


Articolo:
Se la vita diventa disagio quotidiano, in essa sono poste le basi definitive per considerare la vita stessa come fattore estremo di sofferenza, di stanchezza fisica ed interiore, di lotta drammatica contro un sistema sociale che non ci accetta come soggetti partecipi al vivere di tutti, per e con noi stessi... un sistema sociale che forse non comprende il dramma che ci percuote quando soffriamo. Allora occorre permettere a chi vive in condizioni di accertate difficoltà esistenziali di dire e dirsi basta.
Detto questo, vi saluto e vado oltre.
In Italia, con sentenza della Consulta, è stato per la prima volta consentito il suicidio assistito: la Corte Costituzionale ha ribadito il diritto della persona gravemente disagiata a staccare la spina, con l'aiuto di terapie mediche adatte al momento estremo che tragicamente affronta. In termini più semplici: morire è un qualcosa che possiamo definire anche da soli, quando la nostra vicenda umana si fa difficile, con tutto quello che ne consegue.
Certamente, io che vi scrivo ho difficoltà nel trovare le parole giuste per dirvi che, se si arriva a queste decisioni estreme, sarebbe utile domandarsi chi e dove siamo. Lo abbiamo chiamato Mario, il tetraplegico marchigiano che, praticamente immobile da una vita, ha chiesto a se stesso e a tutti di porre fine alla sua sofferenza. È il senso estremo di un distacco, forse doloroso ma sicuramente sofferto, che ha fatto dire a Mario: vi lascio, sono stanco, sono consapevole di quello che farò, ma sarebbe oltremodo triste proseguire con la mia sofferenza che non ha più ragione d'essere.
Il nostro soffrire, l'inevitabile disagio che questa sofferenza ci porta tutti i giorni, spesso si traduce in determinazione gioiosa di vita, quando il disagio viene accettato con serena fiducia come dono fondamentale per dire a tutti che vivere potrebbe essere meno grave se fossimo in grado di affrontarlo pienamente.
Eppure Mario ha detto basta, affermando un diritto che non è condiviso da molti, ma che viene comunque posto in essere da chi si aspetterebbe di far parte di una comunità più concreta che dia risposte meno evasive al dichiarato disagio da superare. Lo stiamo ripetendo da sempre: il problema è legato al fattore esistenziale che crea le dinamiche di quelle difficoltà da gestire quotidianamente, soprattutto se la libertà di essere noi stessi viene impedita da questa superficialità che caratterizza il modo di vivere contemporaneo. Perché è nel sociale che si possono trovare le basi anche per gesti estremi che permettano di distaccarsi da questa umanità che non accetta il diverso, un modo fondamentale per andare avanti in tutti i campi del progresso comune.
Riflettiamo sulla vicenda umana di Mario, cercando di serrare le fila per dire la nostra, sempre e comunque.
Antonio Russo



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