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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Kaleîdos

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Numero 9 del 2021

Titolo: No grazie!

Autore: Greta Privitera


Articolo:
(da «F» n. 17 del 2021)
Fischi, giudizi non richiesti, volgarità non sono complimenti: si chiamano catcalling, ovvero molestie verbali.
«Ci fanno sentire prede», spiega Martina, che le racconta su Instagram per dire basta.
Come a ogni pausa pranzo, Martina era andata a fare jogging al Valentino, un famoso parco di Torino che si trova lungo le rive del Po.
Usava quell'ora libera per staccare la testa dal lavoro e fare qualcosa per sé.
Di solito ci andava con una collega, ma quel giorno era sola.
«I primi sono stati due uomini in macchina che hanno suonato il clacson, e dal finestrino hanno urlato «ciao bella». Poi è stato il turno di un signore che al mio passaggio ha fischiato forte. In ultimo, un gruppo di ragazzini seduti su una panchina mi hanno gridato parole incomprensibili, mentre ridevano. Ero esausta. Quaranta minuti di esercizio fisico che si sono trasformati in un tour de force psicologico. Mi sono sentita umiliata, avvilita, non rispettata», ci racconta Martina Bellani, 28 anni, consulente di comunicazione digitale.
Non era la prima volta che qualcuno le fischiava per strada o le indirizzava giudizi non graditi.
«Siamo abituate a questo tipo di molestie», dice. «Però, quel giorno, l'ho notato di più del solito. Volevo solo correre, ma mi hanno fatto sentire in vetrina».
Una volta tornata in ufficio, ha raccontato la sua ora d'aria-incubo su Instagram, in formato stories, e in pochissimo tempo ha ricevuto oltre 50 messaggi di amiche che le hanno scritto di episodi simili.
«Vedere così tanta partecipazione mi ha fatto capire quanto il catcalling, le molestie per strada, sia un problema sentito, e ho deciso di aprire un profilo e chiamarlo Sono solo complimenti, perché è così che alcuni giustificano queste azioni. Volevo creare un luogo di condivisione di storie, di sensibilizzazione che aiutasse le donne a raccontare e gli uomini a capire».
In due giorni oltre 5 mila persone hanno iniziato a seguire la pagina e a sommergere Martina di messaggi.
Due anni dopo i follower sono diventati quasi 30 mila e Sono solo complimenti si è trasformato in un punto di riferimento sul tema delle molestie con un team di psicoterapeute che supportano gratuitamente la gestione delle storie più difficili, tramite uno sportello di ascolto.
Il 78 per cento delle donne è vittima di molestie per la strada. Gli ultimi dati Istat sulla percezione della sicurezza raccontano che oltre il 35 per cento delle donne non si sente al sicuro quando esce di casa sola, e quasi il 37 non esce la sera se non è accompagnata.
Nelle ultime settimane, le denunce di Aurora Ramazzotti e Vittoria Puccini hanno riportato il fenomeno del catcalling - in inglese indicava il lamento notturno dei gatti, un verso che nel 700 veniva usato in teatro per criticare gli attori sgraditi - al centro del discorso pubblico, e Martina e la sua socia Antonietta Peluso, sociologa, sono tornate a ricevere oltre 100 storie al giorno.
D. L'ultima che avete pubblicato?
R. Questa: «Avevo 17 anni e stavo tornando a casa in autobus da sola. Erano le 23,12, non lo dimenticherò mai. Un signore sulla cinquantina mi fissava, sono scesa alla mia fermata e ha iniziato a seguirmi. Io camminavo a passo svelto, ma lui mi seguiva».
D. Che angoscia.
R. Sì, e sono migliaia i racconti di questo tipo. I commenti indesiderati, i fischi, gli inseguimenti, i palpeggiamenti sui mezzi pubblici, quando non fanno niente mettono a disagio, quando fanno qualcosa ti cambiano. Alcune ragazze, soprattutto le più giovani, modificano i loro ritmi per non riprovare la paura o il disagio creato dalle molestie per strada.
D. Tipo?
R. Smettono di indossare certi abiti, cambiano strada o se la devono fare per forza corrono o stanno al telefono con la madre. Sono atteggiamenti inconsci di protezione, perché ci si sente prede. Se mi urli «bella figa» non mi fai un complimento, mi fai sentire un pezzo di carne che cammina.
D. Eppure voi vi chiamate Sono solo complimenti.
R. Sì, perché è la classica frase di chi difende questa pratica. «Vuoi una legge che vieti di guardare una bella donna?», ci chiedono. No, non vogliamo leggi, ma che cambi la cultura maschilista. Un complimento non fa sentire a disagio, non spaventa, non ti fa giustificare per come sei vestita. In quasi tutte le storie che riceviamo le ragazze spiegano cosa indossavano quando hanno subito la molestia.
D. Qual è la differenza tra catcalling e complimento?
R. Un complimento mi mette in una condizione di avere un ruolo attivo, posso accettarlo o rifiutarlo senza paura. Nel momento in cui avviene in un contesto in cui c'è disequilibrio tra le parti - io sto camminando e subisco la frase urlata, io sto facendo sport e mi fischiano - non è uno scambio equo, non è un corteggiamento.
D. Che cos'è?
R. Un gioco di potere tra cacciatore e preda. Mentre cammino e penso alla spesa, quel tipo di atteggiamento mi catapulta in vetrina. Può spaventarmi, mettermi in soggezione.
D. Qual è la cosa che più ricorre nelle storie che raccogliete?
R. Fa arrabbiare vedere che spesso le persone intorno non intervengono. E fa sentire le vittime in colpa. Se avviene una cosa sbagliata di solito il mondo te lo comunica, se nessuno ti aiuta, vuol dire che quello è un comportamento accettato.
D. Non sempre c'è solidarietà femminile. Aurora Ramazzoti è stata sommersa dai commenti negativi di donne.
R. È terribile, si tratta del patriarcato interiorizzato. Bisogna creare una situazione di ascolto reciproco, non di accusa. Mi capita spesso di parlare con ragazzi che davanti alle nostre storie dicono cose tipo: «Ma io non sapevo facesse stare così male». Questi comportamenti sono retaggio del passato, va cambiata la cultura, e gli uomini sono il punto cruciale di questo cambiamento.
D. Come si cambia?
R. Attraverso la scuola. Io renderei obbligatorie le ore di educazione sessuale e sentimentale. E poi serve empatia: gli uomini devono ascoltare. È inutile dire «sono solo complimenti», oppure «non lo faccio per offenderti, era uno scherzo». Il problema è come ci sentiamo noi quando lo fate, non il motivo per cui voi lo fate. Se tu uomo capisci il disagio che mi provochi, forse la prossima volta ci pensi due volte prima di urlarmi: «Bella figa».

Stand Up, un programma per imparare a reagire
Il 78 per cento delle donne ha avuto un'esperienza di molestia sessuale in un luogo pubblico.
Tra queste, solo il 25 per cento dice di essere stata aiutata da qualcuno.
L'86 per cento delle persone ammette di sapere che cosa fare quando è testimone di un episodio di molestia.
Sono i risultati di una ricerca sulle molestie sessuali in luoghi pubblici, condotta in partnership con Ipsos, i ricercatori della Cornell University e L'Oréal Paris.
Per questo motivo L'Oréal Paris, in collaborazione con l'Associazione Ong Hollaback!, ha creato Stand up, un programma di formazione e sensibilizzazione contro le molestie in luoghi pubblici per imparare a prendere posizione quando si è vittima o testimone di un atto di molestia.
In Italia, il progetto di formazione, in collaborazione con il Corriere della Sera, è sviluppato attraverso 160 webinar online tenuti dalle formatrici dell'Associazione Alice Onlus con il coordinamento di Stefania Andreoli e Cristina Obber.
Tutte le informazioni alla pagina https://corriere.it/StandUp/.
Greta Privitera



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