Numero 13 del 2020
Titolo: Io, strega, abusavano di me poi mi hanno bruciata
Autore: Anna Tagliacarne
Articolo:
(da «F» n. 27 del 2020)
Caterina da Broni ci racconta la sua triste storia: serva in casa di un nobile che la notte si intrufolava nella sua stanza, denunciata come fattucchiera, è stata arsa in piazza a Milano. «Se avessi posseduto poteri soprannaturali avrei lasciato che mi trattassero in questo modo?», domanda. E ci chiede se 400 anni dopo la violenza che ci ha rese vittime è stata sconfitta
Sono sicura che non avete idea di cosa sia una strega. Ve lo spiego subito, visto che sono stata bruciata sul rogo in piazza Vetra, a Milano, il 4 marzo 1617 perché accusata di aver fatto un sortilegio al senatore e nobiluomo Luigi Melzi d'Eril. Ero la sua domestica e avrei messo zampe di pollo o un amuleto sotto il suo guanciale, o forse gli avrei fatto bere una pozione contenente i miei umori corporei, ma in fondo che importanza ha? Il fatto è che sarei riuscita solo a procurargli il malocchio. Capite? Facevo la serva, ma ero una strega. Il signor conte veniva in camera da me ogni notte, mi possedeva al buio dopo che avevo cucinato, spazzato e lustrato la casa, e io ero una strega. Ora, se voi sapeste volare a cavallo di una scopa e foste in grado di produrre incantesimi come trasformare in rospo chi detestate e cavare oro dalle pietre, vi spacchereste la schiena lavando ogni giorno montagne di panni? Non credo. Mi chiamo Caterina Medici, più nota come Caterina da Broni, data alle fiamme all'età di 44 anni in quella che oggi per voi è una bella zona di Milano dove praticate quella stramberia che chiamate «la movida»: sono anche stata impiccata e torturata con tenaglie roventi, perché non si sa mai che in quanto dotata di poteri sovrannaturali potessi farla franca. Il tutto è avvenuto davanti a una folla urlante e inferocita, ma vi assicuro che già prima di questa infausta fine non è che me la fossi passata bene, avendo fatto la sguattera un po' ovunque, essendo stata maltrattata e più di una volta accusata di sortilegi d'ogni genere, finché l'ultimo, che avrei perpetrato ai danni del nobiluomo, ohibò, mi fu fatale.
Festini magici sui tetti della città
Ma facciamo un po' di storia: sin dal Trecento la zona di Milano compresa tra piazza Sant'Eustorgio, piazza Vetra e il Carrobbio pullulava di streghe e fattucchiere, e la caccia a queste donne che secondo gli studiosi (tutti uomini) si radunavano sui tetti per consumare i loro infernali sabba - riunioni notturne per praticare riti magici e non solo - era dunque aperta già da secoli quando io finii per ardere sulla mia pira. Stiamo parlando di un periodo veramente buio: vivevamo in un clima di fanatismo religioso e di superstizione diffusa, come dimostra la lettera che nel 1611 l'allora governatore di Milano, Juan de Velasco, scrisse all'ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, denunciando l'inerzia dell'Inquisizione ambrosiana nella città, a suo dire infestata dalle streghe. Ma voi volete sapere di me, ed ecco che vi racconto come viveva una presunta malefica nella Milano del Seicento.
Come divenni una strega
Sono nata a Broni nel 1573, e a 13 anni venni data in sposa a tale Bernardino, detto Pinotto, e con lui mi trasferii a Pavia. Il matrimonio fu un inferno, perché quell'infame mi picchiava e mi costringeva a prostituirmi, perché ero «una donna di sangue caldo», una che era già stata disonorata; e cos'altro avrei potuto fare se non il mestiere più antico del mondo? Ebbi così modo di conoscere da vicino il bordello cittadino e tutte le perversioni maschili. In quell'ambiente mi abituai a dire sempre sì: obbedivo e imparavo cose che nessuna moglie sapeva. Alla morte di quel delinquente di mio marito iniziai a lavorare come serva, come sguattera, come fantesca prima a Pavia e poi nel Monferrato: per quasi quindici anni ho servito e taciuto, prima in un'osteria poi da un mercante. Fino a quando non arrivai a Occimiano nel castello del capitano Giovanni Pietro Squarciafico, un bell'uomo massiccio dagli occhi verdi da gatto, e di donna Orsina, sua moglie, che non si reggeva sulle gambe a causa di una malattia, e che un giorno mi chiese se volessi essere come Agar, la serva di Sara, moglie di Abramo. Si sa che la donna non riusciva ad avere figli e permise al marito di frequentare la giovane ancella: insomma, la mia padrona mi invitava ad andare a letto con suo marito, che già mi aveva messo gli occhi addosso, come del resto il padrone precedente e quello prima ancora.
È così che diventai una concubina, e dall'unione carnale con il capitano misi al mondo Vittoria e Angelica; in precedenza ero rimasta gravida di uomini di passaggio: una volta di un giovane conte che mi violentò prima che mi maritassi, poi al bordello. Quei miei figli chissà dov'erano.
Malefici amorosi e accuse di stregoneria
Dopo che donna Orsina morì, il padrone si risposò e la mia sorte cambiò di nuovo: l'uomo del quale conoscevo a memoria il corpo e ogni cicatrice mi cacciò urlando che ero una strega e che solo una malia aveva potuto sedurre un uomo perbene come lui sino a farlo giacere con una serva. Ero diventata una strega, avevo lasciato le mie figlie al castello ed ero per strada. Quando mi venne in mente il nome di un conte milanese, Filiberto Cavazzi della Somaglia, ed è là che andai in cerca di un altro posto da serva, che ottenni presso il capitano Vacallo. Ma ci volle poco perché quel farabutto mi buttasse nuovamente fuori di casa accusandomi di complicità in un maleficio amoroso che la servetta con la quale si era divertito gli avrebbe fatto per farlo innamorare: capite la storia come andava? Quegli uomini se la spassavano puntualmente con le domestiche, facevano quasi sempre figli con loro e poi le accusavano di essere streghe. Cacciata dal Vacallo vagai qualche anno tra varie famiglie prima di approdare dal senatore Melzi, l'uomo che mi fu fatale.
Dal letto al rogo e strani disturbi
Resta da capire perché alla fine il senatore mi denunciò. Subito si infilò nel mio letto, e la cosa sembrava piacergli. E anche a me: era gentile e mite, ma poco dopo il mio arrivo si sentì malinconico e accusò disturbi vaghi, quelli dei ricchi, un po' incomprensibili, e infatti i medici che lo visitarono, luminari ai quali Milano ha dedicato vie centrali come Lodovico Settala, non capirono di che male il senatore soffrisse, quindi fu facile accusare la serva Caterina di stregoneria. In casa del Melzi furono chiamati esorcisti, religiosi, giudici, testimoni, monache e poi alcuni oggetti ritenuti causa del presunto maleficio furono bruciati nella chiesa di San Giovanni in Laterano a Milano. Cruciale fu la testimonianza di Vacallo: giurando che io fossi una strega formulò l'accusa. Il mio interrogatorio fu serrato, e poi ne venne un altro, e un altro ancora per un totale di otto, corredati da torture e abusi che preferisco non raccontarvi. Confessai tutto: di essere una strega, di essere in contatto con il demonio, di aver partecipato a sabba e aver fatto malefici e incantesimi d'ogni sorta a infinite persone, infanti compresi. Perché ho confessato? Dopo una vita di abusi raccontare che ero una strega mi sembrò il modo per ottenere rispetto e riscattarmi, e poi vi assicuro che gli inquisitori sanno come farvi dire quello che vogliono. Era finita, mancava solo la morte, il fuoco purificatore. E mentre il carro scivolava verso la piazza, i milanesi mi sputavano addosso urlando. Voglio solo che tutto finisca, ho paura, ho freddo, sono una strega della Vetra, una delle tante da ardere senza ragione. Ascolto le parole dell'inquisitore, mi chiedo a chi faccio paura. E ora domando a voi che siete vive oggi, quattrocento anni dopo: l'ignoranza e il pregiudizio di cui noi donne spesso siamo vittime sono stati sconfitti?
Anna Tagliacarne