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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Kaleîdos

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Numero 22 del 2021

Titolo: Senza lavoro non c'è pace

Autore: Gaia Giorgetti


Articolo:
(da «F» n. 48 del 2021)
Uomini violenti che uccidono. È successo ancora. Intanto le chiamate a Telefono Rosa sono aumentate. La presidente qui ci spiega cosa si dovrebbe fare per le donne maltrattate. Una questione di cultura, ma anche di soldi E cos'altro bisognerebbe fare?
Una relazione finita da poco, lui che non si rassegna. Un uomo allontanato dalla famiglia perché aggressivo, rabbioso. A Sassuolo il primo ha fatto una strage, uccidendo l'ex compagna, la suocera, i figli di 2 e 5 anni, e poi l'ha fatta finita. L'altro, in provincia di Viterbo, ha aspettato che il suo bambino di 10 anni fosse solo in casa, mentre la mamma era al lavoro, per accoltellarlo. Il copione è sempre lo stesso: donne vittime di compagni violenti, che cercano di mettersi al sicuro insieme ai figli. Ma il crescendo di minacce non si ferma, fino al più atroce dei finali. «Moltissime denunciano, provano a ribellarsi ai soprusi, ma poi non sanno dove andare, non hanno un lavoro, non sono indipendenti economicamente: non possiamo combattere la violenza, se non affrontiamo la questione dell'occupazione femminile», dice Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, la presidente di Telefono Rosa. Il «suo» telefono quest'anno ha squillato continuamente: più di 800 chiamate per chiedere aiuto.
D. Presidente, la violenza sulle donne non si ferma: le richieste sono aumentate del 33 per cento nell'ultimo anno. Cosa sta succedendo nelle case italiane?
R. Essere costrette a vivere rinchiuse tra le quattro mura ha portato a galla tanti tipi di violenza: donne segregate alle quali i mariti impedivano di uscire; donne che non sapevano più come reggere la fatica tra figli e lavoro; donne maltrattate che non potevano chiedere aiuto a nessuno. Nonostante fosse rischioso, alcune sono riuscite a farci una telefonata: abbiamo messo in piedi un sistema di consulenza psicologica a distanza per suggerire come comportarsi, come reagire o rispondere per evitare il peggio. Nei casi di violenza sono intervenuti i Carabinieri ma, come ben sappiamo, dopo la denuncia per una donna, specie se non lavora, iniziano problemi materiali: il primo è come campare. E devo dire che in questa emergenza un gruppo di donne parlamentari ha ottenuto un provvedimento importantissimo: aprire un canale diretto nei Tribunali per far avere immediatamente alla donna, che aveva subito violenza, rassegno di mantenimento da parte del marito che lavorava. Di solito ci vogliono mesi.
D. I femminicidi sono ripresi in modo preoccupante. Perché non riusciamo a vedere un segnale di schiarita, nonostante buone leggi come il Codice rosso?
R. Il tema della violenza non va ridotto alla conflittualità tra partner, è una questione culturale. L'uomo è educato ancora oggi in maniera diversa, lo abbiamo visto nel nostro progetto, con cinque Paesi europei, che ci ha portato nelle scuole superiori di Roma e Torino per parlare di violenza di genere. Una ragazza mi ha chiesto: «Perché se c'è da lavare i piatti mia madre lo chiede solo a me e non a mio fratello?». La verità è che anche noi donne fatichiamo a dare ai maschi la stessa educazione delle femmine, e questo può alimentare in loro un senso di superiorità. Non solo: ci arrivano tante segnalazioni di stalking e di minacce da parte di ex, casi che possono essere l'anticamera dei femminicidi.
D. La cronaca di questi giorni insegna: spesso il periodo di rischio maggiore per una donna inizia proprio dopo la denuncia. Eppure, anche quando vengono allontanati, i violenti possono agire. Le case rifugio sono la soluzione?
R. Noi ne gestiamo due e sono la soluzione estrema quando le donne devono proteggersi portando con sé i figli. Certo, sarebbe giusto che fossero gli uomini a essere allontanati ma, una volta fuori di casa, vanno controllati, perché possono essere ancora più pericolosi. Perciò bisogna lavorare molto sul piano della prevenzione e della sicurezza, intervenire, per esempio, affinché gli assegni di mantenimento arrivino presto. Ma, ripeto, nulla di tutto questo serve davvero se non rendiamo le donne economicamente autonome.
D. Da poco c'è il reddito di libertà che prevede un assegno mensile di 400 euro per le donne accolte nei centri antiviolenza. I soldi a disposizione, però, non bastano per tutte.
R. Serve a poco. Dare assegni è molto meno efficace che promuovere l'occupazione: serve un piano da studiare a tavolino, tra ministero del Lavoro e aziende, Confcommercio e Confindustria. La strada da intraprendere è a lungo termine. Se iniziassimo a percorrerla, forse riusciremmo a raggiungere l'obiettivo. Ma finora non vedo segnali convincenti.
D. Il Piano di ripresa prevede una strategia nazionale per la parità di genere con cinque priorità: lavoro, reddito, competenze, tempo, potere. È stata approvata la legge sulla parità salariale, è nato il «bollino rosa» che premia le aziende virtuose. Ma al Sud una donna su tre non lavora, al Nord una su due. Cosa si aspetta dalla politica?
R. Dalle parole bisogna passare ai fatti. Come dicevo, si deve lavorare a un progetto organico, che richiede anche un cambio di mentalità: quanti datori di lavoro sono ancora oggi restii all'assunzione di una donna o alla sua promozione?
D. Tra i vostri testimonial ci sono anche uomini. Quanto è importante condurre questa battaglia insieme?
R. Avere testimonial e poter contare su una rete è fondamentale e questo è il senso degli ambasciatori che scegliamo per sposare le nostre battaglie. Abbiamo studiose, docenti, giornaliste e sì, anche molti uomini di valore, dal vostro direttore Luca Dini al direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Rizzolo e del Messaggero Massimo Martinelli. Uomini in prima linea, al fianco di tutte le donne.
Telefono Rosa in numeri
715 mila sono le donne che si sono rivolte a Telefono Rosa dal 1988 a oggi.
92 le volontarie dell'associazione.
H24 il centralino è sempre attivo: offre consulenza e assistenza legale e psicologa gratuita, uno sportello anti-stalking, corsi di formazione.
2 le case rifugio: la Casa internazionale dei diritti umani delle donne di Roma e il Centro accoglienza La Ginestra di Roma.
7 le sedi dell'associazione in Italia.
Gaia Giorgetti



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