Numero 3 del 2021
Titolo: Le buone abitudini
Autore: Redazionale
Articolo:
Paoletto Capretto e Lella Pecorella
Tutte le mattine Paoletto Capretto e Lella Pecorella vanno a scuola insieme. Paoletto è un gran burlone. Si diverte un mondo ad attaccare briga con gli altri animali e dar loro soprannomi.
«Muoviti, Lella Lumachella. Non sai correre? Scommetto una pera che hai mangiato pietre a colazione. Ahahah».
Lella continua a camminare al suo ritmo senza farci troppo caso. È abituata alla spavalderia dell'amico e i suoi scherzi non le danno fastidio. È come se avesse costantemente bisogno di attaccar briga con tutti per sentirsi bene.
«Guarda come salgo su questa roccia. Provaci anche tu».
«Basta sfide, Paoletto Capretto. Arriveremo tardi a scuola» gli ricorda lei.
«Non ci riesci! Sei una foca, sei una foca! Gne gne gne gne gne».
E così tutte le mattine. Anche nel cortile della scuola Paoletto Capretto attacca briga con gli altri animali.
«Passami la palla, Paoletto!» lo esorta Lina Gallina.
«Ma con quelle gambe così corte ti prenderai un sacco di storte! Ahahahah».
E continua a correre senza mollare il pallone.
Ma una volta arrivato in porta, sbaglia e il pallone rimbalza sulla traversa.
«È stata colpa di Lina Gallina, mi ha deconcentrato» si giustifica.
«Che faccia tosta che hai, Paoletto Capretto, dai sempre la colpa agli altri» lo rimprovera Emilio Coniglio.
«E chi ha chiesto il tuo parere, Conigliastro Vecchiastro? Nessuno, vero? Quindi taci, brontolone» replica Paoletto Capretto.
Coniglio ha già dato la sua opinione e non vuole litigare perché sa com'è fatto, quindi corre con il pallone che gli hanno appena passato e segna un gol per tutta la squadra.
«Che fortuna ha avuto il vecchio coniglio!» esclama Paoletto Capretto, infastidito per non essere stato lui a segnare.
Di ritorno a casa, inizia a piovere a catinelle. Lella Pecorella scivola sul fango e cade in una pozzanghera.
«Ahahahah. Sembri una polpetta di lenticchie. Ahahahah» ride Paoletto Capretto.
«Aiutami, Paoletto, e smetti di ridere».
«Col cavolo! Vuoi che mi infanghi anche io?».
E se ne va, tutto pulito.
Lella Pecorella scivola diverse volte, ma alla fine riesce a uscire dalla pozzanghera e, una volta a casa, si infila dritta nella doccia.
Il giorno seguente, brilla uno splendido sole e i passerotti accompagnano con i loro canti i due amici durante il tragitto per la scuola. Passando sotto un castagno, però, a Paoletto Capretto sembra che gli siano cadute alcune gocce di pioggia sul dorso e, molto stranito, guarda verso l'alto. In quel momento sulla testa e sul muso gli cade un'autentica scarica di diarrea di colomba.
«Aaaaaaargh! Che schifo! Sarà stato quell'uccellaccio sporcaccione? Mi ha riempito di cacca. Come faccio ad andare a scuola?».
«Non preoccuparti, ti pulisco io, Paoletto Capretto» si offre Lella Pecorella.
Prima gli toglie la parte più sporca con alcune foglie di castagno e poi gli sfrega il dorso, la testa e il muso con ciuffi d'erba. Infine, lo conduce a un piccolo ruscello dove gli lava bene il pelo appiccicoso con una foglia di limone affinché non puzzi. Paoletto Capretto è molto grato a Lella per il modo in cui si è comportata con lui e, al tempo stesso, prova molta vergogna per come l'ha trattata il giorno prima quando lei gli aveva chiesto aiuto.
«Grazie, Lella Pecorella. Sei una buona amica. Perdonami per non averti aiutato ieri e per averti preso in giro. Ora so come ti sentivi. È che a volte non posso evitare di comportarmi da caprone, è nella mia natura, ma cercherò di cambiare. Mi hai dato una bella lezione».
«Sono contenta che quello che ti è successo ti abbia fatto riflettere, Paoletto Capretto. Devi essere buono con i tuoi amici e trattarli come vorresti che loro trattassero te. I tuoi scherzi possono essere molto pesanti e a volte fanno danni».
Morale
Gli amici fanno parte del nostro circolo di persone di fiducia, ovvero quelle persone che ci vogliono bene, che ci aiutano quando abbiamo un problema e che non ridono di noi. Se vogliamo essere dei buoni amici, dobbiamo aiutare gli altri e non ridere di loro. Anche se a volte ci arrabbiamo, è importante dirsi le cose, essere sinceri, chiedere scusa e saper perdonare.
Robustiano non conosce le buone maniere
Robustiano appartiene a una famiglia di orchi. É un orchetto molto simpatico e spassoso e inventa sempre giochi divertenti. Per questo tutti i bambini della scuola vogliono essere suoi amici. Un giorno Pepe lo invita a mangiare a casa sua e Robustiano ne è molto felice. Non è mai stato invitato da nessuno e per lui è un grande avvenimento.
Il suo amico ha parlato molto bene di lui ai suoi genitori. Raramente passa un giorno senza che abbia un aneddoto da riferire: Robustiano ha raccontato una barzelletta, Robustiano ha fatto questo, Robustiano ha fatto quest'altro, Robustiano ha detto questa cosa, Robustiano ha detto quest'altro... i genitori di Pepe desiderano conoscerlo.
Tuttavia, non appena iniziano a mangiare, rimangono molto delusi dal nuovo amico del figlio. I due contemplano inorriditi il modo in cui parla con la bocca piena e mostra persino il cibo mezzo masticato fino all'ugola! Poi l'orchetto afferra la besciamella rimasta nel piatto con le dita e se le succhia una a una. «Mmmmmh, che bontà!».
Pepe è felice di vedere che il suo amico si sta trovando bene ed è certo che vorrà tornare a trovarlo. I suoi genitori, però, sono sempre più spaventati dalle sue maniere a tavola.
Intento a succhiarsi le dita, Robustiano ha rovesciato il bicchiere d'acqua senza nemmeno scusarsi, continuando a parlare come se niente fosse. Il papà di Pepe si affretta a prendere uno straccio dalla cucina per asciugare l'acqua rovesciata, mentre la mamma porta il secondo piatto: pollo arrosto con patatine fritte. Alla vista del pollo, l'orchetto si lancia sopra il vassoio, afferra una coscia e vi affonda i denti senza aspettare che anche gli altri si siano serviti.
«Il pollo mi fa impazzire» dice con la bocca piena. «A casa mia, io, mia sorella e mio padre litighiamo sempre per le cosce. È un peccato che i polli non abbiano cinque o sei cosce ciascuno» dice ridendo e dando un altro incredibile morso.
Parlando, Robustiano sputacchia pezzi di pollo a destra e a manca. Uno finisce sulla guancia di Lola, la sorella di Pepe, che si pulisce con un certo disgusto; un altro cade sulla mano della madre, che se lo toglie di nascosto, e ne resta anche una bella scia sulla tovaglia.
I genitori di Pepe si lanciano occhiate disperate. Ma Robustiano, senza accorgersi di loro, afferra con la mano una manciata smisurata di patatine fritte, se le infila in bocca e si pulisce il grasso dalle mani sulla tovaglia. Poi, quando ancora non le ha ingoiate, beve un sorso d'acqua, versandosene addosso la metà. E il colmo arriva quando emette un rutto che fa tremare le pareti. «Buuuuuurrrrrppppp!».
A questo punto la madre di Pepe non riesce più a trattenersi. «Ma Robustiano! I tuoi genitori non ti hanno insegnato le buone maniere?».
Buone maniere? Robustiano non ha mai sentito quell'espressione, quindi scuote la testa e ingurgita una seconda manciata di patatine, come se nulla fosse.
Pepe, invece, è preoccupato. Ha visto l'occhiata che si sono scambiati i suoi genitori ed è certo che a loro il suo amico non è piaciuto per niente. E così è stato. Dopo aver invitato per la prima volta Robustiano a pranzo, né loro né gli altri genitori hanno voluto ospitarlo di nuovo. L'orchetto si è accorto che nessuno lo invita più ed è molto triste, non capisce perché. Con molto tatto Pepe gli spiega che ai suoi genitori non piace la sua mancanza di buone maniere. Robustiano, però, non sa cosa siano le buone maniere, quindi Pepe deve spiegargli anche quello. L'orchetto prende nota di tutto quel che gli dice il suo amico e, una volta a casa, coglie di sorpresa la sua famiglia: «Da oggi inizieremo a usare le buone maniere a tavola! Per colpa vostra i miei amici non m'invitano a pranzo».
«Sono un condimento?» domanda la madre. Robustiano fa no con la testa e spiega loro che le buone maniere consistono nel servirsi il cibo con le posate e non con le mani, nell'aspettare che tutti abbiano il piatto pieno prima di iniziare a mangiare, nel masticare con la bocca chiusa, nel non mangiare con le mani né pulire il piatto con le dita, nel non alzare i gomiti mentre si taglia la carne, nel pulirsi con il tovagliolo, nel non fare rutti...
I genitori e la sorella lo ascoltano meravigliati, ma Robustiano sembra così disperato e arrabbiato che non osano contraddirlo. Ed è così che da quel giorno gli orchi iniziarono a usare le buone maniere a tavola.