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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 9 del 2020

Titolo: IPOVISIONE- Le persone ipovedenti

Autore: Mauro Favaloro - Maria Pia Ponte


Articolo:
Ripensare alla relazione di aiuto nel post Coronavirus

L'esperienza della pandemia ha messo in evidenza la vulnerabilità fisica e psicologica delle persone disabili, particolarmente esposte al contagio, confinate in casa e in gran parte prive del supporto dei professionisti e dei volontari normalmente fruito.
Questo contributo concerne le persone con disabilità visiva e si propone di evidenziare le difficoltà aggiuntive da loro sperimentate in questo periodo. Si vuole, in particolare, portare l'attenzione sugli aspetti pratici e psicologici che entrano in gioco quando una persona vedente cerca di aiutare chi è portatore di difficoltà visive.
Va notato che è stata proprio la pandemia, confinando in casa psicologi e orientatori di movimento, a fornire il tempo e l'occasione di una riflessione sulle modalità di aiuto necessarie in questa fase. Tale riflessione ha portato alla attivazione di interventi di sostegno telefonico a distanza e alla messa a punto di appositi vademecum (vedi ad esempio Martino Zavagno, Laura Brera "Lavoro, mobilità e vita quotidiana della persona con disabilità visiva durante la fase 2 della emergenza Covid 19" http://www.aniomap.it/pdf/Disabilit%C3%A0visiva_COVID19.pdf) in grado di orientare sia le persone con disabilità visiva che le persone vedenti che si relazionano a loro.
La disabilità visiva si presenta sostanzialmente con due tipologie: i non vedenti (o ciechi) e gli ipovedenti. Su questi ultimi concentreremo particolarmente l'attenzione.
La persona priva della vista usa in genere in maniera efficace tutti gli altri sensi, mentre la persona ipovedente cerca di utilizzare al meglio anche il proprio residuo visivo.
La condizione di ipovedenza è estremamente variegata per tipologia e gravità dei sintomi.
Un ipovedente, a differenza di un cieco, riconoscibile dall'utilizzo del cane guida o dal bastone bianco non è immediatamente individuabile.
Possiamo incontrarlo seduto al tavolino di un bar mentre legge un giornale e percepirlo come normodotato, tuttavia quando si alza per andarsene, il suo deficit si manifesta: i suoi movimenti sono rallentati e spesso incerti, perché la sua attenzione è indirizzata a individuare eventuali pericoli.
Tanti altri sono i problemi degli ipovedenti che si rivelano nella quotidianità:
- la mancata di percezione della profondità. Questa si traduce nella difficoltà a valutare lo spazio fra due persone, fra se stesso ed un oggetto, nella difficoltà di individuare uno scalino in discesa (lo vedremo aiutarsi con un piede in avanscoperta), nella difficoltà di trovarsi in zone pedonali affollate dove spesso sfrecciano biciclette;
- la limitazione del campo visivo (visione periferica o centrale) comporta spesso che l'ipovedente percepisca in ritardo i rallentamenti improvvisi di coloro che gli stanno davanti finendo talvolta col tamponarli involontariamente;
- la difficoltà di passare da un ambiente luminoso ad uno in ombra: per alcuni secondi, l'ipovedente resta "al buio" e deve necessariamente fermarsi, o rallentare, in attesa che la visione si ristabilisca. La luce solare diretta e intensa viene percepita da alcuni ipovedenti, come un vero e proprio "colpo" in pieno volto, di tale intensità da provocare addirittura dolore.
Si pensi dunque a quanto sia stressante la vita quotidiana per un ipovedente che per necessità lavorativa e/o personale, si sposta in contesti urbani complessi, utilizzando mezzi pubblici, quali metro e bus o attraversando stazioni affollate.
In situazioni analoghe, invece, il cieco può utilizzare proficuamente il bastone bianco, sia come strumento di indagine della realtà circostante sia come unità di misura distanziale, sia per potere essere individuato ed evitato dagli altri. Un non vedente ha brevemente sintetizzato: "senza bastone sei tu a dovere vedere gli altri, con il bastone sono gli altri a vedere te".
Se la qualità di vita di una persona con disabilità visiva è abbastanza impegnativa in tempi ordinari, si immaginino le difficoltà incontrate nelle varie fasi del Covid-19.
Si pensi al mantenimento della distanza sociale, alle mascherine e guanti obbligatori, alle regolamentazioni degli accessi agli esercizi commerciali, alla segnalazione di percorsi di transito in aree di pubblica fruizione, alla individuazione di posti a sedere sui mezzi pubblici, alla demarcazione delle aree in cui sostare alla fermata dell'autobus. Tutte soluzioni pensate per cittadini normodotati e realizzate mediante indicazioni solo visive.
Tutto ciò ha messo a dura prova la tenacia e lo spirito di adattamento di ogni persona con disabilità visiva che ha potuto riscontrare la non sufficiente adeguatezza delle usuali strategie utilizzate.
Le difficoltà citate, i cambiamenti ambientali, l'impossibilità di valutare bene se i propri interlocutori indossano la mascherina e mantengono la distanza, hanno rivelato, nel loro insieme, come le persone con disabilità visive siano state e siano ancora maggiormente esposte al rischio di contagio e si trovino frequentemente ad avere necessità di aiuto.
È quindi particolarmente importante che le persone vedenti offrano il loro sostegno, non solo per superare difficoltà pratiche, ma anche per fare sentire che vi è una solidarietà attiva tanto più efficace quanto competente.
Di seguito verranno indicati alcuni suggerimenti per individuare le persone con disabilità in difficoltà e per essere loro d'aiuto, prestando anche attenzione alle componenti psicologiche che vengono messe in gioco nel momento in cui si entra in relazione.
Segnali di difficoltà
Va fatta attenzione ai segnali corporei che indicano difficolta: l'arrestarsi improvviso, l'irrigidimento di parte del corpo, il muoversi in modo eccessivamente lento o circospetto, il protendere delle mani in avanti per esplorare lo spazio, certe posture che indicano disorientamento, espressioni facciali di tensione.
Quelli descritti sono evidenti segnali di disagio e possibili indicatori di una necessità di aiuto.
Come avvicinarsi alla persona con disabilità visiva in difficoltà
È utile avvicinarsi utilizzando frasi come "Tutto bene?", "Posso esserle d'aiuto in qualche modo?". Una volta ottenuto il consenso si tratta di evitare interventi precipitosi e maldestri, lasciando alla persona disabile visiva la possibilità/responsabilità di indicare ciò di cui ha bisogno. In questo modo potrà sentirsi rassicurato e in controllo della situazione.
Il tono della voce dovrà essere rassicurante e modulato a seconda del contesto dove ci si trova in modo che il messaggio possa essere ben individuabile tra gli eventuali rumori di fondo.
Sarebbe opportuno dare indicazioni rassicuranti sulla reciproca protezione con frasi come: "Non si preoccupi, indosso la mascherina e tengo la distanza, a meno che lei non abbia bisogno che mi avvicini".
Talvolta la persona può rispondere negativamente perché si sente di avere il controllo della situazione, mentre magari non si è accorta di un possibile problema incombente. In tal caso si può precisare il motivo dell'offerta di aiuto (ad esempio, in un negozio, "mi scusi ma ho notato che è richiesto l'uso dell'igienizzante ma qui non è semplice trovarlo").
Va sempre tenuto conto che il cieco non può associare a ciò che viene detto i messaggi non verbali (ad esempio la direzione dello sguardo e il movimento della mano di chi dà indicazioni) e anche molti ipovedenti hanno grande difficoltà a farlo.
Quindi è meglio usare indicazioni pratiche, chiare e precise (ad esempio "alla sua destra" e "alla sua sinistra" invece di qui e là, "davanti a lei, all'altezza delle sue mani" invece che "lì davanti") per indicare un oggetto o un luogo.
Aspetti psicologici nella relazione di aiuto
Ciascuna persona con disabilità visiva ha maturato nel corso della sua vita una propria visione di se stesso e di come relazionarsi agli altri. Questa visione si riflette sul modo e sulla coloritura emotiva con cui nelle situazioni di difficoltà si rapporterà con la persona che offre aiuto. Per qualcuno l'aiuto può essere un diritto da esigere, per altri una proposta da accogliere con sollievo e benevolenza, oppure qualcosa da respingere o da accettare a denti stretti perché vissuta come una insopportabile sottolineatura dei propri limiti, infine anche come un'esperienza da vivere con qualche diffidenza.
A sua volta ciascun vedente ha una propria visione dell'aiutare gli altri. C'è chi è frenato dall'imbarazzo, chi si lancia senza riflettere troppo, chi è mosso dalla ricerca di una gratificante riconoscenza, chi si muove naturalmente con discrezione e rispetto.
Dall'intreccio di questi diversi fattori e dalla capacità e sensibilità di chi aiuta e di chi è aiutato di sapersi reciprocamente ricalibrare sul modo di approcciarsi dell'altro, dipende l'efficacia dell'intervento e il buon esito della esperienza di aiuto.
Quando le circostanze richiedono di dare un sostegno anche fisico alla persona con disabilità visiva (ad esempio, prendendola sottobraccio per accompagnarla) va tenuto presente che il contatto fisico per chi lo riceve può avere una rilevanza diversa tra uomo e donna. Pertanto è importante prestare attenzione a come la persona aiutata reagisce al contatto. Anche qui è utile chiedere conferma sulla appropriatezza della modalità utilizzata. Infatti si può prendere sottobraccio in modi diversi: dal lieve contatto di due dita ad una presa più decisa e ravvicinata.
Mentre si accompagna, il passo va coordinato con quello della persona aiutata per potere guidare senza trascinare. Va tenuto presente che l'ipovedente non sempre si affida totalmente, ma cerca di utilizzare il suo residuo visivo (ad esempio, attraversando una strada può trattenere il proprio accompagnatore perché vede arrivare una macchina).
È utile in questo caso che l'accompagnatore non legga questo comportamento come una mancanza di fiducia, ma come un riflesso istintivo o un desiderio di collaborare.
Va tenuto conto che la persona con disabilità visiva ha sperimentato, come tutti, il turbamento emotivo prodotto dalla pandemia e può avere sofferto della delimitazione delle relazioni sociali. Nei più anziani e nelle persone che vivono da sole, in particolare, non possono essere mancate le angosce di morte o il timore di essere contagiati e di morire senza potere salutare i propri cari. In quella fase coloro i quali costituivano la rete di relazione possono essere stati di fondamentale sostegno, ma in alcuni casi possono avere deluso le aspettative della persona con disabilità visiva, magari solo perché troppo assorbiti dalle proprie difficoltà emotive e pratiche. Il tempo della ripresa dei rapporti sociali può essere quindi tempo di riparazione di relazioni danneggiate.
In molti altri casi la convivenza prolungata durante la clausura, il maggiore tempo dedicato alla riflessione, o anche l'insieme di nuove e mirate opportunità offerte dai social media, possono avere avuto l'effetto di rafforzare la fiducia in se stessi e la qualità delle relazioni.
Chi invece ha vissuto traumi, angosce e ferite psicologiche importanti potrà verificare che non spariranno semplicemente con la ripresa dei contatti sociali e della libertà di movimento. La ripresa dei rapporti in una situazione sanitaria in cui il contagio non è stato ancora debellato e dove permangono una serie di limitazioni, può infatti lasciare inquietudini e insicurezze. Tornare a stare vicini agli altri porta interrogativi sul come e sul quanto. E non vanno dimenticate le eventuali preoccupazioni aggiuntive legate al lavoro e alle condizioni economiche che possono investire direttamente la persona e i suoi familiari.
Quando per chi ha una disabilità visiva (come per gli altri) il disagio di vivere si fa troppo doloroso ed angosciante, allora è importante considerare che si ha bisogno di un aiuto più strutturato, aiuto che può essere assicurato da una pluralità di opportunità: consulenza psicologica, psicoterapia (anche on line) e gruppi di auto mutuo aiuto.
Va inoltre considerato lo sportello di ascolto telefonico gratuito, operativo in tutta Italia attivato dall'UICI avvalendosi degli psicologi aderenti al progetto "Stessa strada per crescere insieme".
I nominativi dei professionisti e le indicazioni per il contatto telefonico sono accessibili al link:
http://www.uiciechi.it/Psicologi/
ascolto_psicologico.asp?fbclid=IwAR2asJJxZEdukT0Y7jc09moemJvJueqv-XbfGY1MkUBqK9cfXXx
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*Mauro Favaloro - Psicologo, psicoterapeuta, Coordinatore del progetto "Stessa strada per crescere insieme"
*Maria Pia Ponte - Ideatrice e coordinatrice del progetto A.M.A.I (Auto Mutuo Aiuto Ipovedenti)



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