Numero 5 del 2021
Titolo: Il certificato che umilia le ragazze
Autore: Eva Morletto
Articolo:
(da «Grazia» n. 11 del 2021)
In Francia il governo vieterà ai medici di rilasciare l'attestato di verginità, un documento spesso richiesto dalle famiglie islamiche più osservanti. Grazia ha parlato con una dottoressa che combatte questa tradizione fondamentalista
L'ossessione per la verginità sembra un argomento da relegare agli anni bui di un medioevo morale. Eppure, nella libera Francia ci sono ancora ragazze impaurite - spesso appartenenti a famiglie in cui vige un Islam rigorista - che vanno dal ginecologo per chiedere un certificato che attesti il loro essere vergini. Oggi, l'esecutivo guidato dal presidente Emmanuel Macron tenta di impedire questa pratica in un pacchetto legislativo definito «anti-separatismo»: una serie di misure per impedire a certe pratiche derivanti da credenze religiose estreme di essere perpetuate.
«Si chiede un certificato per la verginità delle ragazze. E i maschi, allora?», dice Amina Yamgnane, ginecologa all'Ospedale Americano di Parigi. «Legiferare su questo tema è estremamente delicato. Il vantaggio di un divieto ufficiale è il fatto di annunciare solennemente che qui da noi queste cose non sono accettabili: in un Paese dai principi laici non funziona così. E un certificato sulla verginità rappresenta l'istituzionalizzazione della misoginia».
Ma la soluzione non è così semplice. «D'altra parte, però», continua la dottoressa, «impedire il rilascio di attestazioni simili rischia di rendere sotterranee e invisibili queste richieste, senza realmente farle scomparire. Quando non potranno più rivolgersi ai medici, le giovani si recheranno dai marabù, dai ciarlatani, e sarà forse peggio». Ma che cosa spinge le ragazze a non fare a meno di questi certificati? La pressione familiare? «Certo. In genere quando mi capitano situazioni simili cerco di rifiutare facendo della pedagogia, spiegando che questi documenti non hanno alcun valore perché ci sono ragazze che nascono senza imene, per esempio. Cerco di far capire, soprattutto, che il valore di una donna non ha niente a che vedere con questa ossessione per l'illibatezza. Ma mi sono capitate anche situazioni in cui è stato necessario rilasciare un certificato, perché la vita della ragazza era in pericolo. Possono essere rinnegate dalla famiglia, ritrovarsi sole, senza mezzi di sostegno. Possono subire violenza. Possono addirittura finire oggetto di transazioni. Una ragazza non più vergine viene considerata «di poco valore». La famiglia del fidanzato vede così il previsto matrimonio come un imbroglio. Cercano di annullarlo e di far sposare la ragazza a un altro uomo, come un oggetto usato». Spesso i matrimoni avvengono fuori dalla Francia, in Maghreb o in Africa subsahariana, e lì, quel «pezzo di carta» firmato da un medico francese può valere oro, può essere questione di vita o di morte. «Ma attenzione», mette in guardia Yamgnane. «Il problema riguarda anche l'Occidente. In Francia, la ricostruzione dell'imene è un atto di chirurgia plastica rimborsato dalla mutua. Che messaggio implica questa informazione? Che è plausibile e necessario per le donne arrivare vergini al matrimonio. Sarebbe ora di liberarci di questa mentalità, qui e ovunque».
Eva Morletto