Numero 16 del 2020
Titolo: Postalmarket: quando ogni pacco era una festa
Autore: Elisa Venco
Articolo:
(da «Donna moderna» n. 32-2020)
«Con Postalmarket sai - uso la testa - e ogni pacco che mi arriva è una festa». Suonava così lo slogan familiare alle affezionate destinatarie del catalogo che tra gli anni 70 e 80 ha segnato l'immaginario del nostro Paese - al punto da essere ancora celebrato dal gruppo Facebook «Postalmarket, storia italiana» - e che oggi sta per tornare. L'imprenditore friulano Stefano Bortolussi, che nel 2018 ha acquistato il marchio, ha annunciato la ripresa delle pubblicazioni per fine 2020 (in versione online e «per appassionati» anche cartacea), con l'obiettivo ambizioso di raggiungere «un fatturato tra i 500 milioni e il miliardo di euro in 5 anni» diventando «l'Amazon italiano». Un'operazione che punta senza dubbio sull'effetto nostalgia nei confronti di un marchio amatissimo per decenni.
Tutto iniziò nel 1959 per merito dell'imprenditrice milanese Anna Bonomi Bolchini. A lei, immobiliarista e proprietaria di assicurazioni e banche, si ispirò Franca Valeri per il ruolo della ricchissima donna d'affari che nel film «Il vedovo» di Dino Risi chiama il marito Alberto Sordi «cretinetti». E fu lei - che aveva comprato i detersivi Mira Lanza, il make up Rimmel, il dentifricio Durban's perché, come amava raccontare, «in bagno voglio vedere solo prodotti miei» - a decidere di portare in Italia un «catalogo de-specializzato», ovvero con dentro un po' di tutto. Il successo dell'operazione non fu immediato, ma crebbe di anno in anno: il catalogo, antenato dell'e-commerce, «soddisfaceva ai bisogni inespressi di un'Italia desiderosa di consumare, ma non sempre servita a livello commerciale» riassume Giusi Ferrè, giornalista esperta di moda. Postalmarket suppliva alla mancanza di grandi magazzini e di negozi specializzati e nella sua varietà merceologica - che includeva anche l'inutile, come materassi ad acqua e orologi a cucù - catturava l'intera famiglia: le mamme che compravano articoli per la casa, i padri che acquistavano apparecchi tecnologici e accessori per auto, i figli che sbirciavano le pagine dell'intimo femminile. Uno squarcio di sensualità nel quotidiano celebrato nel 2010 da una canzone dei Gem Boy e tuttora attestato da un gruppo Facebook: «Noi che abbiamo passato i migliori anni della nostra gioventù in bagno con l'intimo di Postalmarket, ovviamente senza mai comprare nulla».
Oltre alla consegna a domicilio, contribuì al successo di Postalmarket la formula «soddisfatti o rimborsati»: prevedeva la sostituzione dell'articolo o la restituzione dell'intera somma versata. Adesso è una prassi ma nel 1976, quando Postalmarket si trasferì dalla sede di Baranzate ai 37.000 metri quadri di Peschiera Borromeo, periferia di Milano, era una novità. Innovativi erano pure i call center per le telefonate dei clienti, che fino ad allora avevano potuto ordinare solo via posta. Nel 1987 il fatturato era di 385 miliardi di lire, per 1 milione e 250.000 pacchi l'anno, con punte di 45.000 spedizioni giornaliere. Merito anche della collaborazione di stilisti come Krizia, Coveri e Laura Biagiotti e delle celebrità in copertina, dalle top model Monica Bellucci e Claudia Schiffer alle attrici Ornella Muti e Isabella Ferrari. Con la maggiore concorrenza e la diffusione più capillare dei negozi, però, è arrivato il tramonto: il marchio è prima stato ceduto al gruppo tedesco Otto Versand, poi è fallito nel 1998. Ora sarà in grado di tornare agli antichi splendori? «In tempi di e-commerce il vecchio successo non è replicabile» decreta Ferrè. «Postalmarket era un brand low cost che oggi deve rivaleggiare con giganti esteri come H&M e Primark e, se punta sul Made in Italy, con il canale tv Qvc. Siamo sicuri che il rapporto qualità-prezzo e il servizio al cliente siano all'altezza dei competitor? È un equilibrio difficile, anche se mi fa piacere la ricomparsa di un marchio che ricorda un'Italia ottimista e creativa». Più fiducioso sull'effetto amarcord il sociologo dei consumi Vanni Codeluppi: «Fino a non molto tempo fa in Italia l'e-commerce era poco considerato ma la pandemia, costringendo le persone in casa, ha dimostrato l'utilità degli acquisti online. Il meccanismo della prima fase dello sviluppo dei consumi di massa, quando i cataloghi di vendita per corrispondenza erano un canale fondamentale per la distribuzione, si rinnoverà in modalità digitale. Molto dipenderà dalla qualità e quantità dei prodotti del nuovo Postalmarket. Ma se il catalogo prenderà piede, sarà anche perché verrà vissuto come un rassicurante tuffo nel passato». Nostalgia, nostalgia in vestaglia.
Elisa Venco