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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 9 del 2020

Titolo: ATTUALITÀ- Assistenti alla comunicazione

Autore: Pisanò Nicoletta e Nevano Carmela


Articolo:
Pisanò Nicoletta e Nevano Carmela - Centro di Consulenza Tiflodidattica di Napoli
Foto: Marzia Bertelli

Chi sono? Cosa fanno? Un'esperienza di buone prassi

L'Assistente alla comunicazione è una figura professionale prevista dalla L. 104/1992, art. 13 comma 3 e dal DPR 616/77, art. 42 comma 2, ma poco conosciuta nelle sue funzioni specifiche e di conseguenza, scarsamente impiegata per studentesse e studenti con disabilità riconosciuti nello stato di gravità dall'art. 3 comma 3 L. 104/92.
La scarsa familiarità con questa figura professionale si deve ad alcuni fattori: la normativa che specifica poco i requisiti formativi di cui devono essere in possesso i professionisti per accedervi, l'area di intervento educativo a loro dedicata nel progetto formativo ad personam e l'inquadramento economico e contrattuale.
È quindi necessario fare una lettura integrata della normativa per comprendere meglio chi è, e cosa fa, l'assistente alla comunicazione che affianca la singola studentessa e studente in aggiunta all'assistente igienico-personale e agli insegnanti di sostegno e curricolari, a garanzia dell'integrazione sociale e scolastica. La funzione dell'assistente alla comunicazione è quindi quella di facilitare lo scambio relazionale basato sulla comunicazione con insegnanti, compagni e contesto sociale nel quale è inserita la studentessa o lo studente secondo gli obiettivi descritti nel PEI che ha contribuito a compilare.
Per lungo tempo si è interpretata la normativa che istituisce l'assistente alla comunicazione in modo restrittivo, considerando questa figura come necessaria solo alle disabilità sensoriali, ma le nuove strategie didattiche rivolte alla pluridisabilità, i DSA con certificazione, l'autismo e altre fragilità psico-fisiche, hanno fatto emergere la necessità di un facilitatore della comunicazione anche per studenti con diverse tipologie di diagnosi che usano strategie comunicative non convenzionali, come la comunicazione alternativa aumentativa e modalità comunicative integrate con l'impiego di ausili compensativi o informatici, a garanzia del diritto all'istruzione di ogni persona in età evolutiva previsto dalla Costituzione.
Chi decide se questa figura professionale è necessaria a scuola?
La necessità dell'assistente alla comunicazione è valutata dall'unità multidisciplinare deputata all'integrazione scolastica durante la stesura del Profilo di Funzionamento, secondo i criteri ICF-YC dell'OMS (D. Lgs. 66/2017 art.5), sentito il parere dei genitori e di un rappresentante della scuola frequentata dalla studentessa o dallo studente, con l'intento di mettere in campo tutte le competenze professionali e le risorse strutturali necessarie per l'inclusione. Spetterà poi al Gruppo di Lavoro per l'Inclusione scolastica (GLI) completare la modalità di inserimento di questa figura professionale nel piano didattico sulla base delle necessità specifiche, mentre il Dirigente scolastico richiederà all'Ente Pubblico Territoriale di provvedere a fornire la figura professionale individuata.
L'assistente alla comunicazione assume quindi nella scuola un ruolo sempre più specialistico, complementare alle competenze dell'insegnante di sostegno, essendo spesso l'unico detentore di una competenza altamente specifica. Il suo lavoro diventa, quindi, integrativo della buona riuscita dell'attività didattica, in sinergia con tutte le figure preposte all'insegnamento.
A tale figura professionale sono richieste competenze tiflodidattiche, la conoscenza del Braille e dei fondamenti dello sviluppo psicofisico del bambino nato cieco e ipovedente. Competenze base che un insegnante di sostegno può non aver approfondito nel percorso formativo, ma che sono indispensabili per l'assistente.
A Napoli la chiusura dell'Istituto Martuscelli, scuola speciale per disabili visivi oltre che polo educativo e riabilitativo, ha portato alla completa integrazione dei ragazzi con disabilità visiva nella scuola comune, ma ha disperso in modo incontrollato il personale specialistico e le competenze professionali acquisite negli anni.
Venendo a mancare un polo specialistico che coprisse l'area scolastica, la Commissione Istruzione della sezione UICI Napoli in collaborazione con il Centro di Consulenza Tiflodidattica (CCT Na), negli ultimi anni ha promosso verso le scuole un modello didattico che supera l'aspetto nozionistico, pur indispensabile, a favore di un approccio orientato allo sviluppo umano, relazionale e che tenga conto della specificità dello studente avviando un processo di ampliamento dei servizi tradizionalmente proposti. La consulenza di entrambi i servizi si è orientata alla promozione delle autonomie e dell'inclusione nel tessuto sociale e relazionale della scuola e della classe, nella consapevolezza che questi obiettivi non devono gravare tutti sui docenti, ma possono essere progettati e condivisi con gli assistenti alla comunicazione, fornendo alle scuole le indicazioni necessarie per attivare le procedure di richiesta presso gli enti locali di questa figura professionale.
Le famiglie sono state coinvolte in questo percorso di informazione in modo da renderle consapevoli della possibilità di ottenere l'assistente di cui hanno diritto i figli e del suo significato educativo.
La necessità delle scuole di avere a disposizione Assistenti specializzati non trova, però, una risposta adeguata in termini di personale opportunamente formato, e quello che viene chiamato per sopperire la carenza ha spesso una formazione generica e parziale. Le ragioni di questa situazione sono da ricercare nella poca chiarezza della L. 104 che demanda agli enti locali la gestione amministrativa, indicando come unico criterio indispensabile un diploma superiore senza specificarne l'indirizzo di studio e indicando l'utenza a cui è rivolto il servizio come unico criterio per la selezione del personale, ovvero possedere competenze nella sola disabilità sensoriale. Come abbiamo detto l'interpretazione allargata della normativa ha permesso di far rientrare in questo servizio tutti gli studenti che si trovano nelle condizioni di avere la necessità di utilizzare una comunicazione specifica, ma essendo la stessa normativa poco dettagliata, può essere disattesa senza nessuna conseguenza di rilievo.
In questo contesto gli enti locali, in ragione dell'autonomia amministrativa di cui godono, scelgono come gestire il servizio degli assistenti. Attualmente le soluzioni più frequenti sono di appaltare la gestione del servizio alle cooperative, oppure di versare il contributo economico alle scuole in rapporto al numero di studenti previsti per l'anno scolastico frequentato. La scuola indice una selezione dei candidati che rispondono alle indicazioni della L. 104, con l'aggiunta di altri criteri ritenuti indispensabili per garantire il migliore servizio possibile ai propri studenti; le cooperative si basano su criteri simili ma con modalità diverse da cooperativa a cooperativa.
La formazione specifica rimane sempre il punto critico alla base del problema.
Da questa riflessione condivisa tra il CCT di Napoli e la Commissione Istruzione della sezione dell'UICI di Napoli è nata l'idea di lanciare un progetto pilota con obiettivo la formazione di educatori con competenze tiflodidattiche da proporre poi alle scuole frequentate da alunni con disabilità visiva. Educatori che rispondessero ai requisiti richiesti dalla normativa e in più avessero competenze sui fondamenti della tiflodidattica trovando nel CCT un punto di riferimento facilmente raggiungibile per la consulenza e supervisione.
È nato così nel 2019 un progetto di formazione rivolto a sei candidati che, oltre ai requisiti di legge, avessero un anno di frequentazione dell'UICI di Napoli e conoscenza del Braille.
Il corso della durata di tre mesi, si è svolto con lezioni teoriche frontali e con l'utilizzo del materiale tiflodidattico in dotazione al CCT, prevedendo discussione di casi e simulate di lezioni. Un obiettivo ambizioso per essere un progetto pilota, dove il fattore umano ha contribuito al successo e che si è concluso con un'altissima frequenza, oltre alla consapevolezza che le nozioni acquisite, come semi, aspettassero l'occasione per germogliare.
L'occasione è arrivata alla fine dell'anno scolastico, o meglio alla non-fine a causa della pandemia, e si è concretizzata in un'esperienza che volevamo fosse compensativa della deprivazione sociale che la DAD e il lockdown avevano causato.
Gli educatori formati sono stati così coinvolti nel campo estivo 2020, coordinato dal CCT in sinergia con la sezione dell'UICI e con la sponsorizzazione della Fondazione Strachan Rodinò. L'esperienza estiva si è arricchita della possibilità di sperimentarsi con lo strumento della macchina fotografica, proposta dalla fotografa Marzia Bertelli (sue le foto dell'articolo). Esperienza dove gli operatori hanno messo in pratica gli apprendimenti teorici studiati, ognuno secondo le proprie competenze di base in un lavoro d'équipe.
Il campo estivo ha messo alla prova gli educatori, esattamente come accade a scuola, ma senza quella rete di protezione che il contesto scolastico offre riguardo alla prevedibilità delle difficoltà che si possono incontrare. Essere in location nuove per tutti, per quanto scelte con attenzione e dopo accurata valutazione delle possibili difficoltà, ha aiutato, ma non ridotto il margine di imprevedibilità che ogni ambiente nuovo propone alle persone con disabilità visiva. Ma se gli educatori sono preparati i piccoli inconvenienti e le difficoltà vengono risolte con creatività e collaborazione, riuscendo a dare sempre l'aiuto necessario, nella cornice dell'autonomia possibile per ogni singolo partecipante.
È stato un campo estivo educativo, dove tutti hanno imparato qualcosa, così come deve essere nelle esperienze di gruppo. Si sono create nuove amicizie tra ragazzi che non si possono frequentare perché vivono lontani e vanno in scuole diverse, creando momenti di confronto alla pari su argomenti che ancora "scottano" a livello emotivo, come la consapevolezza della propria condizione visiva. Ci sono stati litigi e dispetti come in ogni campo estivo di preadolescenti, così come altissimi momenti di condivisione della gioia di ballare e suonare tutti insieme con gli strumenti autoprodotti. I comportamenti derivati dall'emergenza COVID sono stati compensati dalla fortuna di vivere in una terra di sole e di mare come la Campania, che ha permesso di svolgere le attività all'aperto in luoghi suggestivi ricchi di stimolazioni sensoriali e dove il corpo e il movimento nello spazio sconosciuto o parzialmente percepito, lo ha fatto da padrone. E il mare è diventato un mondo da scoprire a bordo di mezzi poco noti e altamente mobili come le canoe, per pagaiare tra cielo e mare alla ricerca di una sincronia di movimenti che spinga la canoa verso il largo. E del bosco, ne vogliamo parlare? Del meraviglioso Bosco di Capodimonte, riserva di caccia reale, che ha permesso ad alcuni dei nostri ragazzi di sperimentare cosa significa rotolare giù da una collinetta, per la prima volta. Quante "prime volte" ci sono state in questa esperienza estiva! Anche la prima volta di camminare da sola, nel sottobosco degli Astroni, con il solo zaino della tua guida davanti a te a cui aggrapparti... niente braccio su cui appoggiarti, nessun corpo da percepire come scudo protettivo da ostacoli possibili, solo tu... e la guida davanti. I primi passi oltre il muro della paura. E poi il gruppo dei maschietti, capitanati da un ottimo educatore che ha saputo gestire con autorevolezza ragazzi preadolescenti alla scoperta di loro stessi.
Con il passare dei giorni e delle uscite insieme il gruppo è andato formandosi e plasmandosi come tale; andare in pulmino con le amiche è diventato più interessante che in auto con mamma, sottolineando che l'adolescenza e il bisogno di staccarsi dalla base sicura della famiglia, bussa con forza nella psiche dei nostri ragazzi, ponendoci il problema come associazione di categoria di cosa offrire per dare anche noi il nostro contributo al sano sviluppo psicofisico degli stessi.
L'elemento specifico di questo gruppo è stato quello di procedere tutti al passo del più lento, affinché nessuno resti indietro, esperienza non sempre possibile in contesti misti.
Gli educatori hanno dimostrato impegno, passione e interesse in quello che facevano con ottimi risultati.
I genitori dei nostri ragazzi fremevano dentro la chat comune, volevano sapere, volevano le foto in tempo reale, faticavano a lasciare il ruolo di genitori elicottero, ma ce l'hanno fatta, con fatica, ma ce l'hanno fatta.
E alla fine possiamo dire che questa esperienza ha fatto diventare tutti un po' più grandi.
Di questo campo estivo ci resta molto anche a livello istituzionale: contatti con realtà che conoscevano poco l'UICI e il CCT si sono offerte per altre iniziative, ci hanno chiesto di partecipare alle loro o di fornire consulenza per rendere i loro siti web accessibili ad un pubblico non vedente.
Tutti progetti che sono ora file aperti sul desktop, in attesa... Stay tuned!



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