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Kaleîdos

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Numero 14 del 2021

Titolo: Donne coraggiose

Autore: Redazionale


Articolo:
Negli occhi dei bambini di Haiti ritrovo mia sorella
Storia di Mariavittoria
(tratto da «Coraggiose» a cura di Silvana Gavino - Cairo Editore)
«Mariavittoria, sei sicura? Vuoi diventare una barbosa notaio?»
È il 7 febbraio 1999, domenica sera. Sto tornando da un weekend in Liguria.
Chiacchiero con mia sorella Francesca, sulla Bergamo-Milano, con la sua inconfondibile risata. Lei è così: dinamica, sportiva, sempre pronta allo scherzo.
«Un bacio, ci vediamo a casa» mi saluta. È l'ultima volta che sentirò la sua voce.
Una manciata di minuti dopo, qualcuno le taglia la strada e la sua auto finisce fuori carreggiata. Francesca muore lì, sul colpo, a 26 anni. Sul sedile, una coccinella portafortuna comprata per il mio esame.
Finché non succede, non pensi possa capitare a te.
Il dolore è devastante. Azzera ogni certezza.
Non riesco nemmeno a pregare.
«Come può essere che mia sorella non ci sia più?».
Mi torna in mente in modo ossessivo quando eravamo piccole. In Italia era l'epoca dei rapimenti e impressionate c'eravamo giurate: «Se un giorno sparirò, tu cercami, cercami per sempre». Così comincio a cercarla negli occhi delle persone, negli incontri, nelle parole. La cerco sulle sue stesse orme e parto volontaria con un gruppo di malati a Lourdes, come faceva lei ogni anno. «Perché non ti metti al servizio degli altri?» Il suggerimento arriva da un giovane sacerdote messicano. «Sei avvocato» mi dice. «Segui qualche causa gratuitamente per chi non se lo può permettere.» Così lascio il concorso per il notariato e mi divido tra il lavoro in studio e i casi pro bono.
Francesca mi gioca il suo scherzo più grande
È il giorno di Pasqua del 2000. Con Enrico, che nel frattempo è diventato mio marito, siamo seduti su una panchetta, in una capanna, a Cuernavaca, in Messico. Nel buio più totale. Qualche mese fa, tra i casi a patrocinio gratuito è arrivata Nph, Nuestros Pequenos Hermanos, un'organizzazione umanitaria internazionale per l'infanzia, che esiste da cinquant'anni e vuole aprire un ufficio di raccolta fondi in Italia. Ho seguito le pratiche, ma all'ultimo la persona che doveva guidarla rinuncia. «Perché non lo fai tu?» La richiesta di Nph è un fulmine a ciel sereno. Il libro del fondatore, Padre Wasson, mi ha colpita. Prima però voglio vedere con i miei occhi il loro operato sul campo.
Ed eccoci qui, Enrico e io, alle quattro del mattino, in Messico. Comincio quasi ad avere paura, quando sento una manina che mi tocca. Dall'oscurità spuntano due occhioni. Poi altri due, quattro, dieci. Non posso crederci, siamo circondati da centinaia di bambini, tutti seduti in terra per la messa di Pasqua. È giorno di festa e in mano stringono una ciambella. La bimba me ne offre un pezzetto. Lei, che non ha nulla, offre cibo a me.
Vorrei scattarle una foto, ma scappa via.
«Maria è qui da ieri» mi spiega un tio, un assistente. «Ha quattro anni. La mamma per miseria si prostituisce. Ha assistito a cose terribili».
Passo la giornata a scoprire la meraviglia del lavoro di Nph. A un bambino che ha fame dai da mangiare, ma qui si offre molto di più: una casa e un'educazione amorevole, come fossero tutti figli propri. Arrivano tutti da situazioni di sofferenza e dolore peggiori della mia, eppure la gioia che si respira è incredibile. Sto pensando questo al tramonto quando spuntano di nuovo gli occhioni di Maria. Arriva stringendo per mano la sorellina, ancora più piccola. «Non voleva la fotografassi senza di lei» mi spiegano.
Io lì per la prima volta la sento. Francesca, non ho smesso di cercarti. Qui ti ho trovata.
Se cambiano i cuori cambia il mondo
Che sia Dio, energia o amore, ora so che c'è qualcosa che prescinde da noi. Tornata dal Messico, con i soldi della piccola liquidazione dal lavoro di mia sorella creo la Fondazione Francesca Rava-Nph Italia Onlus. Mia sorella era una persona umile, avrebbe odiato essere celebrata, ma la chiamo con il suo nome perché questo miracolo nasce sul suo sangue. Per me è una responsabilità enorme, ma sento che è la mia missione. L'energia di Francesca diventa la mia, il suo amore per i bambini è il mio. Nel frattempo nascono i miei figli, Riccardo e Francesco.
«Lo sai che mi hai dato una bella fregatura?» mi dice ogni tanto mio marito.
«Le premesse del matrimonio erano altre: notaio, sicurezza economica, tempo per la famiglia».
Ha ragione. Poi penso alle parole del fondatore di Nph.
«Fai per quei ragazzi quello che faresti per i tuoi figli».
Non è coraggio. Per un figlio ti butteresti anche nel fuoco. Così, senza sosta, con la fondazione siamo a Haiti, in Sud America, tra le famiglie italiane colpite dal terremoto. I volontari crescono: i primi, mia mamma e le mie zie, oggi migliaia in tutt'Italia con trecentocinquanta medici di pronto soccorso e tante persone pronte ad andare a insegnare i più diversi mestieri all'altro capo del mondo.
Ogni Natale e ogni estate porto a Haiti anche i miei figli.
Oggi sono passati vent'anni. Ci sono stati momenti di grande difficoltà e crisi personale, perché io ho sempre negli occhi i bambini per cui sto lavorando. Ma le persone cui chiedo di aiutarmi, anche economicamente, non li hanno mai visti e comprendo che a volte possono non capire quanto abbiamo bisogno.
Tutto quello che siamo riusciti a realizzare, però, dimostra che anche nel dolore più immenso c'è vita. Francesca mi manca moltissimo. Tutti i giorni le chiedo la forza per continuare quello che lei ha messo sul mio cammino.
A volte mi sembra quasi di sentirla. «Non farti troppe storie e vai avanti!».
E poi la sua grande, contagiosa, risata.
Mariavittoria Rava, avvocato, vive a Milano con il marito Enrico e i due figli, Riccardo e Francesco. Alla morte della sorella minore, lascia il concorso per il notariato e crea la Fondazione Francesca Rava-Nph Italia di cui è presidente. La mission della fondazione, che nel 2020 compie vent'anni, è l'aiuto all'infanzia in condizioni di disagio in Italia e nel mondo (www.fondazionefrancescarava.org).



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