Numero 6 del 2021
Titolo: Donne coraggiose
Autore: Redazionale
Articolo:
Lotto per salvare il nostro futuro
Storia di Marianna
(tratto da «Coraggiose» a cura di Silvana Gavino - Cairo Editore)
L'ho scritto a caratteri cubitali sul mio striscione: «Non c'è un pianeta B». Voglio che si veda bene, anche da lontano, che non avremo un'altra opzione. Poi ho preso zaino e guanti e sono corsa al Castello Visconteo. In anticipo, ma oggi è troppo importante. Oggi saremo davvero tutti nelle piazze del mondo a farci sentire. Qui a Pavia.
Non so quando sia nata questa mia voglia di occuparmi dell'ambiente e delle emergenze del clima. So che nel mio liceo scientifico sono un'anomalia. Mamma è convinta che a influenzarmi siano state le nostre passeggiate nei boschi. Ma io ricordo di aver sempre avuto una certa sensibilità. «Dove va a finire la carta igienica quando scarichiamo?» la ossessionavo da piccola. «Perché c'è ancora abbastanza ossigeno per respirare, da dove arriva?».
Così a 13 anni comincio a frequentare corsi di educazione allo sviluppo sostenibile. Grazie a Gabriele, il mio insegnante, scopro moltissime cose.
«Non è la Terra che ha bisogno di essere salvata, siamo noi». Quando me lo dice non credo alle mie orecchie. Poi mi spiega che il nostro pianeta, se lo distruggi, dopo un milione di anni si riprende. Davanti ai cambiamenti climatici alcune specie animali, come le meduse, riescono ad adattarsi facilmente. Altre, come l'uomo, invece sono più complesse e meno resilienti. Se continuiamo ad alzare la temperatura a questa velocità non riusciremo ad adattarci in tempo.
Ai corsi imparo anche che risorse fondamentali come l'indio, il coltan o il tantalio, che usiamo per costruire cellulari, pannelli fotovoltaici, turbine, saranno sempre più difficili da estrarre. Già nel 2030 il caldo dimezzerà la produzione mondiale di cacao.
Dobbiamo fare qualcosa, penso. E allora mi attivo con i compagni di corso: promuoviamo petizioni per piantare alberi, allestiamo banchetti informativi, organizziamo spettacoli. Perché il futuro per il nostro pianeta è già oggi.
La prima volta che la vedo penso solo: Wow
Si chiama Greta Thunberg, ha un anno meno di me e da giorni protesta sotto il Parlamento svedese. A parlarmi di lei è Gabriele a lezione. Tornata a casa cerco i suoi video su internet e la trovo, cerata gialla e zainetto, che sciopera e scrive volantini in strada.
«Gli adulti sputano sul mio futuro. Tornerò a scuola solo dopo le elezioni» dice.
Che coraggio. Lei, sì, che ha capito tutto, penso. In questi anni ho avuto alcuni miti personali, come Steve Jobs, che non si arrendeva neanche davanti alle sconfitte. O Nikola Tesla, lo scienziato che studiando i fenomeni naturali scoprì la corrente alternata. C'è anche il climatologo Ugo Baldi che seguo sul suo blog. Davanti a Greta, però, per la prima volta mi scopro a pensare che vorrei vivere anch'io in un Paese sensibile come la Svezia, dove la gente si preoccupa davvero per l'innalzamento della temperatura terrestre. In Italia quando è uscito l'ultimo Rapporto Ipcc (Intergovernmental Panel of Climate Change) che parlava di un grado e mezzo in più, quasi non ce ne siamo accorti. Così quando su Google News leggo l'appello di Greta a tutti i giovani d'Europa perché si riuniscano sotto i municipi a farsi sentire, non ho dubbi: voglio esserci anche io.
Protesto meglio senza giacca
Pavia-Milano. Quarantacinque minuti in treno. Sono partita da sola e mi batte il cuore. È il mio primo Friday for Future, il venerdì per il futuro. Mamma è entusiasta. Papà mi ha dato i soldi per il treno. Ho saltato le ultime due ore di scuola, chimica e religione, e sono arrivata a Milano. Indosso una felpona calda: è gennaio e fa freddo ma secondo me si protesta meglio senza giacca.
«Non si grida qui? Non si protesta?» chiedo. Sotto Palazzo Marino, la sede del Comune, trovo una ventina di persone con i cartelli in mano. Alla guida riconosco Sarah Marder, una signora originaria del Kansas che ho contattato via social.
«Bisogna smuovere la situazione, farci sentire» le dico. Così il venerdì successivo torno con un megafono e mi metto a parlare davanti a tutti. Avevo preparato un discorso, ma per l'emozione non ricordo più nulla e vado a braccio. Quando finisco mi manca il fiato. Ma tutt'intorno mi applaudono.
Venerdì dopo venerdì cresciamo di numero. Come un domino, da Milano i Fridays for Future sbocciano anche a Torino, Pisa, Roma, Modena, Brescia, Napoli, Parma, Como. La stampa parla di noi. Io curo la pagina Friday for Future Milano e qualche volta convinco a venire anche qualche amica. Soprattutto costruiamo una rete fra noi striker e conosco gente proprio in gamba. Come David che sta a Torino, ha 15 anni ed è un piccolo genio informatico che programma App anche per la sua scuola. O Aran, 17, che per salvare il gambero d'acqua dolce è riuscito a bloccare il progetto di una centrale idroelettrica su un torrente vicino Udine.
Siamo sparsi in tutta Italia, ma non è un problema. Per dare informazioni e promuovere gli appuntamenti abbiamo Instagram. Mentre per il coordinamento usiamo i gruppi su WhatsApp: c'è chi si occupa degli studenti, chi degli scioperi nelle singole città, chi del sito. Vogliamo far crescere la mobilitazione e arrivare a fare pressione politica, perché i governi inseriscano i temi ambientali nei loro programmi e mettano un freno al cambiamento climatico.
Un pianeta sano è un nostro diritto
Non tutti i professori approvano, ma ho imparato molto di più in questi mesi in piazza che sui banchi di scuola. I compagni, da quando sono apparsa sui giornali, mi guardano meno come un'aliena. Un po' mi dà fastidio aver bisogno della stampa per ottenere credito. La sfida più grande dello scorso anno è stato il Global School Strikes 4 Climate Action, lo sciopero generale del 15 marzo 2019 lanciato dagli studenti australiani. In tutto il mondo siamo scesi in piazza per chiedere provvedimenti seri, prima che sia troppo tardi. E anche se in Italia non eravamo tanti come in Inghilterra o in Francia, abbiamo fatto la nostra parte.
Io mi sono occupata di Pavia e del lungo corteo attraverso la città, dal Castello fino in piazza della Vittoria. Ho raccolto adesioni, avvisato la Prefettura, coinvolto il Comune e preparato i materiali informativi. È stato fantastico.
Da Pavia al mondo
Quest'anno mi sto concentrando molto sulla mia città, collaborando anche con un comitato che ha una serie di proposte per rendere Pavia un modello di città sostenibile. Non penso all'università. Dopo il liceo voglio prendermi un anno sabbatico e viaggiare un po' con qualche soldo che sono riuscita a mettere da parte. Poi, forse, proseguirò gli studi in un istituto superiore biennale che mi dia competenze per lavorare subito. Di certo sarò sempre concentrata sui temi del cambiamento climatico e della biodiversità. E continuerò a tenere conferenze nelle scuole. Di fronte ai rischi che corriamo, una laurea non penso mi servirà. Meglio fare l'attivista. Come dice Greta, non si è mai troppo piccoli per fare la differenza. È una questione di giustizia.
Marianna Bertotti, 18 anni, frequenta il quinto anno di liceo scientifico. vive a Pavia, con i genitori e il fratello maggiore. È tra gli organizzatori dei Fridays for Future e del Global School Strikes 4 Climate Action.