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Kaleîdos

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Numero 4 del 2021

Titolo: Pensavo: a me non succederà mai

Autore: Benedetta Sangirardi


Articolo:
(da «F» n. 5 del 2021)
Pazza di Ivan che crede un coetaneo, chatta con lui per mesi. Ma quando va a conoscerlo, Roberta, 16 anni, trova un adulto che cerca di abusare di lei. «Attente», dice alle ragazze. «I miei mi avevano messa in guardia, ma io ero accecata»
«Scendi!», mi minaccia l'uomo dal posto di guida.
«Vieni qui». Resto immobile. Chi è? Che vuole da me? Esce dall'auto, mi prende con forza per un braccio e mi trascina via dal mio scooter. Inizia a toccarmi, mi stringe. È grosso, ha lo sguardo gelido, avrà l'età di mio padre. «Toglimi le mani di dosso, ma chi sei? Aiuto!», «Sono io Ivan, guarda». Tira fuori il cellulare e mi sbatte in faccia tutte le nostre chat e le foto che gli ho mandato. Inizio a piangere a dirotto, non ci posso credere, mi viene da vomitare, da urlare.
«Se ti muovi e non ti lasci baciare diffondo le foto intime. Le invio ai tuoi compagnetti di classe e ai tuoi genitori». «Cancella subito quelle foto! Lasciami andare, ti prego!». Non può essere vero. Ma con chi ho parlato per tutti quei mesi? Di chi mi sono fidata? Di una foto, di un'immagine, di tante belle parole. Come ha fatto a incastrarmi così? Non sono certo un'ingenua. Dov'è il mio Ivan? Quel mostro continua a schiacciarmi con il suo corpo, sono intrappolata in macchina. Gli sferro un calcio fortissimo sul ginocchio, riesco ad aprire lo sportello. Scappo.
Una famiglia «normale»
Ho 16 anni, vivo a Roma, liceo e buoni voti. I pomeriggi sono più o meno tutti uguali. Con mia madre e la sua solita sinfonia: «Spegni la PlayStation o la sequestro», perché mio fratello Maurizio ci sta sempre attaccato, i compiti, mio padre che torna sfinito dal lavoro. Lui è calmo, si siede e parla, cerca di capire. Mia madre con le sue urla perde credibilità. Sorridono poco, i miei genitori, troppo presi dalle corse della vita. Spesso vengo coinvolta nelle loro discussioni, conflitti, minacce e scenate. Fa male tenere tutto dentro. Scrivo alla mia migliore amica Matilde, e vivo un po' con la testa tra le nuvole aspettando che vibri il telefono. È il «mio» Ivan.
Il mio nuovo mondo
L'ho conosciuto tramite un'app. Ho iniziato a raccontargli un po' più di me e di ciò che sento, e lui mi capisce. Ha 17 anni ed è della provincia di Roma, non pensa solo al sesso, è dolce, premuroso, gli piace il modo in cui ragiono. A volte stiamo svegli tutta la notte. Con lui, mi sento in una bolla di felicità, riesco a dimenticare i casini tra i miei genitori, le litigate con Mauri, la scuola. Gli confido le mie emozioni, le preoccupazioni e i dubbi esistenziali senza paura di essere giudicata, perché lui mi comprende. Soprattutto, mi ascolta. Finalmente ci vediamo virtualmente. Mi manda le sue foto, poche, e io le mie, ogni giorno, prima vestita, poi in pigiama, in reggiseno. A seno scoperto. Mi fa sentire così sexy, continua a ripetere che non si piace, che io sono molto più bella e che quindi preferisce guardare me piuttosto che farsi i selfie.
Mi importa solo di lui
«Se non ci dai un taglio ti sequestro il telefono dopo cena», mi avverte mio padre dopo che una mattina non riesco a svegliarmi per andare a scuola. Anche in classe sono più distratta del solito. «Ma che hai?», mi chiede la mia amica Anita. Non esco più tanto con le mie compagne, Ivan è costantemente nei miei pensieri. Sento di potermi fidare, infatti me lo ripete in continuazione. Anche lui si può fidare di me, lo sa, però è molto introverso e fa più fatica ad aprirsi. Mi piace che sia io a dargli sicurezza. Persino mio fratello si accorge che sono più allegra, felice, spensierata, diversa.
I sospetti dei miei genitori
Mamma e papà sono perplessi. «Voi non vi siete innamorati da giovani?». Sì, risponde papà, ma non mi nascondevo dietro uno schermo. «Tu lo conosci questo qua?», insiste. «Ma certo, è da mesi che ci scriviamo. Guardo sempre il suo profilo Instagram, va al liceo classico, è un tipo a posto». Mi portano articoli di giornale, guardiamo insieme casi sul web: si chiama child grooming, cioè l'adescamento online da parte di un adulto che finge di essere un ragazzo, con tanto di foto e profili social, Sono furbissimi, mi dice mamma. Grazie, ma non è certo il mio caso.
Mio padre mi ha salvata
Quel giorno di metà marzo, l'incontro tanto desiderato si trasforma nel momento peggiore della mia vita. Corro e riesco a nascondermi dietro un cassonetto. Chiamo papà: «Aiutami, avevi ragione tu!». Prego perché quel pazzo non mi trovi. Sento che grida il mio nome, mi arrivano i suoi messaggi. Provo a entrare nelle nostre vecchie chat per avere prove: ha già cancellato ogni traccia. Il tempo sembra infinito, poi in lontananza un'auto: è mio padre. Esco dal mio nascondiglio e mi butto in lacrime tra le sue braccia.
Non fidatevi di nessuno
Andiamo a denunciare il bastardo. Mi vergogno, ma i poliziotti sono gentili e pazienti. Alcuni di loro erano anche venuti a scuola per mettere in guardia noi ragazzi. Non li ho ascoltati. Pensavo: «Tanto a me non succederà mai». Voi fatelo, e state attente. Capire di aver investito energie e tempo in qualcosa che non esiste lacera. Mio padre mi ha salvata, e non solo fisicamente. Ne sono uscita, con grande sforzo, anche con l'aiuto di una psicologa, e ho raccontato la mia storia in un libro.
Grazie a quel rompiscatole di mio fratello ho conosciuto Luca, gioca a basket con lui. Che fatica lasciarsi andare, la mente e il corpo non dimenticano. Ma le emozioni sono potenti, fisiche, meravigliose. Senza mediare con uno smartphone.
«Leggimi nel pensiero» (Mondadori) della psicoterapeuta Maura Manca è una collezione di racconti ispirati a storie di giovani pazienti, compresa Roberta.
Benedetta Sangirardi



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