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Corriere Braille

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Numero 42 del 2021

Titolo: Il coraggio di Emilio, campione non vedente

Autore: Aniello Renga


Articolo:
(da «Il Mattino» del 01-11-2021)
Ha sorriso dal primo all'ultimo momento dei suoi primi campionati regionali. Emilio Paone ha vinto un'altra sfida con la sua disabilità, gareggiando alla competizione di taekwondo riservata agli atleti paralimpici.
«È una gioia indescrivibile» commenta a bordo tatami il 41enne di Teverola «per me la competizione è stato un aut aut con me stesso: superare un altro ostacolo nella vita».
Emilio è uno dei pochissimi atleti non vedenti di taekwondo. A San Giorgio a Cremano, in un PalaVeliero chiuso al pubblico per le restrizioni covid, tutti i gareggianti anche i concorrenti di Paone si sono trasformati in suoi tifosi. Su tutti, la moglie Teresa Maria che con lo sguardo non lo abbandona nemmeno un secondo, nemmeno quando Emilio è lì, da solo, al centro del tatami pronto a gareggiare. La competizione è nella specialità dei taegeuk-poomsae, ovvero le cosiddette forme: un insieme di tecniche di pugni, parate e calci codificate, da eseguirsi muovendosi da soli in tutte e quattro le direzioni. Emilio sale sul tatami, abbandona il suo bastone bianco e si mette di fronte ai cinque arbitri pronti a dare un voto alla sua esecuzione: cha-ryeot (attenti), kyong-nye (saluto), jun-bi (pronti), si-jak (via), i comandi coreani che risuonano nel palazzetto muto a osservare Paone.
«Emilio è un ragazzo speciale», commenta con gli occhi pieni di lacrime ed emozione Gaetano Caputo, suo maestro e tecnico della Blue World, la società di Teverola dove Paone si allena da un anno e mezzo.
«Il mio avvicinamento al taekwondo» ricorda Emilio «è avvenuto proprio nel momento più buio della mia vita, quando nel giro di una settimana i miei occhi hanno smesso di vedere. È stato proprio il maestro Caputo, un grande amico, a spronarmi ad iniziare. Lì per lì ho risposto che fare taekwondo sarebbe stato come offrirmi direttamente ad un cecchino. Poi però mi sono deciso e col taekwondo ho ripreso a camminare. Ho preso consapevolezza di un nuovo spazio in cui mi sarei potuto muovere; ho imparato a conoscere distanze e prendere consapevolezza delle dimensioni. Ed ora eccoci qui».
Al «kyap» finale, ovvero l'urlo con cui si concludono quasi tutte le esecuzioni di forme, il PalaVeliero si è sciolto in un applauso da tutto esaurito.



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