Numero 7-8 del 2021
Titolo: IPOVISIONE- Ipovedenti: la nascita di una categoria
Autore: Angelo Mombelli
Articolo:
E per il futuro?
Tanti sono ancora i problemi che coinvolgono le persone ipovedenti che vivono nel nostro paese, tante le criticità da risolvere.
Partiamo dall'inizio: l'accertamento della condizione di ipovedente è la prima documentazione di cui l'interessato ha bisogno per avere diritto alle varie provvidenze. È da tempo ormai che un ipovedente grave viene avviato alla commissione per l'accertamento degli stati di invalidità e non di cecità, e altrettanto riguarda sia gli ipovedenti medio gravi che gli ipovedenti lievi. L'elenco delle persone che si sottopongono ad accertamento, di conseguenza, viene inviato all'associazione di categoria degli invalidi civili e non all'UICI. La ragione non è del tutto peregrina, perché come invalido civile, se il riconoscimento è superiore al 75%, l'interessato ha il diritto all'assegno di invalidità ancorché legato al reddito. Se poi si tratta di un soggetto in età evolutiva egli ha diritto all'accesso al nomenclatore tariffario della protesi qualunque sia la sua percentuale di invalidità, mentre per quanto concerne la strumentazione indirizzata agli ipovedenti, se non è invalido civile, la concessione è limitata ad un decimo di residuo visivo.
Da segnalare che in sede di accertamento degli stati di invalidità l'associazione di categoria di questi ultimi è presente, mentre la nostra associazione non è mai presente nelle commissioni per l'accertamento degli stati di cecità. È superfluo sottolineare che presentare in quella sede l'Unione con i servizi che può svolgere a favore delle persone con disabilità visiva implica la possibile iscrizione all'associazione.
Sebbene i problemi sopraelencati siano di difficile soluzione poiché legati alla revisione di un vero e proprio groviglio normativo, in collaborazione con l'INPS, occorrerà almeno promuovere l'elaborazione di linee guida che assicurino modalità di accertamento uniformi su tutto il territorio nazionale da parte delle Commissioni di Prima Istanza, al fine di superare le discordanze che spesso caratterizzano le singole realtà territoriali. Le suddette linee guida dovrebbero tenere in considerazione sia le metodologie di accertamento, sia la strumentazione utilizzata per il loro svolgimento.
È indiscusso che un grosso problema per le persone ipovedenti è poi quello di trovare un lavoro: come affermava il nostro Paolo Bentivoglio: "il lavoro è la luce che ritorna". Se nel lontano 1989, come si riscontrava dall'indagine dell'Abacus, la percentuale di disoccupazione degli ipovedenti era di 44% rispetto al 5% dei normodotati, oggi che la disoccupazione supera il 10% si può senza dubbio affermare che la percentuale di disoccupati tra gli ipovedenti è sicuramente ancor più alta, e questo per ragioni obiettive: le difficoltà nella lettura, l'impossibilità di ottenere la patente di guida, sovente l'insufficienza nella formazione, la limitata autonomia e, ovviamente, l'esclusione dalle categorie protette, determinano l'estrema complessità nel trovare un'occupazione idonea in un mondo alquanto concorrenziale e in continuo mutamento come quello di oggi. Individuare attività lavorative alle quali indirizzare gli ipovedenti sarebbe un compito primario della nostra associazione, ma di difficile attuazione.
Il Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1992 "Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti", per quanto concerne le percentuali di invalidità collegate alle patologie della vista, è ormai superato: andrebbe aggiornato sulla scia della classificazione definita dalla legge 138/2001 e delle patologie che concorrono a ridurre la qualità della visione.
Fermo restando le modifiche alle percentuali di invalidità, sarebbe necessaria la corresponsione di una indennità per gli ipovedenti gravi e non solo, tenendo conto delle grandi difficoltà nelle quali incorrono quotidianamente.
Un esempio valga per tutti: una persona sorda la cui percentuale di invalidità massima è dell'80% percepisce un'indennità di comunicazione di oltre 250 euro mensili, quando una persona ipovedente grave monocolo con pari percentuale di invalidità può percepire l'indennità come invalido civile, ma legata al reddito.
La tecnologia moderna è in continuo mutamento, ma la strumentazione a disposizione degli ipovedenti nell'ambito del nomenclatore tariffario delle protesi rimane invariata: sarebbe quindi necessario l'aggiornamento della stessa con frequenza almeno biennale, come d'altronde previsto ma mai applicato, ma soprattutto abolire la clausola finale dove viene consentito l'accesso ai soggetti con un residuo visivo non superiore ad un decimo in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione, estendendo l'accesso a tutti i soggetti della legge 138/2001.
Tutti noi conosciamo quanto la deambulazione e l'accesso ai servizi in una città moderna siano difficoltosi e sovente impossibili per una persona con una bassa visione. Esistono soluzioni sovente a costo zero o a costo irrilevante, per rendere fruibili informazioni o spazi: spesso è solo una questione di sensibilità. Pensiamo per esempio alla sintesi vocale presente in tante strutture private, ma completamente assente nelle strutture pubbliche (ospedali, poste, anagrafe etc...), ai numeri civici retroilluminati, alle indicazioni stradali replicabili ad altezza leggibile e in generale alle soluzioni che abbattano/segnalino le barriere architettoniche presenti nelle città. L'elenco completo degli interventi sarebbe troppo lungo, e comunque ribadiamo che ogni singolo caso potrebbe trovare soluzione in un approccio caratterizzato da una maggiore sensibilità al problema.
Come ampiamente dimostrato dall'indagine della Doxapharma, la conoscenza del fenomeno dell'ipovisione e delle sue necessità è alquanto scarso: un'opera di sensibilizzazione sarebbe necessaria nei confronti di tutti quei professionisti che operano nell'ambito della cura e nell'educazione delle persone con soggetti con bassa visione e che spesso non sanno fornire risposte adeguate; parlo degli oculisti, che pur conoscendo l'esistenza dei centri di riabilitazione visiva, temono di perdere il paziente e non lo avviano alle strutture; parlo dei medici di base, che spesso non conoscono l'esistenza della nostra Unione e delle strutture riabilitative; parlo degli insegnanti che confondono le difficoltà visive con le difficoltà cognitive di un alunno, e che non conoscono l'esistenza dei sussidi tiflodidattici. Il problema di fondo è il medesimo: far conoscere in modo esauriente ed appropriato l'esistenza di una categoria, in forte crescita, con proprie specificità e criticità. Le Sezioni territoriali dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti dovrebbero inoltre collaborare strettamente con le strutture che intendano realizzare o potenziare i Centri di Riabilitazione Visiva (CERVI) che operano nel loro ambito territoriale. Infine, la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), presente su tutto il territorio nazionale, potrebbe adoperarsi a promuovere incontri specifici con gli ipovedenti iscritti alle varie associazioni della federazione con la partecipazione di un oculista che illustri le diverse patologie e le possibili soluzioni; l'oftalmologia moderna è in continua evoluzione e offre risposte sovente sconosciute agli interessati.
Conclusione
La sensibilizzazione sulle tematiche dell'ipovisione è un fatto al quale nemmeno la nostra Unione deve sentirsi estranea. L'Unione è nata negli anni del primo dopoguerra come associazione di ciechi per i ciechi; nel decennio scorso, ha ufficialmente deciso di aprire le porte alle persone ipovedenti, codificandone l'inclusione in sede statutaria; tuttavia, il nostro sodalizio deve forse ancora superare quell'originaria vocazione votata alla cecità per sviluppare settori di attività ed iniziative che tengano conto della specificità delle persone ipovedenti.
Abbiamo compiuto 100 anni di vita e speriamo che non ne occorrano altrettanti per trasformare i nostri desideri di ipovedenti in realtà.
PS: Vorrei ringraziare il Consiglio regionale Lombardo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ed in particolare il dott. Stefano Sartori: grazie alla disponibilità e collaborazione sua e dell'ufficio ho potuto redigere questo documento.