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Numero 5 del 2021

Titolo: Tory Burch, la moda che ci fa bene

Autore: Cristina Manfredi


Articolo:
(da «F» n. 9 del 2021)
Come si fa, da una mini boutique, a creare un'azienda con migliaia di dipendenti e una fondazione a sostegno delle donne? «La spinta me l'hanno data gli uomini: quelli che non credevano in me»
Se Tory Burch vi propone una corsetta mattutina, pensateci bene prima di accettare. Americana di buona famiglia e solidi principi, la designer che ha fondato la sua linea nel 2004 e che è nella lista di Forbes delle 100 donne più influenti al mondo nel 2020, non fa niente alla leggera. Chi la prendeva sottogamba quando progettava una fondazione a sostegno delle donne, si è dovuto ricredere. Proprio come chi pensa di uscire a fare una passeggiata con lei e si trova a rincorrerla col fiatone. Tory è energica, determinata e irradia ottimismo, anche in tempi pandemici. Dopo 10 minuti a parlare con lei, non ti sembra la power woman con un patrimonio personale da 750 milioni di dollari, ma un'amica innamorata pazza dei tre figli (avuti dall'ex marito Chris Burch) e dell'attuale marito PierreYves Roussel. Oltre che di Chicken e Slim, i barboncini di casa, celebrities di Instagram con un account da 14 mila follower.
D. Come si fa ad aprire una piccola boutique a New York e 15 anni dopo convincere la Bank of America a raddoppiare il capitale investito in un suo programma a sostegno delle donne?
R. Mi sono ritrovata ad avere un lavoro da Loewe e tre figli sotto i quattro anni d'età. Ho realizzato che non sarei riuscita a fare tutto bene e ho scelto il ruolo di madre, con la consapevolezza che un giorno avrei ricominciato a lavorare. In quel periodo ho capito cosa davvero cercavo nella moda: capi classici, costruiti in modo impeccabile. Ma anche che il fashion poteva diventare uno strumento formidabile per dare più forza alle donne. Disegnare vestiti è andato in parallelo con l'obiettivo della fondazione. Volevo ispirare le donne e renderle bellissime, felici, consapevoli di poter affrontare anche le situazioni più difficili. Mi sono vista come una problem solver, una che semplifica la vita.
D. Come ha vinto la sua sfida?
R. Ignorando tutti gli uomini che dopo avere ascoltato la mia presentazione, anziché investire su di me, mi davano una pacca sulla spalla dicendomi che la mia era beneficenza. Quel paternalismo mi ha resa determinata. Le donne meritano di essere aiutate e devono aiutarsi tra loro.
D. Per mettere in un angolo gli uomini?
R. Niente affatto! Sono cresciuta con tre fratelli, ho tre figli maschi: non potrei mai avercela con il genere maschile. Sono convinta che sia fondamentale dialogare con loro riguardo alle tematiche del femminile. Abbiamo bisogno di uomini pronti a sostenere la causa del nostro empowerment. Proviamo a parlare a un padre delle sue figlie: penso che non voglia vederle svantaggiate rispetto ai fratelli. Se c'è una cosa che i genitori possono dare alle ragazze è la fiducia nei propri mezzi. I miei mi hanno trasmesso il senso di poter raggiungere ogni traguardo, a patto di credere in me stessa e di avere la tenacia di non mollare. Ai miei figli, io ricordo che essere dei gentiluomini, nel senso più profondo del termine, non è un lavoro part-time, richiede impegno quotidiano.
D. Quali sono oggi le principali iniziative della Tory Burch Foundation?
R. L'intento è lo stesso del 2009, quando è nata per favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile. Attualmente, in collaborazione con Bank of America, vengono erogati prestiti per avviare business concreti. È attivo anche un programma di educazione imprenditoriale in tandem con Goldman Sachs e sono diverse le opportunità che la Fondazione offre in materia di mentoring e creazione di una rete di contatti.
D. Nella vita di tutti i giorni, le donne come possono darsi una mano?
R. Smettendo di farsi a pezzi a vicenda. La nostra è una società con la tendenza a demolire gli altri. Se anziché criticare di continuo ti aiuto a crescere, ci guadagno anch'io, perché mi porterai in alto assieme a te.
D. I cambiamenti sociali si ripercuotono anche sul modo di vestire. Qual è oggi il rapporto tra sensualità e moda?
R. Non c'è niente di più attraente di una donna sicura di sé. Bisogna conoscersi, capire cosa funziona e cosa no, in base al proprio modo di essere. La moda per me è l'esatto opposto delle tendenze: sei tu che scegli quello che ti fa stare bene e che avrai voglia di portare a lungo nel tempo.
D. Come imprenditrice, qual è il traguardo più importante raggiunto?
R. Sono fiera di avere creato posti di lavoro dove le persone si sentono protette e a proprio agio. Quando guidi un'azienda con migliaia di dipendenti, riuscirci non è scontato, specie in una situazione come quella attuale. Da un giorno all'altro abbiamo dovuto chiudere le boutique senza sapere quando avremmo potuto ripartire, è stato durissimo. Ci sono parole su cui ho riflettuto molto nell'ultimo anno, e cioè resilienza e grazia anche sotto pressione. L'intero staff si è dimostrato straordinario, credo che il brand ne uscirà più forte di prima.
D. Il suo terzo marito Pierre-Yves Roussel è diventato l'amministratore delegato del marchio, su sua insistenza. Perché ha voluto condividere con lui anche la dimensione lavorativa?
R. Le sue precedenti esperienze professionali potevano imprimere una svolta al mio brand, sollevarmi da certe incombenze e permettermi di concentrarmi sul prodotto, di cui ora sono particolarmente fiera. È un leader fantastico, ha conquistato tutti con la sua preparazione e gentilezza.
D. Dopo il complesso divorzio da Chris Burch, che l'azienda l'aveva vista nascere, è stato un atto di grande fiducia da parte sua, non crede?
R. La fiducia è da entrambe le parti. Ho vissuto momenti devastanti quando i giornali mettevano in piazza la nostra storia e io dovevo proteggere la mia famiglia. Oggi con Chris siamo amici e se parlo di un vissuto tanto doloroso è perché voglio dare speranza. Si può ritrovare armonia se si accetta di perdonare e di lasciare che il tempo curi le ferite.
Cristina Manfredi



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