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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2021

Titolo: STORIE DI VITA- Gestire le faccende domestiche

Autore: a cura di Daniela Bucci e Stefano Borgato


Articolo:
Per contrastare i pregiudizi basterebbe farsi vedere all'opera: lo spiega una donna cieca che racconta la sua esperienza nelle faccende domestiche e sottolinea l'importanza del Braille

Cieca dalla nascita, Pina ha quarant'anni, ed è una donna piena di interessi e di curiosità. Le piace ballare, ascoltare la musica, andare al cinema e fare sport. E tuttavia, può sembrare paradossale, le frasi più strane ha dovuto sentirle da quando si occupa della sua casa, proprio lei che si definisce una vera "maniaca delle pulizie". «Noi donne con disabilità - sostiene - siamo sempre viste come persone che non possono certo gestire la casa da sole. "Ma chi te le fa le pulizie, tua madre?", mi chiedono. Oppure, parlando di mia figlia: "Povera bambina, con la mamma non vedente!"».
Il fatto è che il disabile in genere mette paura, e naturalmente anche il cieco fa paura. Quando poi inizi a parlare di ipovisione, la storia si complica ancora di più. Le persone, infatti, possono provare ad immaginare cosa significa essere non vedenti, magari chiudendo gli occhi e facendo qualche passo alla cieca. Ma un ipovedente cos'è? Che vuol dire? Vede la luce? Vede di notte? Vede di giorno? È qualcosa di ancora più misterioso per le persone che vedono.
Pina ne è convinta: quel che manca è la conoscenza, la diffusione di una corretta informazione. E pensare che lei sarebbe disponibile a farsi vedere all'opera da chiunque, mentre gestisce la propria casa. Lo farebbe vedere, innanzitutto, a chi una casa in affitto gliela ha rifiutata, dicendo: «E se poi mi dai fuoco all'edificio?». Gli direbbe semplicemente: «Abito qui dal 2010, vedi qualche segno di incendio?».
«Ci sono tanti accorgimenti - racconta - che mi permettono di vivere come gli altri. In cucina, ad esempio, ho una bilancia parlante, per pesare la pasta e il riso, anche se poi, con la pratica, so che mezzo bicchiere di riso va bene per due persone. E mi piace anche spadellare, utilizzando normalissimi fornelli. Non amo troppo, infatti, gli elettrodomestici parlanti: innanzitutto costano tanto e poi non mi servono, con l'esperienza posso fare di tutto. La lavastoviglie ad esempio: la carichi, scegli il programma, chiudi il portellone e parte da sola. Oppure la lavatrice: la manopola ha delle tacchette e io so che tre scatti corrispondono al lavaggio per i capi colorati, sei scatti per il lavaggio bimbi, due scatti per i bianchi a novanta gradi e così via. Oggi, tra l'altro, ci sarebbero anche delle lavatrici accessibili con lo schermo tattile, che potrei tranquillamente gestire con lo smartphone. Ma io preferisco arrangiarmi manualmente, per non diventare come chi adopera sempre la calcolatrice per fare i conti e alla fine si dimentica come elaborali a mente. Non voglio assolutamente perdere il contatto con la realtà, voglio ricordare a memoria più numeri telefonici che posso e preparare il caffè agli ospiti con la moka!».
Il discorso cambia completamente, quando Pina esce per fare la spesa. «Ci sono infatti alcuni prodotti - spiega - con la scritta in Braille sull'etichetta. Tantissimi altri, però, non ce l'hanno affatto. E così devo sempre farmi accompagnare da qualcun altro, anche se a me piacerebbe molto smanacciare da sola tra gli scaffali. Va a finire, quindi, che spesso la spesa la faccio on line e così evito anche di stare in piedi e fare le code. Però non è per niente giusto, perché vorrei essere io a scegliere se andare o meno a fare la spesa per conto mio. È un problema che si presenta anche quando esco a mangiare o a bere qualcosa, di fronte a dei menù quasi sempre mancanti delle scritte in Braille».
Per Pina quel sistema di lettura e scrittura è a dir poco indispensabile, sin da quando era bambina: «Io sono un'amante del Braille. L'ho imparato da quando avevo sei anni e ci farei qualsiasi cosa. È un sistema fondamentale e non sono per niente d'accordo con i non vedenti che non lo usano, servendosi solo delle registrazioni o del computer. Arrivo a dire che per me non sapere il Braille è quasi come essere analfabeti. Poi, per carità, è altrettanto importante saper usare il computer e tutte le nuove tecnologie, ma anche in questo caso il Braille funziona, perché è un metodo che si adatta alle evoluzioni: lo puoi adoperare nelle tastiere, applicare all'iPhone. Insomma, ci puoi fare tutto quello che vuoi».



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