Numero 18 del 2021
Titolo: Proaging: prendiamoci il bello dei nostri anni
Autore: Giorgia Nardelli
Articolo:
(da «Donna moderna» n. 41 del 2021)
L'invecchiamento non è più un processo da ostacolare a ogni costo ma un percorso naturale. Da accompagnare con l'aiuto della scienza e di una nuova, profonda conoscenza di noi stesse
«Non voglio essere una bellezza senza età, ma una donna al meglio della sua età». Sharon Stone è stata la prima a dirlo, quando ancora nessuna over 50 dello star system aveva il coraggio di sottrarsi ai bisturi e la parola proaging la conoscevano veramente in poche.
Ma oggi sono sempre di più le donne che seguono questa strada: basta vedere il bell'esempio di icone come Jamie Lee Curtis o Sigourney Weaver. E guardare le risposte al nostro sondaggio. Il proaging è già una tendenza popolare: il 29% delle donne l'ha adottata e ben il 34% intende farlo nel prossimo futuro. Insomma, sempre più persone hanno iniziato a vedere l'invecchiamento per quello che è, un percorso naturale da affrontare al meglio. A spiegare la filosofia proage, dopotutto, basta quel prefisso, «pro», che guarda caso è il contrario di contro, e che non si traduce nello smettere di prendersi cura di sé, ma nel farlo con più consapevolezza. Non vuol dire negare il tempo che passa, ma lavorare per renderlo migliore, questo tempo, e per stare bene adesso e subito oltre che in futuro. Lo ha spiegato bene Paul Jarrod Frank, dermatologo che negli Usa viene considerato un guru della bellezza, autore di «ThePro-Aging Playbook» (Post Hill press), manuale per imparare a prendersi cura di sé in modo proattivo. Vivere proaging, sostiene, non ha a che fare solo con la cosmesi, ma con la qualità dell'esistenza e implica un cambio di prospettiva che interessa salute, stile di vita e percezione di sé. «Le persone» scrive nel suo libro «sono convinte che saranno i trattamenti estetici o le creme più innovative a renderle magnifiche. La mia risposta è diversa: servono buon sonno, esercizio fisico, un reset delle proprie abitudini alimentari, altrimenti perdono tempo con me». E poi passa agli esempi concreti: «Chi mangia bene e riposa abbastanza» dice il dottor Frank «metabolizza le sue calorie in modo differente rispetto a chi si impegna a mangiare altrettanto bene ma è stressato e dorme male».
Una medicina dello stile di vita, un approccio olistico al benessere e alla salute che ci conferma anche Filippo Ongaro, il medico che si è guadagnato la fama di punto di riferimento dell'antiaging in Italia, e che torna ora in libreria con «Scelte e sfide» (Sperling Kupfer). «Vivere a lungo non ci basta più, è il come che conta» premette. «Tanti di noi hanno visto i genitori raggiungere un'età avanzata, ma farlo a fatica, con molti malanni, e oggi iniziamo a chiederci come prendere il meglio da ogni fase della nostra vita. Possiamo sfruttare gli strumenti avanzati della medicina certo, ma ancora prima dobbiamo agire sulla nostra routine, avere il coraggio di uscire dagli automatismi e staccarci dalle abitudini che intossicano». Tutti sanno ormai che l'attività fisica, le passeggiate nel verde, la meditazione sono armi potenti. Ma quello su cui ci si sta focalizzando ora è lo stress superfluo, che accompagna le nostre giornate, ci mantiene costantemente in allerta e ci fa invecchiare prima del tempo. «Il primo check up proaging che possiamo fare è chiederci quali sono i gesti o le situazioni che ci impediscono di abbassare la tensione: scrollare in continuazione lo smartphone, per esempio, ci tiene sempre accesi» continua il dottor Ongaro. «Le popolazioni non solo più longeve ma che vivono meglio, dalla Barbagia a Okinawa in Giappone, hanno tutte una cosa in comune, non conoscono questa sensazione».
Sembra insomma che stress sia una parola chiave anche di questo nuovo approccio all'invecchiamento. Ma non ha sempre un senso negativo. Anzi. Al centro di numerosi studi c'è un meccanismo, chiamato ormesi: sottoporre l'organismo a giornalieri e ritmici stimoli stressanti di breve durata e di una certa entità può essere una benzina benefica per i sistemi difensivi e rigenerativi delle nostre cellule. E può aiutare il corpo a fare «le pulizie di casa» prima di dover ricorrere a farmaci o trattamenti invasivi. Lo spiega Ascanio Polimeni, tra i pionieri della medicina antiaging in Italia ed esperto in endocrinoimmunologia e nutrigenomica. «Potremmo descriverli come piccoli shock che consentono ai nostri tessuti di mantenersi giovani perché li spingono a ripulirsi continuamente. Questi stress attivano la produzione di sostanze antiossidanti, che combattono le infiammazioni». Le indagini fatte su alcune specie di pipistrelli molto longeve mostrano che questi animali vivono in condizioni dove le variazioni di temperatura sono molti forti. E lo stesso principio, quello degli shock di breve durata, può essere applicato nella nostra routine antiaging. «Fare un'ora di camminata di prima mattina, meglio se a stomaco vuoto, o brevi docce fredde, partendo dal basso, sempre al mattino, sono modi facili per avviare un'opera di «cleaning» delle nostre cellule» continua il professor Polimeni. Anche la tecnica del digiuno intermittente, messa a punto dal neuroscienziato Mark Mattson, ha effetti analoghi. «Si può praticare fino a tre o quattro volte a settimana, ed è basata sul ciclo delle 8-16 ore. Significa che per otto è possibile consumare alimenti, ma nelle restanti si evita di mangiare. Ciascuno di noi può scegliere quale pasto saltare, o può tenerli tutti, ritardando la colazione e anticipando la cena. Si è visto che in questo modo vengono stimolate le cellule a eliminare le parti danneggiate o invecchiate». Ancora una volta sono le stesse cellule quindi che degradano e riciclano la loro «spazzatura», attraverso un processo definito di autofagia, la cui scoperta pochi anni fa è valsa addirittura il premio Nobel per la medicina allo studioso giapponese Yoshinori Osumi.
Anche la medicina personalizzata ha fatto passi da gigante in questa direzione. Sì, perché capire quali sono i punti di forza ma anche le fragilità di ogni singolo individuo permette di studiare trattamenti su misura ed è una delle nuove frontiere più interessanti. La scienza ha dimostrato che l'età anagrafica conta fino a un certo punto, la più veritiera, quella che rappresenta fedelmente il nostro processo di invecchiamento, è la biologica. Per questo sono stati messi a punto test ed esami di ultima generazione che permettono di scattare una foto precisa delle nostre condizioni di salute in ogni momento della vita e da lì correggere ciò che non va con percorsi dietetici su misura. Lo spiega ancora il professor Polimeni: «Attraverso semplici test di sangue, saliva o urine che indagano le cellule e il Dna, possiamo definire non solo se siamo predisposti a sviluppare alcune patologie, ma quanti anni abbiamo veramente. Gli elementi biologici legati al processo di invecchiamento sono diversi, dal grado di infiammazione e di ossidazione delle cellule al livello di glicazione, un test che ci indica quanto il glucosio presente nel sangue si lega alle nostre molecole e a specifici recettori, rendendoli inattivi. Una glicazione eccessiva non è coinvolta solo nell'invecchiamento ma contribuisce all'insorgere di malattie come il cancro o il diabete». Capire a che punto ci si trova veramente nella scala dell'aging permette di correre ai ripari, per esempio con integrazioni di vitamine se emerge un alto stress ossidativo, oppure di minerali, coenzimi e altri nutrienti. Una prima batteria di esami costa 500-600 euro e può essere particolarmente utile nel periodo della menopausa se unita ad altre indagini, come quella sui livelli degli ormoni. «Sono fondamentali perché hanno il compito di attivare la produzione di enzimi e proteine da parte delle cellule e ne influenzano significativamente le funzioni. Oggi per evitare gli squilibri che si creano in menopausa e con l'invecchiamento, possiamo ricorrere a terapie personalizzate a base di integratori e di quelli che definiamo ormoni bioidentici di natura vegetale: anche se costruiti in laboratorio, sono dal punto di vista chimico uguali a quelli prodotti dal corpo umano, e per questo ben tollerati». Via via che gli anni passano la medicina proaging interviene mantenendo un corretto equilibrio ormonale: dirige l'orchestra di queste sostanze così importanti per la longevità migliorando i livelli dei «buoni» e riducendo quelli dei «cattivi».
La medicina delle relazioni appaganti
Anche la qualità delle relazioni ha un impatto sulla salute e il modo di invecchiare. «Lo dimostra un importante studio condotto a Harvard e che va avanti da circa 80 anni osservando i gruppi più longevi in tutto il mondo» racconta il dottor Filippo Ongaro. «Tra le altre cose, è emerso che a poter contare sulla salute migliore a 80 anni, è chi a 50 aveva una buona vita di coppia. Non significa che se divorzi sarai necessariamente meno longevo o più malato. Anzi. È un esempio che mostra quanto sia fondamentale coltivare relazioni appaganti e non accontentarsi. L'uomo è un essere complesso, l'invecchiamento non si può ridurre a un parametro cellulare o alla salute delle sue membrane».
Giorgia Nardelli