Numero 16 del 2021
Titolo: Innovazione- La nuova tendenza della moda: tessuti tecnici e green sempre, dallo sport all'ufficio
Autore: Enrico Maria Corno
Articolo:
(da «Corriereinnovazione.corriere.it» del 20 luglio 2021)
Ormai il tessuto tecnico ad alta tecnologia ha abbandonato il ristretto ambito sportivo e il consumatore evoluto vuole vestire con capi performanti, eleganti ma soprattutto sostenibili
Dalle montagne alle sfilate
Già da qualche lustro or sono i tessuti tecnici sono al centro del mondo dell'abbigliamento sportivo, soprattutto quello da montagna. Una volta, dopo due o tre faticose discese sulla neve, si finiva per avere la schiena bagnata o i guanti fradici e il raffreddore era ovviamente dietro l'angolo. Oggi, indossando l'abbigliamento corretto, sudare diventa virtualmente impossibile. Ebbene, tutte quelle innovazioni imposte dal clima e dall'altitudine della montagna ora sono arrivate fino al casual e all'alta moda, perché sono cambiate le esigenze di chi vive in città: in questi giorni si lavora negli uffici anche con meno di 20 gradi di aria condizionata e poi si esce quando si sfiorano i 35. Il rischio di ammalarsi è alto. E magari bisogna andare al lavoro pedalando in giacca e cravatta. Il rischio di arrivare fradici è ancora più alto. Oggi abbiamo bisogno di abiti che possano gestire tutte queste situazioni, ma il mercato li pretende «green».
Sostenibilità e performance insieme? Si può
Il tessuto con cui si fanno le T-shirt ipertraspiranti per il trail running è lo stesso con cui si fanno certe camicie eleganti da uomo. Tra dieci camicie diverse sullo scaffale di un negozio non lo riconoscereste al tatto, tale è ormai la qualità del tessuto che può essere assimilato ai più esclusivi. Ma c'è di più: oggi la sostenibilità dei tessuti tecnici è diventata un elemento necessario per il cliente evoluto che vuole indossare capi che rispettano l'ambiente. «Oggi il capo d'abbigliamento deve essere bello, deve essere innovativo e deve essere responsabile», ci dice Giusy Bettoni, Ceo e Founder di Class (Creativity Lifestyle And Sustainable Synergy), un'agenzia di consulenza, unica nel suo genere, con sede a Milano che attiva la supply chain perché diventi sostenibile e media tra i produttori di filati, gli stilisti e le aziende che confezionano. «Fino a pochi anni fa sembrava si dovesse scegliere tra sostenibilità e performance. Sembrava che una giacca non potesse essere allo stesso tempo bella e funzionale. Oggi stiamo superando questo concetto sbagliato e stiamo facendo il passo successivo, quello di certificare non solo il prodotto che ogni azienda mette sul mercato, ma tutta la filiera che ne ha permesso la realizzazione».
Certificare tutta la filiera
«Esistono già delle certificazioni internazionali di prodotto (il poliestere, ad esempio, usato per gran parte dell'abbigliamento estivo sportivo, per essere considerato sostenibile deve essere accompagnato dalla certificazione Global Recycled Standard) che alcune aziende usano per dare valore alla propria collezione. Ma certificare tutta la filiera - dai fornitori di materia prima grezza fino alle consegne - è una cosa decisamente diversa», continua Giusy Bettoni. «Ancora pochi sentono che la sostenibilità è un valore. Ci sono aziende che sono assolutamente sostenibili da anni e non lo raccontano nemmeno. E al contrario, ci sono aziende che raccontano la propria sostenibilità che magari non è nemmeno provata da un ente terzo. Certificare che tutta la filiera - dal filo per le cuciture all'imballo con cui avvengono le consegne - lavori nel pieno rispetto dell'ambiente non è per nulla facile e anzi carica i titolari del marchio di grandi responsabilità anche dal punto di vista etico. Stiamo parlando di rispetto delle regole nei trattamenti dell'acqua, nell'uso della chimica, nella scelta delle energie rinnovabili. Stiamo entrando in una vera e propria rivoluzione culturale, e questa è la strada da seguire».
L'economia circolare di Polartec
Polartec è il marchio americano che ha inventato il pile realizzato da fibre sintetiche e che fin dal 1993 ha introdotto quelle realizzate da materie prime riciclate, in particolare le bottiglie di plastica: se ne contano più di 2 miliardi ogni anno, rilavorate prima che finiscano negli oceani. Da allora, più i tessuti Polartec si specializzavano e più la ricerca di sostenibilità diventava sofisticata. Si è passati dal Polartec Alpha che garantisce la active insulation (tiene al caldo quando si è fermi ma riduce al minimo il surriscaldamento quando si è in attività) alla membrana impermeabile traspirante Neoshell fino al Polartec Delta che vanta una tecnologia in grado di mantenere il corpo al fresco in condizioni di estremo calore, solo sfruttando la gestione del sudore. Ora il prodotto più recente, il Power Air, è stato direttamente pensato per combattere la dispersione di microfibre. Sostenibilità significa anche lavorare con una chimica più rispettosa dell'ambiente.
Anche i dettagli sono sostenibili
Pensate a quelle fasce elastiche che chiudono in vita un paio di pantaloncini, piuttosto che quei sottili nastri colorati che fungono da spalline in un top sportivo da donna, o ancora quella parte di tessuto siliconato che sigilla ermeticamente gambe e braccia in una divisa super aderente da ciclismo. Anche i complementi nei capi di abbigliamento devono essere sostenibili perché il prodotto possa essere veramente considerato tale. È il mercato che lo richiede: «Il nostro piano di sviluppo è sempre stato ispirato ai valori dell'economia circolare», racconta Fabio Aceti, General Manager di Marc, l'azienda bergamasca leader mondiale nel settore che produce oltre 3 milioni di metri di nastro elasticizzato al mese anche grazie a speciali macchinari 4.0. «Ad oggi riutilizziamo al 100% gli scarti e il 35% del campionario è realizzato con materiale riciclato». E il discorso vale per tutto il ciclo di produzione: «L'efficientamento di tutte le attività e un parco macchine di ultimissima generazione ci hanno permesso di produrre in maniera assolutamente pulita, sfruttando per l'80% l'energia generata dal nostro impianto fotovoltaico e per il 20% quella acquistata da fonti rinnovabili».