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Kaleîdos

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Numero 6 del 2021

Titolo: Lei odia gli uomini. E voi?

Autore: Annalena Benini


Articolo:
(da «Grazia» n. 11 del 2021)
La scrittrice Pauline Harmange ha diviso la Francia con il bestseller «Odio gli uomini», in cui rivendica il diritto di rifiutare l'altro sesso perché fatto di violenti, egoisti, pigri e vigliacchi. Ora che il libro viene tradotto in Italia, la giornalista Annalena Benini racconta la rabbia femminile, ma anche che impoverimento sarebbe detestare i maschi
«Il guaio era che io detestavo l'idea di mettermi al servizio degli uomini». Cara Sylvia Plath, grande poetessa che ci hai lasciato «La campana di vetro» come unico romanzo (da cui è tratta questa frase), e che a un certo punto hai detto basta e te ne sei andata via, dalla cucina mentre i bambini dormivano. Il guaio era quello, certo, e le tue parole di allora sono servite a rigettare anche solo il pensiero di metterci al servizio degli uomini. Ma tu gli uomini non hai mai smesso di amarli. Cara Sylvia Plath, nemmeno io odio gli uomini, anzi mi piacciono molto e ne ho perfino messo al mondo uno, che per ora è un bambino: certe volte la sera, quando torno a casa, mi chiede se sono stanca e se voglio una camomilla o una fetta di torta. Mi bacia forte sulle guance, mi dice: ti voglio bene. Lo amo immensamente. Ma in generale amo gli uomini, mi interessano, mi divertono, mi fanno arrabbiare, a volte li trovo scemi e a volte intelligenti. A volte antiquati e ottusi, ma non mi sento in guerra con gli uomini, nemmeno in considerazione del fatto che hanno fatto a lungo una guerra alle donne senza nemmeno accorgersene, e che questa guerra, questa lotta per la supremazia, anzi questa acquisita supremazia era accettata anche dalle donne, dalle madri, dalle sorelle. Era il mondo degli uomini, sono felice di dire che non lo è più. Con inciampi e miserie, naturalmente, e sto parlando solo del lato occidentale del mondo, al resto penso con rabbia e tormento.
Ma ho letto con grande interesse, quando è uscito in Francia e adesso che è stato tradotto in Italia da Garzanti, il pamphlet di Pauline Harmange, 25enne attivista e scrittrice, che confessa serenamente: odio gli uomini. E spiega anche perché. «E se la misandria fosse necessaria o addirittura salutare? Capisco che cosa ci spinge a negarla. Essere additata, considerata un'orribile estremista che odia gli uomini è una cosa che spaventa. Dopotutto, migliaia di donne sono finite sul rogo per molto meno. Dai, mi butto, ve lo confesso: io odio gli uomini. Ma proprio tutti? Sì, tutti. A priori ne ho un'opinione molto bassa».
Pauline si è innamorata di un uomo, lo ha sposato, lo ama ancora, ma ha sviluppato e dichiarato il suo odio verso il genere maschile, dal punto di vista culturale naturalmente. «Ciò non mi impedisce di chiedermi perché gli uomini siano come sono. Vale a dire degli esseri violenti, egoisti, pigri e vigliacchi. E perché in quanto donne saremmo tenute ad accettare con eleganza questi difetti - che dico, queste tare - proprio mentre gli uomini ci picchiano, ci violentano, ci ammazzano. «Boys will be boys», i ragazzi sono fatti così. Le ragazze, invece, diventeranno delle donne e impareranno ad accontentarsi perché non si sfugge dall'immagine limitata dei nostri destini che appare nella sfera di cristallo del patriarcato. Suvvia, siamo perfettamente capaci di sopportare le loro piccole mancanze... e in ogni caso, non abbiamo altra scelta. Che genere di donne saremmo se ci sottraessimo allo sguardo degli uomini?».
Un'invettiva di 96 pagine minacciata di censura in Francia, e quindi andata a ruba ed esaurita online in pochi giorni, diventata un caso editoriale e un argomento di conversazione: obiettivo centrato. Pauline invita anche gli uomini a comprare il suo libro: dammi i tuoi soldi e sta zitto, potresti imparare qualcosa. «Voglio dire nel mio libro che le nostre ragioni per diffidare, anche per odiare, gli uomini, sono numerose, legittime e soprattutto non ci bloccano. Vogliono farci credere che odiare gli uomini può portare solo al nostro isolamento e al nostro inaridimento nella società. Io voglio mostrare invece tutto ciò che può fiorire quando lasci gli uomini da parte», dice Pauline Harmange, con la forza della resa dei conti. Non propone niente di costruttivo in realtà, propone di abbandonare gli uomini a un altro destino, ma c'è qualcosa di molto sincero in questa invettiva: propone la rabbia femminile come elemento di cui gli uomini devono necessariamente farsi carico. Dopo aver esercitato «per millenni» la rabbia maschile sulle donne, ora è il turno di temere la rabbia delle donne. Davvero pensiamo che non ci sia niente di reale in queste pagine, in questo tono, in questa rivalsa? Davanti a un uomo come il produttore americano Harvey Weinstein al culmine del suo potere, e davanti a lui indebolito e processato, che cosa ha provato la maggior parte di noi? Sappiamo che ha esercitato il suo desiderio predatorio e che l'ha imposto, sappiamo perfino che nel magnifico rapporto di fraternità fra il filosofo Jean Paul Sartre e la scrittrice Simone de Beauvoir, emblemi della parità e della complementarietà, quella che restava in fondo un passo indietro, per scelta, era sempre lei. Quella che ha dichiarato al mondo con sincerità e generosità che il più grande successo della sua vita è stato Sartre era sempre lei, mentre lui non ha mai pronunciato le stesse parole. Ma se non si fosse confrontata anche con lui, con un uomo, Simone de Beauvoir sarebbe diventata Simone de Beauvoir? Avrebbe saputo raccontarci il mondo nella sua interezza? Io credo all'enorme ricchezza delle relazioni con gli altri, credo proprio alla costruzione di un'identità attraverso il rapporto con gli altri, e penso che odiare gli uomini sia solo un impoverimento. Riguardo alla rabbia, invece penso che a volte sia necessaria e utile. Scrive Pauline Harmange: «Ho scoperto la rabbia solo molto tempo dopo, quando sono diventata femminista. Ho capito che spesso ciò che mi faceva piangere avrebbe dovuto farmi urlare e che quando in un conflitto versavo lacrime di tristezza per via di un'ingiustizia, in qualche modo mi stavo già rassegnando a perdere. Così, per il mio bene, sono cambiata: ho imparato a replicare. Ovviamente, da quando ho cominciato ad arrabbiarmi, mi viene rinfacciato». Le viene rinfacciato in quanto donna, perché se fosse un uomo forse sembrerebbe giusto e normale. Le viene rinfacciato un modo di fare universalmente riconosciuto come maschile. Non parlo dell'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama e degli uomini che conquistano il mondo con la suadenza del sorriso e delle parole, parlo di quelli fragili e insicuri e per questo rabbiosi. So che non voglio comportarmi così. Ma soprattutto, so che non voglio essere un uomo, non voglio agire come un uomo. Non perché odio gli uomini ma perché ho l'indicibile fortuna di essere una donna.
Annalena Benini



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