Numero 12 del 2021
Titolo: Donne, schermi e comunicazione - prima parte
Autore: Luisa Bartolucci
Articolo:
Quando l'amico Vincenzo Massa mi ha chiesto di scrivere un articolo per «Il Corriere dei Ciechi» di marzo, per affrontare un tema legato alle Pari Opportunità di genere, in vista della Giornata Internazionale della Donna, ho subito pensato alla interessante intervista che su Slash Radio Web ho realizzato con Lorella Zanardo, per illustrare il suo ultimo lavoro «Schermi, se li conosci non li eviti», scritto in collaborazione con Cesare Cantù. Forse qualcuno di voi si domanderà: ma chi è costei? Lorella Zanardo, attivista, documentarista, scrittrice, è coautrice, insieme a Cesare Cantù, del documentario Il Corpo delle Donne e dell'omonimo libro (Feltrinelli, 2010). È anche autrice di Senza chiedere il permesso. Come cambiamo la tv e l'Italia (Feltrinelli, 2012) e ha supervisionato Educare alle immagini e ai media. Manuale per un uso consapevole da 0 a 11 anni (Junior, 2018). Con il documentario Volto Manifesto, che tratta della scomparsa del volto nell'epoca digitale, ha avviato una riflessione globale sul volto come Patrimonio dell'Umanità. Fa parte del Comitato Direttivo di Winconference, organizzazione internazionale per la promozione delle donne nella società e nel mondo del lavoro. Il suo blog e i suoi profili social sono un punto di riferimento per migliaia di donne in Italia e all'estero.
Dopo aver trascorso parecchio tempo in diversi Paesi stranieri, rientrando in Italia, questa donna incredibile si rese immediatamente conto che i media e la pubblicità utilizzavano in modo preponderante e quasi ossessivo il corpo delle donne come oggetto per veicolare molti tipi di messaggi, spesso in contrasto con il canale o il contesto all'interno del quale apparivano. Fu proprio dall'osservazione di quella anomalia che prese vita il documentario Il Corpo delle Donne e l'omonimo libro che lo seguì, che ebbero il grande merito di svelare ed evidenziare ciò che era, in realtà, sotto gli occhi di tutti, ma che non tutti, purtroppo, potevano o erano in grado, in condizione, di vedere.
Iniziò così il percorso di disvelamento che contraddistingue ormai da più di dieci anni la importantissima attività sul territorio svolta dalla Zanardo. Nuovi Occhi per i Media si chiama l'associazione che è stata creata da questa eccellente documentarista con Cesare Cantù, coautore del documentario e formatore da molti anni. «Nuovi Occhi» perché è solo indossando degli occhi nuovi che è possibile svelare ciò che nelle immagini viene abitualmente nascosto. Ma l'idea di dedicarsi all'educazione ai media, materia ancora poco diffusa nel nostro Paese, non è stata tanto, o soltanto la loro: quando il documentario comparve e si diffuse velocemente fino a raggiungere diversi milioni di persone, cominciarono a pervenire agli indirizzi e-mail sia di Lorella Zanardo che di Cesare Cantù, centinaia di richieste da parte di professoresse e professori di scuole di ogni ordine e grado, che individuavano negli autori di questo prodotto editoriale i possibili fornitori di quella formazione che ritenevano indispensabile e della quale erano sprovvisti.
«Forniteci degli strumenti per aiutare i nostri studenti e studentesse a guardare le immagini in modo più consapevole», chiedevano. Iniziavano a comprendere perfettamente che dalla corretta analisi e successiva interpretazione delle immagini dei mass media sarebbe dipesa la modalità attraverso la quale i loro alunni si sarebbero trasformati in adulti e adulte: in gioco c'era infatti la cittadinanza attiva, il divenire donne e uomini consapevoli, capaci di resistere all'omologazione stereotipata e non solo.
«Grazie» esordisce Lorella Zanardo dopo la mia presentazione. «Per aver ricordato Cesare Cantù, coautore sia de «Il corpo delle donne», che di «Schermi se li conosci non li eviti». Lo dico perché è bene che si comprenda e si sappia che, occuparsi di stereotipi di genere, non è un argomento da donne, ma che coinvolge uomini e donne. Infatti, sia nella produzione del documentario, che nei corsi che teniamo di educazione ai media, è presente Cesare Cantù, insieme ad altri uomini, poiché occuparsi di discriminazione, o di ciò che non va nella società, è un tema che interessa entrambi i sessi. Sarebbe ideale che un manuale come quello che abbiamo scritto e pubblicato lo leggessero tutti, vista l'epoca che stiamo vivendo, dominata dagli schermi. Quando io ero piccola, nella mia vita vi era un solo schermo, la televisione, per qualche ora al giorno... Adesso abbiamo: lo schermo della televisione, quello del tablet, lo schermo del computer e l'onnipresente smartphone. Lo dico anche citando i dati del Censis che ogni anno, in questo periodo, pubblica il nuovo rapporto sulla comunicazione, che ci dice che il numero di ore che noi trascorriamo davanti agli schermi, aumenta di anno in anno. In particolare, chi avesse una fascia d'età sino ai 25 anni, o chi avesse figli o figlie di quella età, consideri che il numero di ore diventa davvero elevato, quasi la vita intera trascorsa davanti agli schermi. Ecco perché noi riteniamo che non sia corretto dire ai ragazzi o alle ragazze che non debbono avere o utilizzare internet, poiché la rete, se sfruttata a dovere, può essere un favoloso strumento di educazione. È indispensabile, però, formare ad un corretto uso dei media. Non bisogna condannare, ma innalzare il grado di consapevolezza, mettersi davanti allo schermo e dire, come mai queste immagini sono montate così, oppure... stiamo raccontando un femminicidio, è proprio necessario mostrare un'immagine che non di rado finisce per contribuire a rendere ancora più oggetto il corpo delle donne reificandolo? Non diamo soluzioni, ma riflettiamo: pensate alla telecamera anche quando vi sono quiz, o programmi di intrattenimento, se i concorrenti sono uomini, riprende la figura intera, il mezzo busto, o un primo piano quando il partecipante inizia a parlare. Corretto, come nella vita: mi avvicino ad una persona, da figura intera, man mano che la distanza diminuisce vedo il volto. Quando si tratta di una giovane concorrente donna, invece, la telecamera parte inquadrando i piedi, sale, sale, sale... cosce, stacco... telecamera dall'alto, seni e, per ultimo, si inquadra il viso. Non è per demonizzare il corpo delle donne, ci mancherebbe, però noi consigliamo sempre, quando si riprende il corpo di una donna, di non dimenticare il volto, perché è proprio da questo non trascurabile dettaglio che emerge il nostro essere persone. Se continuamente, riprendendo figure femminili, si propongono pezzi di corpo, senza soffermarsi sul viso, nella tv o nella pubblicità, contribuiamo ad un processo di oggettivazione, di reificazione, che in ultima analisi conduce alla deumanizzazione. Imparando a guardare con occhi consapevoli, ci accorgiamo di ciò che sta accadendo e possiamo anche dire cosa non va e che, o se, qualcosa non va.
D. Dottoressa Zanardo, come è documentato ottimamente nel manuale, ciò avviene proprio per ogni tipologia di prodotto studiato per la televisione. È di estremo interesse l'esempio che riportate, relativo ad una nota marca di yogurt, pubblicizzata in Italia con una determinata modalità, mentre nel mondo anglosassone secondo parametri del tutto differenti...
R. Sempre rimanendo in un'ottica che mira a non demonizzare, ma ad essere assolutamente consapevoli. Internet ci offre una grande opportunità, quella di vedere che cosa avviene in altri Paesi. Facendo questi confronti, talvolta accade che mi accorga, come nel caso di questo prodotto, che si insista, da noi in Italia, nel utilizzare il corpo della donna per pubblicizzare qualsiasi cosa. La buona pubblicità insegna che è giusto mostrare il corpo, qualora io debba vendere un prodotto legato ad esso: mi trovo a dover pubblicizzare un costume da bagno, mostrerò una persona in costume da bagno. Ma quando ci allontaniamo dal prodotto che debbo vendere, mostrare un corpo, così, gratuitamente, altro non è che una reificazione, quindi se debbo lavorare su uno yogurt, una sedia, se devo vendere una borsetta... perché mostrare un corpo? Ci siamo accorti che molto spesso nella pubblicità vi è una sessualizzazione inutile; diciamo questo non per demonizzare la sessualità, proprio il contrario, per darle invece il ruolo più corretto e la giusta importanza. A volte nei corsi che teniamo nelle scuole, chiediamo: Ma lo yogurt che destinazione d'uso ha? Le risposte non hanno mai attinenza con questa estrema sessualizzazione, però questa finisce indubbiamente per catturare l'attenzione, che è ciò che chi studia certi spot desidera avvenga. Noi spieghiamo che è bene agire captando sì l'attenzione del pubblico, dei consumatori, ma senza oggettivare, senza reificare.
Continua...