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Corriere Braille

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Numero 19 del 2021

Titolo: L'Italia si cura con il lavoro

Autore: Luigi Sbarra


Articolo:
Sono passati 22 anni dalla pubblicazione della Legge 68-99, per il diritto al lavoro delle persone con disabilità e 12 anni dalla Legge 18-09, che ha ratificato in Italia la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Queste due leggi rimangono due baluardi, due fari a cui dobbiamo ancorarci nel proporre politiche e nel portare avanti la contrattazione collettiva.
La legge 68 parla di «persona giusta al posto giusto». E la IX Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 68-99 relativa agli anni 2016-17-18, da poco presentata, rivela che ancora riesce a produrre risultati importanti: dal 2015 sino al 2018 il trend degli avviamenti e delle assunzioni è in costante e forte crescita. In periodi così duri, come quello che stiamo vivendo, vedere che nel triennio la curva delle assunzioni di persone con disabilità cresce un punto dopo l'altro, una persona dopo l'altra, fa ben capire che quando vengono introdotte migliorie normative e adeguati finanziamenti le politiche possono arrivare a produrre risultati importanti. Ogni punto è una persona con disabilità inserita e le 19-20 mila assunzioni annuali degli anni 2009-2013, dopo il 2014 diventano 39 mila, 43 mila, sino ad arrivare alle 62 mila del 2018! Ma non è tutto: una persona su 4 assunta con incentivo del fondo nazionale ha una disabilità psichica e una persona su 3 ha una disabilità gravissima, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79%. La «manutenzione straordinaria» operata dal Dlgs 151 del 2015, attuativo del Jobs Act, che come Cisl e come Uici abbiamo voluto, sostenuto e accompagnato ha dato i suoi effetti e oggi ne possiamo avere piena contezza. L'intervento del 2015 ha consentito di intervenire su numerose questioni che necessitavano attenzione. Penso alla riforma del fondo nazionale e alla semplificazione di accesso agli incentivi per le assunzioni; penso agli incentivi stessi, destinati ora esclusivamente alle disabilità più gravi, maggiorati e prolungati per le disabilità psichiche; penso all'allargamento nell'utilizzo della chiamata nominativa, che consente proprio di scegliere «la persona giusta al posto giusto»; penso all'introduzione nei fondi regionali del vincolo di utilizzo per il finanziamento di accomodamenti ragionevoli e per il supporto ai disability manager.
La Convenzione Onu, come ormai ben sappiamo, ci propone poi un importante cambio di paradigma: non si guarda più all'handicap, alla menomazione, a ciò che non si è (più) in grado di fare, ma ci invita ad applicare una concezione dinamica, in cui la disabilità sia vista come il frutto dell'interazione tra la persona e l'ambiente circostante. In questa ottica è fondamentale prendere in esame gli elementi facilitanti la piena ed effettiva partecipazione e impegnarsi a rimuovere, al contrario, le barriere. Non esiste in assoluto nessuna persona «disabile», ma persone con menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che, a causa di un contesto sfavorevole, vivono delle limitazioni. E anche la Convenzione Onu, all'articolo 27, tratta il tema del lavoro, parla di un vero e proprio «diritto» delle persone con disabilità su base di eguaglianza con gli altri. Diritto che, lungi dall'essere isolato, comporta una visione a tutto tondo della persona che lavora e, di conseguenza, chiama in causa il diritto a potersi mantenere, la possibilità di scegliere liberamente.
Ne siamo certi: per una persona adulta il lavoro è una componente essenziale della propria crescita e della propria identità. In questo momento in cui guardiamo con speranza alla ripartenza è nel lavoro che ancoriamo la dimensione di «ritorno alla normalità», sia per le singole persone sia per la collettività e, più in generale, per la ripresa economica. Non è un caso che lo slogan che abbiamo scelto per accompagnare questo Primo Maggio 2021 sia proprio: «L'Italia si cura con il lavoro»!
In questi difficili mesi di emergenza pandemica i lavoratori fragili, le persone con disabilità, le persone con patologie croniche gravi si sono trovate in una condizione particolarmente pericolosa e difficile per la difficoltà di accesso alle cure, alla fisioterapia, ai servizi socio-sanitari, con particolare riferimento a quelli domiciliari. Anche per le persone con disabilità portiamo avanti, unitariamente e con forza, le nostre richieste di prolungare il blocco dei licenziamenti sino a quando l'emergenza sanitaria non sarà finita. Attendiamo che i vaccini abbiano raggiunto la maggior parte delle persone in età da lavoro, che i servizi abbiano ripreso appieno. E mettiamo cura e attenzione nell'accompagnare le persone, specialmente quelle con disabilità, che dovranno muoversi verso nuovi lavori, con politiche attive qualificate, servizi di collocamento mirato rafforzati e competenti, ma anche adeguati sussidi di disoccupazione.
Purtroppo ci sono poi questioni ormai strutturalmente preoccupanti, come l'evidente spaccatura tra nord e sud del Paese: la Lombardia da sola occupa persone con disabilità quanto tutto il Mezzogiorno e le isole. Ma ci sono anche elementi che mostrano come il nostro tessuto produttivo, fatto in gran parte di piccole e medie imprese, abbia importanti risorse di resilienza: le aziende con meno di 15 dipendenti, che per legge non sono obbligate ad assumere persone con disabilità, ormai da anni assumono circa il 10% del totale. Queste piccole aziende del nostro artigianato vanno certamente rafforzate e accompagnate, in questo gli enti bilaterali e i fondi interprofessionali possono avere un ruolo importante.
Nel Protocollo interconfederale definito tra Cgil, Cisl, Uil e le Associazioni datoriali rivolto alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per la prevenzione del contagio da Covid-19, recentemente aggiornato, abbiamo voluto riservare una specifica attenzione alle persone «con particolare fragilità e patologie attuali o pregresse», chiedendo ai medici competenti, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori per la salute e sicurezza, di definire ogni azione utile alla loro tutela. Complessivamente il Protocollo ha inteso aumentare il livello di sicurezza delle persone e rispondere, nel segno dell'innovazione, della responsabilità, della partecipazione, all'esigenza di costruire un percorso condiviso di graduale riaccensione del motore produttivo.
Oggi con le nuove tecnologie, lo smart working, l'intelligenza artificiale e la robotizzazione abbiamo nuove e impensabili chances di includere le persone con disabilità nei processi produttivi. Perché lo smart working che abbiamo vissuto da marzo 2020 in poi non è lo smart working che abbiamo normato, contrattato, progettato nei mesi e anni precedenti. Ha avuto la straordinaria potenza di coinvolgere un numero altissimo di lavoratrici e lavoratori, ha incrementato la possibilità di esprimere una certa autonomia organizzativa nel gestire il proprio lavoro, l'eliminazione dei tempi e dei costi di spostamento, maggior tempo per sé, maggior tempo per le relazioni. Ma è stato un «homeworking» repentino, che ha avuto e sta avendo anche numerosi risvolti dei quali forse ci renderemo conto solo troppo tardi. L'assenza non solo della contrattazione collettiva ma anche dell'accordo individuale per attuare la procedura semplificata, l'impossibilità di scegliere il luogo in cui lavorare perché vincolati a rimanere a casa, abitazioni e postazioni di lavoro non sempre adeguate e attrezzate per il lavoro, la solitudine del lavoratore senza colleghi con cui ha costruito relazioni di supporto extrafamiliari, la difficoltà a separare luoghi e tempi e quindi disconnettersi, l'assenza di reti e strumentazioni adeguati: tutto questo ha creato a volte ancora maggiori difficoltà di quanto la pandemia già stava creando. E su questo, come ben sapete, la Cisl non intende smettere di chiedere che non cada l'attenzione e si intervenga presto, prestissimo.
Il Primo Maggio, anche in questo 2021, è l'occasione nella quale torniamo a chiedere che il tema del lavoro sia posto al centro dell'attenzione del nostro Paese, insieme a quegli interventi che possono consentire all'Italia di ripartire in sicurezza, di tornare a investire nelle reti di coesione sociale, di riaprire la mobilità rafforzando la rete sanitaria e socio-sanitaria. Perché quest'anno, più che mai, «l'Italia si cura con il lavoro!».
Luigi Sbarra
Segretario Generale Cisl



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