Numero 1 del 2021
Titolo: Medicina- Essere fedeli aiuta a vivere più a lungo perché lo stress diminuisce
Autore: Cesare Peccarisi
Articolo:
(da «Corriere Salute» del 18 dicembre 2020)
Questa «dote» è stata probabilmente selezionata sul piano evolutivo perché avvantaggia non solo in termini di quantità di anni ma anche di qualità della vita.
Uno studio appena pubblicato sulla rivista Biological Sciences conferma l'ipotesi formulata nel 2016 dalla psichiatra americana Shana Cole, dell'Università di New York, per spiegare come facciamo a restare fedeli: non abbiamo occhi che per il nostro partner, cosicché anche la più suadente delle avventure extra-coniugali perde ogni fascino.
Il segreto della fedeltà
Per i libertini come Don Giovanni o Casanova il problema, diceva nel 1800 il filosofo danese Soren Kierkegaard, non è tanto sedurre una ragazza, quanto trovarne una degna di essere sedotta. Chi è fedele ha un problema simile, ma per motivi opposti: nella sua mente scatta un meccanismo che la psichiatra newyorchese ha chiamato perceptual downgrading effect, cioè effetto di declassamento percettivo che è tanto più forte quanto più la relazione col proprio partner è soddisfacente. Quando si è appagati dalla propria vita di coppia non si troverà mai nessuna più interessante, più bella o più amabile della propria compagna o, nel caso di una donna, del proprio compagno. Il fenomeno rimanda al noto detto napoletano «ogni scarafaggio piace a sua madre» che in una libera rivisitazione psicologica in questo caso potrebbe diventare: «ogni scarafaggio piace a sua moglie».
Meccanismi protettivi di autocontrollo
Ma perché si è sviluppato questo meccanismo? Le psichiatre dirette da Shana Cole nel loro studio dal titolo emblematico «In the Eye of the Betrothed» cioè «Negli occhi dei Promessi Sposi» che a noi italiani ricorda l'amore romantico di Renzo e Lucia della famosa opera di Manzoni, si limitano a definire questo comportamento come un'alterazione percettiva indotta da meccanismi inconsci di autocontrollo volti a proteggere obiettivi di lungo termine, come può essere appunto il matrimonio.
Vantaggio evolutivo: la longevità
Il vero motivo sembra fornirlo lo studio ora pubblicato dai ricercatori Usa delle Università Duke, Notre Dame e Princeton, diretti da Susan Alberts che indica come questo tipo di comportamento si sia mantenuto fin dalla preistoria perché offre un importante vantaggio evolutivo: la longevità. Gli studiosi ne hanno trovato conferma in 540 scimmie studiate per 35 anni nell'Amboseli National Park del Kenya: i primati che mantenevano un rapporto stabile con il partner per tutta la vita avevano un'aspettativa di vita aumentata del 28 per cento rispetto ai soggetti più libertini.
Un vantaggio soprattutto per i maschi
A guadagnarci sono soprattutto i maschi che, ai fini della riproduzione, possono così sfruttare sia i loro primi anni fecondi, sia quelli della vecchiaia. Oltre metà di queste scimmie in genere muore dopo l'età feconda che va dagli 8 ai 13 anni. Ma nei più fedeli s'instaurano assestamenti fisiologici di lunga vita che consentono di aggiungere anni alla vita e vita agli anni. Sviluppano un buon controllo della glicemia, del ritmo cardiaco e una minor attivazione dell'asse Hpa, acronimo di Hypothalamic-Pituitary-Adrenal axis, cioè asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il sistema di controllo della risposta neuroendocrina allo stress e quindi dell'omeostasi corporea.
La spiegazione arriva da lontano
«In che modo gli atteggiamenti comportamentali vengono interiorizzati per far aumentare l'aspettativa di vita?» si chiede la professoressa Susan Alberts della Duke University, principale autrice dello studio. «Ancora non lo sappiamo, ma è una delle scatole nere più meravigliose che ho incontrato. Ci vorranno altri studi per capire come i legami più stretti riescano a influire sui meccanismi fisiologici per allungare la durata della vita, ma tutto suggerisce che il loro potente effetto ha profonde radici evolutive nell'albero genealogico dei primati».
Gli amici fedeli
Anche la fedeltà nelle amicizie sembra avere effetti simili per quanto meno forti rispetto alla fedeltà di coppia: nei macachi, ad esempio, coltivare strette amicizie con amici riduce l'attivazione dell'asse Hpa con conseguente maggior protezione verso gli stress sociali e ambientali. L'ha scoperto a luglio un altro gruppo di ricercatori austro-tedesco-olandesi diretti da Jorg Nassen dell'Università di Utrecht che hanno pubblicato sugli atti della Royal Society of Science uno studio sui macachi dalla coda lunga (macaca fascicularis) evidenziando come solo quando uno di questi primati svolge un compito, ad esempio una battuta di caccia, insieme a un amico stretto piuttosto che con un altro membro del gruppo, nella sua saliva si rilevi una scarsa concentrazione di cortisolo (il cosiddetto ormone dello stress), un segno che indica ridotta attivazione Hpa.
Più affetti uguale meno cortisolo
Anche nell'uomo l'eccesso di cortisolo è sempre da evitare perché l'iper-cortisolemia induce molti effetti nocivi come ipertensione, obesità, debolezza muscolare, intolleranza agli zuccheri fino al diabete, eccetera. Se vogliamo seguire le teorie darwiniane secondo cui deriviamo dalle scimmie, la fedeltà, sia in amore che nelle amicizie, ci ripaga dunque in salute e longevità. Senza contare i «ristori» psicologici che elargisce sia all'uomo sia alla donna.
Cesare Peccarisi