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Kaleîdos

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Numero 3 del 2021

Titolo: Sono una sindaca, non una bambola

Autore: Lucia Valerio


Articolo:
(da «Donna Moderna» n. 7 del 2021)
La prima cittadina di un comune della Brianza e un'assessora sono state attaccate sui social dagli avversari che le hanno paragonate a delle Barbie. E spesso, spiega la politica a Grazia, sono proprio i commenti aggressivi come questi a tenere le donne lontane dagli incarichi pubblici
Partiamo dai fondamentali. La chat tra amici non è la stessa cosa di una pagina Facebook istituzionale di un sindaco. Se nella prima c'è una certa confidenza che consente ironia, sarcasmo, battute e a volte qualche «scazzottata» su argomenti caldi, nella seconda sarebbe previsto il rispetto di un codice non scritto di buone maniere, anche per non offendere la platea a cui ci si rivolge. Una regola che evidentemente è sfuggita ad alcuni consiglieri del Comune di Lentate sul Seveso, nel cuore della Brianza, i cui commenti alla foto della sindaca Laura Ferrari, ritratta con l'assessora al Bilancio appena nominata, Barbara Russo, sono risultati più che sessisti. Le due donne sono state paragonate alle bambole giocattolo Barbie e Tanya, come se il loro colore di capelli e il loro aspetto fosse qualcosa di cui potersi prendere gioco.
«Al di là del sessismo mi chiedo: c'è ancora bisogno di certi commenti?», dice la sindaca Laura Ferrari a Grazia. La vicenda, riportata nei giorni scorsi, ha suscitato un dibattito oltre all'accusa di scarsa ironia rivolta alla sindaca quando ha reso noto il suo disappunto. «Sono due le cose che mi hanno dato particolarmente fastidio nei commenti e nei «like» che questi hanno ricevuto. Premesso che a ogni donna piace ricevere un complimento e che non ho mai fatto nulla per nascondere la mia femminilità, non sono la velina di turno in cerca di plauso, sono sindaca di un Comune e prima che sessista quel commento è fuori contesto oltre che maleducato. Aggiungo poi che i «like» sono arrivati dalla parte politica che è all'opposizione, da chi si spende spesso in difesa delle donne. Tanto peggio. Mi chiedo quanta ipocrisia ci sia nel professarsi paladini dei diritti delle donne, quando poi non si perde occasione per commentare in modo allusivo. Sono un'avvocata, mi occupo di diritto di famiglia e ora più che mai è importante aiutare le donne a emergere da situazioni di disagio. In questi mesi complicati ho ricevuto messaggi di madri, e di tante donne, che mi raccontano di sentirsi emarginate, invisibili, deboli, in balia di fidanzati e mariti. Sono sindaca dal 2017, in un Comune sopra i 15 mila abitanti nel cuore della Brianza, non ho padroni politici, devo rispondere solo ai cittadini e questo mi rende libera. Purtroppo in giunta le donne sono solo due su sei membri, perché esporsi in una realtà locale significa essere un bersaglio continuo. E sminuire l'altro sesso, anche con messaggi di questo tipo, rivela il lato oscuro di una mentalità retrograda che mostra l'insicurezza di molti uomini oltre a una scarsa sensibilità».
Essere belle è ancora una condizione che impone di dover dimostrare di valere di più? «A dir la verità è stata la prima cosa che ho chiesto a me stessa, ma non è giusto e soprattutto non è così che si affronta un impegno istituzionale. Dobbiamo essere libere di essere quello che siamo senza aver paura del giudizio. Questa vicenda mi ha insegnato ancora una volta che quando pensiamo di aver fatto tanto sul fronte del rispetto, è il momento di fare ancora di più. E allora staniamo gli omuncoli».
Lucia Valerio



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