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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Gennariello

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Numero 2 del 2021

Titolo: Storie di Carnevale

Autore: Redazionale


Articolo:
Tanto tempo fa...
Re Carnevale, sovrano forte e potente, governava un vasto regno con saggezza e somma giustizia. Le porte del suo palazzo erano sempre aperte e chiunque poteva entrare nelle cucine della reggia, fornitissime di cibi prelibati, e saziarsi a volontà. Ma i sudditi, invece di rallegrarsi di avere un sovrano così generoso, approfittarono del suo buon cuore e a poco a poco si presero tanta confidenza, da costringere il povero re a non uscire più dal suo palazzo per non essere fatto oggetto di beffe e insulti. Egli allora si ritirò in cucina e lì rimase nascosto, mangiando e bevendo in continuazione. Ma un brutto giorno, era sabato, dopo essersi abbuffato più del solito, cominciò a sentirsi male.
Grasso come un pallone, il volto paonazzo e il ventre gonfio, capì che stava per morire: la sua ingordigia lo aveva rovinato. Tutto sommato era felice per la vita allegra che aveva condotto, ma non voleva andarsene così, solo, abbandonato da tutti, proprio lui, il potente Re Carnevale... Si ricordò allora di avere una sorella, una bella donnina fragile, snella, un po' delicatina, ma sempre pulita e profumata (eh sì, era davvero diversa quella sorella di nome Quaresima!) che lui, un giorno, aveva cacciato da corte. La mandò a chiamare e lei, generosa, accorse: gli promise di assisterlo e di farlo vivere altri tre giorni, domenica, lunedì e martedì, ma in cambio pretese di essere l'erede del regno. Re Carnevale accettò e passò gli ultimi tre giorni della sua vita divertendosi il più possibile. Morì la sera del martedì e sul trono, come precedentemente avevano stabilito, salì Quaresima; prese in mano le redini del regno e governò il popolo con leggi dure e severe, ma in fondo benefiche.

Il costume di Arlecchino
A scuola i bambini si preparavano alla festa di Carnevale. Chi ritagliava striscioline di carta, per farne lunghe catene con cui adornare l'aula. Chi disegnava fiori da applicare ai vetri delle finestre. Chi, infine, preparava sacchetti di coriandoli di mille colori. E ognuno diceva la sua.
«L'ultimo giorno di Carnevale veniamo tutti, a scuola, vestiti in maschera!».
«Io mi vesto da pirata!».
«Io da astronauta!».
«Io da pastorella!».
«Io da damina incipriata!».
«Io da moschettiere!».
E così tutti erano allegri e pregustavano la gioia di indossare costumi, abbondantemente guarniti di trine, di nastri e di lustrini, che ritenevano fantastici.
Solo, in un angolo, un bambino ascoltava e taceva. Una compagna gli chiese: «E tu, Arlecchino, che costume hai scelto?».
«Io non posso vestirmi in maschera. La mamma non ha denari per comprarmi il vestito...».
I compagni, a questa risposta, si fecero pensierosi e infine trovarono una soluzione che permettesse, anche ad Arlecchino, di vestirsi in maschera: «Domani, ognuno di noi porti un avanzo di stoffa del suo costume, la mamma di Arlecchino li cucirà insieme e ci farà un abito da maschera».
Il giorno seguente, la gioia di offrire il piccolo dono fu guastata dalla constatazione che ogni pezzetto era di diverso colore. Ma Arlecchino non si perse d'animo, sapeva che sua madre faceva miracoli con l'ago. Infatti, con santa pazienza, tagliò i pezzetti a scacchi e li unì, studiando con molto buon gusto l'accostamento delle tinte. Ne venne, così, fuori, in una festa di colori, il più grazioso costume che si fosse mai visto.



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