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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 22 del 2021

Titolo: L'Italia riparte ancora

Autore: Mario Barbuto


Articolo:
L'abbiamo già detto una volta l'estate dell'anno passato. E poi, invece, due successive ondate di pandemia hanno travolto e sommerso i sogni e le speranze che avevamo coltivato timidamente in una sorta di «sogno di mezza estate». Ora ci riproviamo per la seconda volta; con la stessa fiammella di speranza in cuore, tanti strumenti in più con i quali fronteggiare l'emergenza e una luce in fondo al tunnel che diviene più viva.
Noi, l'Unione, senza peccare di presunzione, crediamo di avere svolto il nostro compito di tutela e difesa, innanzitutto della salute e dell'incolumità dei nostri soci e rappresentati; poi del posto di lavoro, del diritto allo studio, alla mobilità, alla dignità di cittadini.
Sia pure tra alti e bassi ai quali ci costringe da troppo tempo la volubile politica nazionale, lo diciamo ancora una volta con umiltà e modestia, abbiamo esercitato il nostro ruolo in una campagna vaccinale punteggiata di incertezze e contraddizioni, dove sono spesso mancati i vaccini. Si sono susseguite scelte contraddittorie. Si sono registrate inefficienze a ogni livello, si sono esercitate le bizzarrie di un sistema istituzionale in cui, una volta definite le linee di azione nazionali, ogni regione ha tuttavia sentito a sua volta il bisogno di elaborarne e diramarne di proprie. Spesso queste linee - che avrebbero dovuto fare da guida - si sono invece incrociate, intersecate, intrecciate e intralciate. Una pandemia di disposizioni, regole, modalità di prenotazione, diversità di priorità e trattamenti, oltre che difformità di sistemi e piattaforme digitali...
Miracoli forse di un federalismo senza il sistema federale.
Quanto ci ha insegnato questo anno abbondante di emergenza sanitaria, economica e sociale? Quanto sapremo davvero farne tesoro per costruire una società se non proprio più giusta, almeno più organizzata, efficiente e operosa?
Abbiamo rilevato anche segnali inquietanti, infatti, nel corso di questi mesi. E tanti: una certa tendenza a giustificare e forse, sotto sotto, assecondare le assenze dal lavoro da parte di lavoratori con disabilità, per esempio. Qualcosa che potrebbe, ma non deve divenire l'anticamera di un più vasto e pericoloso percorso di espulsione dal processo produttivo, con una tendenza alla proliferazione di fenomeni di assistenzialismo quale forma sostitutiva e compensativa dinanzi a una trappola di emarginazione.
La didattica a distanza, praticata intensamente nei mesi passati, pur con qualche significativa punta di eccellenza, ha segnato per la maggior parte dei ragazzi con disabilità una specie di espulsione dai cicli e dalle forme più evolute dell'apprendimento. Oltre il 70 per cento degli allievi con disabilità, infatti, non è stato posto in condizione di fruire appieno di questa modalità che si è resa necessaria in tempi di pandemia, ma che manterrà di certo una sua presenza anche nella Scuola di domani.
I problemi emersi in modo drammatico con la pandemia hanno contribuito a riportare al centro dell'attenzione limiti e mancanze strutturali del nostro sistema scolastico già troppo avvezzo, in tempi normali, a lasciare indietro i più fragili, i meno tutelati tra gli alunni.
E che dire dei percorsi di formazione professionale e inserimento lavorativo, segnati da inefficienze e omissioni messe a nudo nei momenti più crudi dell'emergenza sanitaria, quando migliaia di persone con disabilità sono state praticamente tenute ai margini dei processi lavorativi con il pretesto, forse un po' peloso, della fragilità e della esposizione a maggior rischio.
Ecco, tutto questo ci attende al varco nei prossimi mesi. E tanto altro ancora.
Ci giochiamo, insomma, l'inizio del secondo centenario di vita associativa, in bilico tra assistenzialismo di ritorno e inclusione vera, quale obiettivo di civiltà e cittadinanza.
Le nostre risorse in questa partita? Competenti, consistenti, costruttive, ma purtroppo insufficienti.
L'Unione, innanzitutto, con il suo patrimonio di soci, dirigenti, organi statutari, è la risorsa più sicura. Unione capofila di un sistema articolato e complesso, composto di strutture, competenze, esperienze: la Federazione pro Ciechi per la quale abbiamo forse ottenuto una maggiore stabilità finanziaria. L'Irifor, con le sue azioni formative e riabilitative, per l'inclusione scolastica, grazie anche al significativo sostegno e all'opera dei Centri di Consulenza Tiflodidattica; con la formazione professionale e il lavoro; l'autonomia personale, la mobilità, l'evoluzione digitale, la cultura, lo sport, il tempo libero; la terza e quarta età; le donne, i giovani. La Biblioteca Braille di Monza, stabilizzata nelle leggi di Bilancio, ramificata nella storia e nei cuori di noi tutti. La stamperia Braille della regione Sicilia, sostenuta anche dalle risorse di una nostra Legge nazionale. Il Centro Helen Keller, Polo Nazionale dell'Autonomia, che ha finalmente imboccato un cammino di stabilità e trasparenza, crescita e consolidamento. E ancora Iapb, l'Agenzia di prevenzione della cecità e tutela della vista, ora davvero più vicina alla nostra Unione, col dovere di lavorare fianco a fianco con le associazioni e istituzioni medico-oftalmologiche e in primo luogo con il mondo scientifico oculistico, a partire dalla Soi. L'Univoc che raccoglie e organizza centinaia di volontari in tutta Italia. L'insieme degli istituti dei ciechi, chiamati sempre più a svolgere il ruolo essenziale di braccio operativo, attuativo ed esecutivo delle nostre idee e dei nostri programmi.
E tuttavia, questo insieme di risorse ed energie preziose, come dicevamo, è insufficiente, poiché esso ha bisogno di essere alimentato con l'apporto delle istituzioni, soprattutto pubbliche, le quali devono garantirne sopravvivenza, attività e continuità, a partire dalle leggi di finanziamento statali, ma non solo.
A queste istituzioni rivolgiamo pertanto una richiesta accorata di attenzione e sensibilità da manifestare già ora con i provvedimenti di sostegno, ristoro rilancio che si susseguono in Parlamento. Già con la prossima legge di bilancio dalla quale ci attendiamo considerazione per associazioni che sono rimaste sempre al proprio posto e hanno fatto il proprio dovere di supporto, perfino quando lo Stato e l'amministrazione pubblica ha tardato a dare segni concreti di presenza e di intervento.
Sono quattro, le gambe sulle quali questo nostro sistema coordinato deve reggersi e camminare nei prossimi anni per sostenere l'impegno che ci attende: risorse pubbliche; raccolta fondi; progettazione nazionale ed europea; impiego efficiente del proprio patrimonio.
Insomma, un altro compito immane per la nostra Unione appena centenaria. Ma noi ci siamo. Magari non saremo il meglio assoluto, ma cuore, anima e cervello ce li mettiamo e ce li metteremo tutti. Per un quinquennio di lavoro, impegno, risultati, all'insegna dell'unità, del rinnovamento e della determinazione.



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