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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Kaleîdos

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Numero 19 del 2021

Titolo: Donne tra le righe

Autore: a cura di Rossella Lazzari


Articolo:
Oliva Denaro: il coraggio di dire di no e il prezzo della libertà
«Io non lo so se sono favorevole al matrimonio. Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi è come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni».
Quando comincia questa storia, Oliva è ancora una bambina. È una bambina felice, corre a scattafiato con gli zoccoletti per tutta Martorana, passa i pomeriggi a guardare le nuvole con il suo amichetto Saro, va a scuola, ama imparare e vorrebbe conoscere tutte le parole contenute nel dizionario della maestra Rosaria. Ma quando comincia la quinta elementare la bellissima insegnante dai capelli rossi e la pelle di pesca che parlava di libertà è dovuta partire, le maleforbici dicono che è una «sbrigugnata» e il nuovo maestro detta alle bambine una poesia che parla di virtù e sottomissione. Più o meno le stesse cose che Olivia sente ripetere all'infinito da sua madre: «Mantieniti pulita», «La vanità è figlia del demonio», «La femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia». Non è difficile immaginarsela mentre corre per i campi, la magra, ossuta, scura Olivia, tanto simile a un maschio sbagliato, che giorno dopo giorno sboccia e diventa fiore, e diventa donna, e suscita le attenzioni non richieste del giovane ricco del paese, Pino Paternò, il figlio del pasticciere. E non immagina ancora, Olivia, che anche se osserva tutte le regole della madre, anche se non fa niente per attirare l'attenzione, anche se si manterrà sempre pulita, brocca integra, la sua vita è già segnata per il semplice fatto di esser nata donna.

Arrivai in fondo allo sterrato col fiatone. Davanti alla porta di casa, le galline razzolavano libere, come scolarette svogliate che non volevano saperne di tornare in classe.
«Sciò, sciò», presi a battere le mani, ma quelle niente, mi guardavano con una faccia tosta. «Chi vi ha fatte uscire... Cosimino», chiamai, «le galline sono fuori dal pollaio!».
Ma Cosimino non c'era: sempre in giro e nessuno mai gli diceva una parola. Neanche mamma era in casa: era andata a consegnare un lavoro di cucito alla signora Jannuzzo, che l'inverno scorso aveva perso una figlia della mia età per una malattia ai polmoni. «Vado io sola, per rispetto della signora Jannuzzo», diceva quando doveva recarsi da lei. Come se fosse una mancanza di riguardo avere una figlia ancora viva. Io però ero contenta, così mi poteva capitare qualche volta di rimanere sola. Se non fosse stato per la signora Jannuzzo mica ci sarei potuta andare al capanno delle reti.
«Sciò, sciò», gridai ancora, sospingendole verso la gabbia. «Rosina, Verdina, Violetta, Nerina...». Le contai e per fortuna c'erano ancora tutte. «Che brave, non siete scappate!».
Le ricondussi dentro e chiusi la rete: quelle ripresero a zampettare contente, quasi sollevate che la fuga non fosse riuscita. «Brave», ripetei, «brave le sceme, cervelli di gallina siete, veramente. Amate la gabbia più che la libertà».
Le galline mi guardavano e spostavano la testa avanti e indietro con piccoli movimenti ottusi: che ne potevano sapere della libertà, loro che in gabbia ci erano nate e cresciute? Allora iniziarono a farmi più pena che rabbia. Chi in prigionia ci è sempre stato l'indipendenza non se la può nemmeno rimpiangere. «È vero, Violetta? È vero, Nerina?».
E poi, che vita può fare una gallina libera? Mi venne di nuovo in mente la maestra Rosaria. Dove se n'era andata quando aveva dovuto lasciare la scuola e il paese? Che cosa aveva fatto, una volta che la rete si era aperta?
«Una vita da sbrigugnata», mi rimbombava dentro la testa questa frase. Non l'avevo pensata io, ma qualcun altro al posto mio. Uno dei maschi dentro al capanno che ridevano in modo sguaiato, e che magari le avevano fatto il fischietto mentre attraversava la piazza, oppure una di quelle donne che dicono solamente cattiverie sul conto degli altri, le maleforbici. Io sono diversa, pensai, ma loro sono dentro di me. Io sono Oliva Denaro, e sono pure loro: la vecchia sdentata seduta accanto a me dentro al capanno, le comari vestite di nero radunate per il rosario, le compagne di scuola con le gonne lunghe e gli occhi bassi, Crocifissa che si vanta di avere il marchese. Sono anche mia madre, e un giorno diventerò come lei senza nemmeno avere il tempo di accorgermene. Galline, siamo noi, femmine di pollaio. E io non sono favorevole al pollaio.

Avevo adorato «Il treno dei bambini», il romanzo precedente della bravissima Viola Ardone, quindi, appena letto dell'uscita di un suo nuovo libro, mi è sembrato naturale bypassare le letture in attesa e precipitarmi a leggerlo... è stato come tornare a casa. Viola Ardone ha un modo sublime, tutto suo, di dar voce ai personaggi: ha una sensibilità tale che riesce a parlare con la loro voce, a condurci con mano sicura nel loro mondo, a farci vivere le loro storie, perché per quanto brutte, strazianti, ingiuste, abbiamo il dovere di conoscerle. Oliva Denaro ce la immaginiamo bene mentre corre a scattafiato per le vie del suo paesino nella Sicilia degli anni 60, con sulle spalle gli occhi di Amalia, sua madre, che la raggiungono dappertutto, con le sue regole inderogabili e scolpite nella pietra, le raccomandazioni che sanno di ammonimento e i proverbi che sembrano sentenze. Oliva ama suo padre e il suo silenzio, ma riesce a vedere se stessa solo con gli occhi di sua madre: sa di essere diversa da lei e dalle altre comari del paese, sa di avere molto di più in comune con Liliana, la sua compagna figlia di Calò il comunista, ma sa anche che in lei ci sono tutte le donne che ha incontrato e che incontrerà, le «maleforbici», le baronesse, le lottatrici e le perdute. Quando il suo essere schietta e il suo desiderare acerbo vengono colpevolmente presi per incoraggiamento a quel giovane abbiente e borioso che s'è incapricciato di lei, Oliva non sa che fare, come comportarsi... sa solo che non lo vuole. Ma a chi interessa la sua opinione? Non certo a lui, non a sua madre, non al paese... solo a suo padre interessa, a quell'uomo mite, paziente e silenzioso che ad un no sostituisce un «non lo preferisco». E sarà grazie a lui che Oliva imparerà quanto costa scegliere, quanta forza ci vuole per dire no, quanto coraggio serve per la libertà. Questo è un libro di una bellezza struggente: una storia viva, una scrittura essenziale e intima, una narrazione appassionata fanno di Oliva Denaro un romanzo memorabile, capace di descrivere la condizione femminile di ieri e di oggi in modo magistrale. E la Ardone si conferma una narratrice straordinaria, con una penna limpida e ricercata, ma insieme accorata e materna nei confronti dei suoi personaggi, delle storie che racconta con tanta cura e di noi lettori. Da leggere, sia che siate donne o uomini, ragazzi o adulti... perché troppo c'è ancora da fare, perché troppo poco è cambiato nella mente degli uomini e delle donne rispetto agli anni in cui è ambientato il romanzo... perché troppi no vengono ancora scambiati per sì.
a cura di Rossella Lazzari

Chi volesse leggere altre recensioni di Rossella Lazzari potrà trovarle sul suo blog «Il simposio dei lettori», raggiungibile alla pagina Facebook «Il simposio dei lettori» o al link https://ilsimposiodeilettori.blogspot.com/



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