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Kaleîdos

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Numero 13 del 2020

Titolo: Com'è cambiata la nostra cara famiglia

Autore: Benedetta Sangirardi


Articolo:
(da «F» n. 27 del 2020)
La lunga convivenza forzata durante il lockdown ci ha messi alla prova. Ma tra tante tensioni, sono nate anche dinamiche positive: ci siamo allenati alla pazienza e al rispetto degli spazi altrui, imparando a tenere la giusta distanza per non farci del male. «Come i porcospini», dice un'esperta
C'è una nuova famiglia. È quella del dopo-emergenza. Più saggia, tollerante, sa quanto vale la libertà, quanto l'indipendenza. Non è stata una vacanza come abbiamo pensato all'inizio dell'epidemia: figli felici di non andare a scuola, genitori entusiasti dell'esperienza dello smart working. Poi, gli umori sono cambiati. La casa ha smesso di essere un luogo di serena convivenza. «Eppure nelle relazioni familiari abbiamo dato prova di pazienza, di energia e di parecchia tolleranza per trovare l'armonia. Un bell'esperimento sociale», spiega Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma, psicoterapeuta che ha appena pubblicato il suo nuovo libro, «Famiglia» (Bollati Boringhieri). Simbolo del calore umano, luogo di consuetudini complici e di un vocabolario intimo, la famiglia vive, da sempre, di un equilibrio costante tra ricerca di fusione e bisogno di autonomia. Abbiamo chiesto all'autrice di scattarne una fotografia ai tempi del coronavirus, indagando anche su quanto (e come) siano cambiati nel tempo i rapporti con i figli, tra i fratelli e nella coppia.
D. Professoressa, l'emergenza Covid ha fatto bene ai nostri legami?
R. È stata una prova inedita. Smart working per i genitori, didattica a distanza per i figli, più tempo passato insieme a loro, tra tenerezze e tensioni. In alcune famiglie c'è stato un rafforzamento dei legami affettivi e del dialogo, una maggiore conoscenza reciproca, dovuta alla necessità di stare uniti, di condividere gli spazi, di fare cose al di fuori dell'ordinarietà, e di trovare un modus vivendi. In altre, il confinamento forzato ha creato parecchie tensioni, dovute alla impossibilità di sottrarsi al controllo, e all'invadenza degli altri componenti.
D. Quali sono state le maggiori difficoltà?
R. La condivisione degli spazi. Nessuno vi era abituato, per così lungo tempo. In quasi tutte le famiglie la convivenza tra le mura domestiche in precedenza era ridotta alle ore notturne, a pochi altri momenti durante la giornata e alle festività. Figli e genitori non sempre sono andati d'accordo, insofferenti a certe abitudini, tic o invasioni di campo.
D. Chi ha reagito con più impazienza?
R. I figli adolescenti e post adolescenti, abituati a trascorrere molto tempo fuori casa con gli amici. Costretti, invece, a un confronto continuo, senza potersi sottrarre. Il soggiorno coatto nel nido domestico, giorno e notte, li ha persino infantilizzati, portandoli a regredire a un rapporto con i genitori e i fratelli da cui si stavano emancipando.
D. Ne usciremo davvero migliori da questa brutta esperienza?
R. Sì, io ci credo. È un momento che nella sua drammaticità ci ha insegnato molte cose. Per esempio, che la famiglia non è una realtà autosufficiente, e che per poter funzionare al meglio ha bisogno anche del mondo esterno. Sappiamo, ora, che serve avere la possibilità di separarsi di tanto in tanto. Che la libertà unisce ancora di più. Persino sul tema scuola ora è tutto più chiaro: la didattica a distanza ha una sua utilità nell'emergenza, ma non può sostituire quella in presenza.
D. I figli che cosa hanno capito?
R. Che il movimento e la socializzazione sono indispensabili nella vita, devono correre, andare in bici e chiacchierare con gli amici: la sedentarietà e l'isolamento li hanno danneggiati. Adesso ne sono consapevoli.
D. Che cosa è cambiato profondamente, rispetto al passato, in quella che definisce «un'organizzazione antichissima»?
R. La struttura e le relazioni. La prima famiglia di cui abbiamo testimonianza è quella di Eulau, che proviene da una tomba trovata in Sassonia, datata 4600 anni fa e contenente i resti di un uomo, una donna con una età stimata intorno ai trent'anni e due bambini di circa cinque e nove. Questa forma di organizzazione primaria della vita umana c'è sempre stata, ma nel corso del tempo si è adattata alle condizioni sociali, ambientali, culturali ed economiche. E oggi ha acquisito organizzazioni e strutture molto diverse rispetto al passato: dalla famiglia nucleare tradizionale a quelle divise, ricomposte, monoparentali, multiple, adottive e omosessuali. Ne è cambiato profondamente il funzionamento, il quale dipende in gran parte dall'impegno e dal senso di responsabilità degli adulti che le conducono.
D. Lei scrive che anche il ruolo dei figli è parecchio mutato. In che modo?
R. È forse la trasformazione più macroscopica a cui stiamo assistendo. Nelle famiglie patriarcali di un tempo i figli erano considerati come forza lavoro. Adesso il rapporto con loro è in gran parte di tipo affettivo, si è più attenti alla relazione e al loro benessere psicofisico».
D. Il rapporto tra fratelli e sorelle come si è evoluto?
R. Qui la notizia non è positiva. Nel nostro Paese quasi il 50 per cento dei figli sono unici e nei restanti casi non si ha più di un fratello. Ciò non solo ha cambiato le dimensioni delle famiglie, ma anche il clima che regna al loro interno. Essere e avere fratelli o sorelle è una risorsa, anche se i rapporti non sono sempre rose e fiori: insieme si impara la solidarietà, l'affetto, l'amore, sebbene prevalgano rivalità e gelosie.
D. La novità più bella e straordinaria della famiglia, oggi?
R. La convinzione che il rapporto di coppia debba essere paritario. Più partecipazione dei padri all'allevamento dei figli. Un clima più democratico e affettivo. Un maggior rispetto per i diritti dei bambini.
D. Le mamme oggi lavorano, sono multitasking, impegnate e non si occupano solo della cura dei figli e della gestione familiare. Quali sono gli effetti?
R. Una forte pressione. È vero che c'è una maggiore simmetria nella coppia, ma le donne italiane restano molto più impegnate nella gestione familiare di quanto non lo siano i compagni o i mariti. E siccome molte di loro non rinunciano ad avere una vita sociale e un lavoro, è chiaro che sono spesso pressate, sovraccariche. Questa condizione le porta a essere non solo il «leader espressivo» della famiglia, come un tempo, ma anche il «leader strumentale»: sono loro che portano a casa uno stipendio, e inoltre pianificano e regolano nei dettagli la giornata di tutti i componenti.
D. Camminare insieme ai figli anche con intoppi: ci dia qualche suggerimento per tenere bene in piedi il sistema.
R. Regola fondamentale: riuscire a mantenere un dialogo con loro. Anche se in un clima animato, i bambini sentono che c'è attenzione e affetto per loro, non disinteresse o rifiuto. I genitori separati devono cercare di mantenere entrambi un rapporto con i figli in modo che non si sentano dimenticati da uno dei due. Né mai, come purtroppo accade, un peso rispetto ai figli di nuove costellazioni familiari.
D. Conciliare esigenze, modi, persone diverse. Qual è la ricetta per una famiglia felice, per un legame sano, pur rispettando le libertà di ognuno?
R. Suggerisco la parabola dei porcospini, che in una sera di inverno per ripararsi dal freddo si strinsero troppo fino a conficcarsi nel corpo le reciproche spine. Allontanatisi furono di nuovo al freddo. Ci riprovarono finché non trovarono la giusta distanza. La posizione ideale.
Benedetta Sangirardi



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