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Kaleîdos

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Numero 3 del 2021

Titolo: La guerriera della poesia

Autore: Tonya Mosley


Articolo:
(da «Grazia» n. 7 del 2021)
Ventidue anni, afroamericana, attivista contro il razzismo, figlia di madre single. La scrittrice Amanda Gorman, recitando il poema sulla luce «che ci farà uscire da un'oscurità senza fine», è diventata la star alla cerimonia di insediamento del presidente Biden. La sua promessa? «Voglio ispirare ogni giovane a fare sentire la sua voce»
Tutto il mondo l'ha scoperta il 20 gennaio, alla cerimonia di inaugurazione della presidenza di Joe Biden e della vicepresidente Kamala Harris. Però Amanda Gorman era già conosciuta in America perché, nel 2017, è stata la prima a ricevere il titolo di Giovane Poetessa Laureata. Afroamericana, diplomata ad Harvard, figlia di madre single, Gorman a 22 anni ha catturato l'attenzione di tutti con la potenza del suo poema «La collina che scaliamo», in cui si parla della luce da trovare per uscire da un'ombra senza fine. Quella dell'America lacerata e divisa di oggi.
Amanda è una scrittrice e un'attivista. A 16 anni, ispirata dalla pachistana Malala Yousafzai, gravemente ferita dagli integralisti perché voleva andare a scuola e premiata con il Nobel per la Pace, era diventata delegata alle Nazioni Unite. E tempo fa ha colpito la moglie di Joe Biden, Jill Jacobs, con la sua prima raccolta di poesie. Già nel 2017 aveva dichiarato: «Correrò come presidente degli Stati Uniti alle elezioni del 2036: segnatevi questa data sul calendario». Intanto oggi il libro del suo nuovo poema è in testa ai preordini nelle librerie in Rete.
Gorman durante la pandemia ha chiamato gli americani a battersi per una società più giusta, usando la sua poesia per offrire parole di speranza e conciliazione.
D. Il suo lavoro si concentra sul femminismo, sulla lotta al razzismo e all'oppressione. Negli Stati Uniti gli ultimi mesi sono stati segnati dagli scontri e dalle lotte nel nome dell'eguaglianza. Tutto questo come ha cambiato il suo modo di scrivere?
R. Sono una poetessa, ma anche una scrittrice afroamericana e non posso negare questa mia natura. Ognuno di noi può portare il suo contributo nell'arena delle idee e contro il razzismo. L'arma più potente che io ho a disposizione, però, è la penna. Così cerco di dare vita a pensieri critici, ma anche di speranza, per risolvere le tensioni razziali che dividono il nostro Paese.
D. Uno dei suoi poemi racconta dell'ex presidente Thomas Jefferson il quale, 200 anni fa, sosteneva che per le persone di colore fosse impossibile scrivere di poesia. Si riferiva alla prima poetessa nera, Phillis Wheatley, che pubblicava in quell'epoca. Come è stato tradurre in poesia un'affermazione del genere e, in un certo senso, riscrivere la Storia? Lei, in fondo, è la manifestazione vivente di tutto ciò che Jefferson negava.
R. Io, con i miei versi, cerco di rivivere la Storia, non di riscriverla. È curioso che Jefferson cercò di cancellare Wheatley proprio quando lei aveva l'età che ho io ora. Viene da chiedersi che potere avesse mai quella esile ragazza nera per minacciare l'umanità e spingere quell'uomo tanto potente a occuparsi di lei. L'ispirazione però mi è venuta anche dalla poetessa Claudia Rankine, che nell'opera «Citizen» (Cittadino, ndr) denuncia le brutalità della polizia. E scrive: «Gli uomini di colore stanno morendo perché gli uomini bianchi non riescono a sorvegliare la loro immaginazione».
D. L'arte è sempre servita alle persone come chiave di lettura del mondo. Lei insegna ai giovani a usare la poesia per portare avanti un cambiamento positivo. Loro come reagiscono?
R. La risposta è sempre incredibilmente positiva. Io non devo convertire le persone a diventare poeti laureati, ma posso convincere ogni giovane che anche lui ha una voce che merita di essere ascoltata.
D. Lei si definisce anche attivista e non credo che separi questo ruolo da quello di poetessa, giusto?
R. Sono due anime inscindibili tra loro. Quando qualcuno mi dice: «Bella questa poesia, ma è un po' troppo politica», io non so proprio che cosa rispondere perché per me si tratta di un unico modo di esprimermi. Tutto è politica, specialmente l'arte. Non si può pensare che un poema non sollevi domande scomode, perché quella è la sua ragione di esistere. E per me è impossibile pensare alla poesia in altro modo.
D. Ha un mantra, una frase che la ispira?
R. C'è una sorta di frase-talismano che ho imparato a recitare nei momenti in cui sono più spaventata o in difficoltà. Ed è: «Io sono la figlia degli scrittori neri, che discendono dai guerrieri che hanno rotto le catene che li legavano e hanno cambiato il mondo. Loro mi hanno chiamata». È una sorta di preghiera che ti sfida a restare forte e ti ricorda che con la tua vita puoi portare luce in un presente che sembra oscuro.
D. Sembra incredibile che lei abbia solo 22 anni.
R. La verità è che a volte mi sento una ottantanovenne nel corpo di una dodicenne.
Tonya Mosley



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