Numero 21 del 2020
Titolo: E adesso lasciateci comandare
Autore: Letizia Magnani
Articolo:
(da «Grazia» n. 45 del 2020)
«Il cambiamento è già ora», ne sono convinte le chirurghe italiane, tanto più dopo l'incontro avvenuto in questi giorni con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Le donne medico in Italia hanno infatti dato al Capo dello Stato il manifesto che chiede un maggior equilibrio di genere in corsia e in sala operatoria ma, ci tengono a dire, anche nelle case farmaceutiche, nei ruoli dirigenziali, insomma in tutto il settore. Il loro appello al Paese è chiaro: serve una maggior leadership femminile in sanità.
«Su 315 primari di chirurgia generale solo dieci sono donne e io sono una di loro», ricorda Micaela Piccoli, 53 anni, direttrice di Chirurgia generale dell'ospedale civile di Baggiovara a Modena. «Sono ancora tanti i pregiudizi, tutti sbagliati, su di noi. Si pensa che siamo emotive, ma è proprio con la capacità emotiva che comprendiamo di più. Oppure che siamo poco forti per stare in sala operatoria. E che la gravidanza ci può ostacolare. Niente di più falso», racconta Piccoli, che è anche vicepresidente della Società italiana di Chirurgia. «Oggi il 75 per cento degli iscritti alla facoltà di Medicina è donna e quindi il tempo di cambiare mentalità, cultura e organizzazione è adesso, prima che la sanità vada al collasso perché non sa come impiegare le professioniste del domani».
Nasce con la voglia di fare una rivoluzione in rosa il Network Donne Leader in Sanità (donneleaderinsanita.it), che raccoglie le professionalità in camice bianco della sanità pubblica, privata, delle multinazionali e del mondo universitario. «I ruoli più alti nella sanità sono ancora ricoperti dagli uomini», racconta a «Grazia» Celeste Condorelli, top manager del settore. A 52 anni è l'amministratrice delegata del Gemelli Molise, una struttura privata con 400 dipendenti, un polo di eccellenza nella cardiochirurgia collegato all'ospedale Gemelli di Roma e all'Università Cattolica. «Certo che è più faticoso essere madre e manager, soprattutto in un settore come il nostro, ma non è impossibile. Il manifesto dice esattamente questo: proviamo a fare un salto, un cambiamento culturale e tendiamo a ricercare maggior equità in sanità. Non è sempre facile, perché è un settore ancora molto maschile e maschilista, ma la rivoluzione è già in atto e parte dalle piccole cose, come usare il femminile per i ruoli - ho fatto scrivere amministratrice delegata ovunque - o dare pari opportunità nei colloqui alle donne».
È quello che ha fatto. Infatti, al Gemelli Molise la direttrice sanitaria è una donna, Giovanna Spicca. «È difficile farsi accettare come capo dai colleghi maschi. Non sempre siamo riconosciute», dice lei. «Non ne faccio una questione generale, ma capita spesso che colleghi maschi mettano in discussione il tuo ruolo di superiore, cosa che fra uomini non avviene, almeno non in maniera diretta. Occorre lavorare sulle relazioni, capire chi si ha di fronte e apportare piccoli cambiamenti ogni giorno».
La sanità d'altra parte è rosa. L'emergenza Covid lo ha mostrato con evidenza. Il «manifesto» lo ricorda, senza trascurare il fatto che, almeno nella fase iniziale, nel Comitato tecnico scientifico istituito dal governo per dare indicazioni sull'emergenza non erano state chiamate donne. «Segno di una cultura da cambiare», sottolinea Isabella Frigerio, chirurga del pancreas in uno degli ospedali di eccellenza al mondo, la Casa di Cura Pederzoli di Peschiera del Garda (Verona). «L'incontro con il presidente Mattarella per noi è stato fondamentale», spiega Frigerio, «perché il settore sta cambiando e quindi devono mutare le logiche su cui si basa. E ai tavoli nei quali si decide il cambiamento devono sedere anche le donne. In chirurgia le donne sono brave quanto gli uomini. È ora di superare i pregiudizi, come quello che serva forza fisica. Non è così, servono attenzione, precisione, concentrazione, tutte qualità nelle quali le donne eccellono». Equità di genere in corsia e ai tavoli decisionali è quanto chiede Women in Surgery, l'associazione fondata cinque anni fa da Isabella Frigerio e Gaya Spolverato, chirurga oncologa a Padova e ricercatrice all'università. Dopo anni negli Stati Uniti, a Baltimora e a New York, Spolverato ha deciso di tornare in Italia per cambiare le cose. «Qui mancano mentori, esempi femminili e spesso momenti di confronto. L'equità di genere si ottiene cambiando anche queste prassi. Nei congressi internazionali ognuna· di noi deve suggerire almeno una collega donna, solo così possiamo davvero cambiare. La storia della chirurgia e della medicina è plasmata su tempi e modelli maschili, ma la nuova generazione di medici è già in buona parte donna, per questo occorre cambiare passo».
Il «manifesto» si propone di avere nel giro di qualche anno almeno il 40 per cento di donne nelle posizioni più alte delle organizzazioni pubbliche e private della Sanità. Fra le prime firmatarie c'è Marina D'Artibale, consulente del settore e docente alla Luiss Business School. «Il tema dei processi è fondamentale per il cambiamento in sanità, come negli altri settori. Nel nostro mondo pesano pregiudizi di genere; per esempio c'è un'agenda maschile su come fare le cose, ma donne e uomini hanno tempi diversi», dice. «Se una donna decide di avere un figlio e anche di fare carriera e di diventare primario, deve faticare il doppio, talvolta il triplo. Molte un tempo rinunciavano in partenza. La nuova generazione di mediche, invece, vuole poter portare avanti vita privata e carriera. Per questo va cambiato il modo di lavorare».
Letizia Magnani