Numero 17 del 2021
Titolo: Medaglia d'oro nel tandem Alessia Refolo trionfa con gli occhi di Giorgia Bonetti
Autore: Stefano Volpe
Articolo:
(da «Il Mattino di Padova» del 19-04-2021)
La ragazza di Mestrino agonista su pista ha accettato l'invito di Alex Zanardi
Tricolore dopo solo quattro allenamenti assieme all'atleta disabile piemontese
«Essere gli occhi di un'altra persona è qualcosa di meraviglioso». Nelle parole di Giorgia Bonetti c'è la potenza del trionfo appena conquistato. E non è solo per la maglia tricolore, la medaglia d'oro al petto, il titolo di campionessa italiana guadagnato al primo tentativo. È un trionfo di vita.
Giorgia Bonetti, 20 anni di Mestrino, domenica 11 scorsa a Marina di Massa ha vinto il campionato italiano su strada di paraciclismo nella categoria tandem, in coppia con Alessia Refolo. Giorgia è stata la guida di Alessia, 30enne atleta non vedente di Ivrea, che da anni si distingue nello sport paralimpico in varie discipline. Ma a cui mancava un alloro importante. Le storie di vita di Giorgia e Alessia non potrebbero essere più diverse.
Due percorsi distinti e paralleli che una volta incontratisi hanno scatenato una reazione magica.
«Ho iniziato a pedalare quando andavo in quarta elementare», racconta la padovana. «La bicicletta è sempre stata nel dna della mia famiglia. Mio padre e mio zio hanno fondato e gestiscono un'azienda di telai a Campo San Martino. Mi hanno messo loro in sella e da lì non sono più scesa. Corro con il team T-Red Factory Racing di Desenzano Under 23, principalmente su pista».
L'incontro con lo sport paralimpico è arrivato quando Giorgia era adolescente.
«Un giorno si presenta nella nostra azienda Alex Zanardi. Aveva sentito parlare del fatto che mio padre realizza cose strane con i telai e così era arrivato con un'idea particolare da sviluppare. Si sono messi a lavorare e da quel giorno Alex non ci ha più lasciati. Ogni volta che vinceva una medaglia la portava in azienda e per me è sempre stato un punto di riferimento. Si interessava alla mia carriera, mi dava consigli, mi sgridava se sbagliavo».
Finché non le arriva la proposta di provare l'avventura paralimpica.
«Alex e Pierino Dainese, il presidente di Anmil Sport Italia, mi hanno chiesto se me la sentissi di fare da guida a una ciclista cieca. Mio padre era d'accordo, anzi ha caldeggiato la proposta visto che è rimasto uno dei pochi a produrre tandem artigianali. Era il 2019, conosco Alessia».
Amore a prima vista?
«Devo dire che la scintilla non è scattata subito. Alessia voleva solo provare a pedalare, ma dal punto di vista agonistico era concentrata sull'atletica. Così dopo qualche mese ci siamo perse. Finché lo scorso autunno Alessia decide di fare sul serio e viene tesserata da Obiettivo3, il progetto di Zanardi. Ci alleniamo per la prima volta a novembre poi, complice la pandemia, riusciamo a rivederci solo a febbraio. In quell'occasione passiamo tre giorni d'allenamento intensi assieme e ci diamo appuntamento a Marina di Massa».
Avete vinto il titolo italiano dopo esservi allenate solo 4 volte insieme?
«Proprio così. Ed è per questo che non ci saremmo mai aspettate di salire sul grandino più alto del podio. Certo, ognuna di noi si è allenata per conto proprio, io con la mia squadra e lei a Ivrea».
Come avete fatto?
«Parlandoci molto, dicendo quando dovevamo spingere e quando c'era da andare più caute. Siamo partite bene, le nostre rivali si sono staccate subito mentre noi siamo rimaste di più in scia agli uomini. Dopo aver preso vantaggio ci siamo gestite bene e credo che la differenza l'abbia fatta la grande grinta di entrambe. Oltre al dialogo. Ma quello, con Alessia, è impossibile non averlo».
Parla molto?
«In continuazione. Quella ragazza è una forza della natura, ha un'energia contagiosa. In allenamento vuole sapere tutto, i paesaggi che stiamo attraversando, lo scenario attorno. Quando facciamo le foto mi chiede di dirmi in che posa si è messa e cosa c'è sullo sfondo. E poi i colori. Ogni oggetto che trova vuol sapere che di che colore è. La cosa mi aveva un po' spiazzato al punto che le ho chiesto spiegazioni. Mi ha detto che da bambina, prima che la malattia prendesse il sopravvento, riusciva a distinguere i colori».
È in quel momento che si è sentita essere «gli occhi di un'altra persona»?
«Sì. Dovendo raccontare ciò che mi circonda in modo dettagliato, mi sono resa conto della fortuna che ho a poter vivere pienamente tutto. È una sensazione unica che mi ha arricchito e appagato tantissimo. Invito chiunque abbia la possibilità a fare un'esperienza da guida per un non vedente».
Che sensazione le ha lasciato la vittoria?
«Devo ancora rendermene conto totalmente. L'emozione più grande è stata quella di aver aiutato in modo decisivo una ragazza che inseguiva fortemente questo successo».
Sogni futuri?
«Sto studiando scienze motorie, il mio obiettivo è quello di lavorare a tempo pieno nel mondo della disabilità. Sogno le Paralimpiadi, per pensare a Tokyo forse è troppo tardi, ma per Parigi mai dire mai. Con Alessia siamo all'inizio della nostra avventura, possiamo migliorare molto. Ci divide solo la distanza, mi auguro di poter passare più tempo in futuro assieme a lei».