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Il Progresso

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Numero 24 del 2020

Titolo: Scienza- Dai neutrini i segreti che fanno brillare le stelle

Autore: Enrica Battifoglia


Articolo:
(da «Ansa.it» del 26 novembre 2020)
Non ha più segreti il motore che fa brillare le stelle, soprattutto quelle che hanno una massa maggiore rispetto a quella del Sole e che sono le più numerose nell'universo. A rivelarlo sono stati i neutrini, le particelle inafferrabili che dal cuore del Sole hanno raggiunto il rivelatore dell'esperimento internazionale Borexino, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). È un risultato «di valore storico», ha rilevato l'Infn, e che fornisce «l'evidenza sperimentale di quello che di fatto è il canale dominante nell'universo per la combustione dell'idrogeno». Per questo la rivista Nature ha dedicato la copertina alla scoperta.
«Per la prima volta sappiamo come e perché le stelle brillano», ha detto all'Ansa il «papà» dell'esperimento Borexino, Gianpaolo Bellini, dell'Università di Milano e ricercatore dell'Infn.
Borexino è quindi un esperimento che parla italiano, con un contributo dell'università di Princeton e il cui principale finanziatore è l'Infn, con l'americana National Science Foundation (Nsf) e alcune agenzie tedesche.
«Siamo riusciti a dimostrare non solo perché brilla il Sole, ma come brillano le stelle, soprattutto quelle massive, che sono le più comuni nell'universo», ha detto ancora Bellini.
Le ultime misure risalgono a circa tre anni fa e avevano dato un quadro completo delle reazioni di fusione nucleare fra protoni che avvengono nel Sole e che producono il 99% dell'energia, impedendo alla nostra stella di implodere a causa della gravità della sua materia, dieci volte più densa del piombo. La sfida era scoprire l'origine del restante 1% ed è quanto è riuscito a fare l'esperimento Borexino. Nel 1938 era stata formulata l'ipotesi secondo cui le stelle con una massa superiore di almeno il 30% quella del Sole non avrebbero potuto esistere con ciclo basato sulle reazioni fra protoni: non avrebbero avuto una temperatura sufficiente a contrastare la forza gravitazionale.
L'ipotesi di allora, dimostrata oggi, riteneva che l'energia delle stelle massive si basasse sulla reazione carbonio-azoto-ossigeno (Cno), capace di generare temperature di dieci milioni di gradi. «Fortunatamente l'1% dell'energia del Sole è prodotta con un ciclo Cno» e «i neutrini ci portano inalterate le proprietà del centro del Sole». Per questo i neutrini solari catturati dall'esperimento Borexino hanno permesso di riconoscere le reazioni Cno. La difficoltà maggiore è stata catturare i neutrini, che non interagiscono con la materia. Basti pensare che ogni secondo 60 milioni di queste particelle fantasma provenienti dal Sole attraversano un centimetro quadrato del nostro corpo.
«Nonostante i successi eccezionali ottenuti e un rivelatore già ultrapuro, abbiamo dovuto impegnarci molto per migliorare ulteriormente la soppressione e la comprensione del bassissimo fondo residuo, in modo da riuscire a identificare i neutrini del ciclo Cno», ha detto Gioacchino Ranucci, della sezione Infn di Milano e co-portavoce di Borexino.
Per Marco Pallavicini, dell'Università di Genova, della giunta Infn e co-portavoce dell'esperimento, il risultato «è il coronamento di uno sforzo incessante, durato anni, che ci ha portato a spingere la tecnologia a scintillazione liquida oltre ogni limite precedentemente raggiunto, e a fare del cuore di Borexino il luogo meno radioattivo del mondo».



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