Numero 23 del 2020
Titolo: I giovani con disabilità e la pandemia
Autore: Francesca Sbianchi
Articolo:
Il 18 maggio scorso, nell'ambito dello European Youth Event, organizzato dal Parlamento europeo, il Forum Europeo della Disabilità (Edf)ha tenuto una diretta Facebook sull'esperienza dei giovani con disabilità ai tempi del Covid-19. Hanno partecipato, come relatori, l'eurodeputato greco Stelios Kympouropoulos e Matthieu Chatelin, componente del Comitato Giovani Edf. Anche a me è stato chiesto di intervenire, in qualità di componente del Comitato Giovani Edf e del Comitato Giovani dell'Unione Mondiale dei Ciechi, per illustrare le difficoltà incontrate dalle persone con disabilità, dai giovani in particolare, in questo periodo di emergenza e per evidenziare le misure necessarie per evitare che ci si dimentichi dell'inclusione in circostanze così complesse e impegnative. Volentieri ho partecipato all'iniziativa e volentieri condivido in questo articolo una sintesi del mio intervento.
«È evidente che, sebbene i giovani con disabilità abbiano dovuto affrontare problemi specifici, in generale essi hanno vissuto le stesse difficoltà delle altre persone con disabilità. Siamo a conoscenza del fatto che, a causa della crisi Covid-19, ci sono in Europa persone con disabilità che muoiono negli istituti residenziali e in casa, persone che restano senza cibo, senza sostegno e vivono nella paura perché sono maggiormente a rischio di contagio rispetto agli altri cittadini: le persone su sedia a ruote manuale, ad esempio, devono toccare ruote e pavimenti; i non vedenti possono aver bisogno di toccare superfici potenzialmente infette. Molti di noi non possono praticare il distanziamento sociale poiché abbiamo bisogno di aiuto e di essere vicini alle persone che ce lo forniscono. Per quanto riguarda il rapporto con il sistema sanitario, ci siamo resi conto che, benché gentili e disponibili il più possibile, molte volte gli operatori non sono preparati ad accogliere le persone con disabilità in questa situazione di emergenza, specialmente coloro che hanno una disabilità non particolarmente riconoscibile. Inoltre, è accaduto purtroppo in alcuni paesi che le persone con disabilità siano state declassate, non solo nell'accesso alle cure intensive ma anche, in alcuni casi, nell'accesso alle cure sanitarie in generale, benché sia difficile ottenere prove concrete di tale declassamento. Inoltre, i servizi sanitari spesso non dispongono di infrastrutture per le persone con disabilità e con la crisi questa situazione è peggiorata: non possiamo avere con noi persone di supporto per aiutarci con informazioni che potrebbero essere inaccessibili. Anche le informazioni sugli sviluppi della pandemia Covid-19 (notiziari televisivi, ecc.) sono spesso inaccessibili e molti governi non si sono preoccupati di renderle davvero fruibili.
Per quanto riguarda i giovani con disabilità che conducevano una vita indipendente, molti di essi hanno perso il loro supporto professionale e sono dovuti tornare alle loro famiglie o stare con gli amici. E nel caso non vogliano risiedere con la famiglia, perché a rischio di violenza o per altri motivi, le autorità locali hanno proposto loro di andare in istituti residenziali, dove l'infezione e l'abuso sono elevati e da dove è molto difficile fare ritorno alla vita indipendente. Anche l'istruzione presenta aspetti problematici: gli studenti con disabilità non sono stati, nel complesso, sostenuti con le soluzioni adeguate per continuare a studiare a casa. In alcuni paesi europei sono state messe in atto soluzioni creative, ad esempio l'uso dei canali Tv per trasmettere contenuti educativi, ma non viene dato aiuto agli studenti con disabilità. I bambini non vedenti che non hanno competenze informatiche non sono in grado di accedere alle piattaforme di apprendimento da soli e, non avendo alcun supporto professionale a casa, è toccato alle famiglie porre rimedio, quando possibile.
A livello di Unione Europea, abbiamo un problema specifico con i programmi di mobilità (Erasmus +): non vi è chiarezza, né vi sono linee guida esplicite per garantire che le persone con disabilità che svolgono programmi di mobilità siano protette. Il lockdown è stato estremamente difficile per molti giovani con disabilità che non riescono a sopportare misure così severe. Alcune persone con autismo, con disabilità intellettive, con disabilità psicosociali o con problemi di salute mentale non possono sopportare l'interruzione della routine e non possono far fronte alla permanenza in casa per lunghi periodi. Inoltre, per le donne e le ragazze con disabilità che sono, già in situazioni normali, più a rischio di subire violenza e abusi, l'aumento della violenza domestica è davvero preoccupante. I governi e le autorità si sono in gran parte dimenticati di noi nell'attuare le misure di emergenza. Ci sono, però, alcune buone prassi che ci infondono speranza. In Italia, la apposita Task force comprende ora un esperto con disabilità. Possiamo dire che il Governo italiano ha preso in considerazione le esigenze specifiche delle persone con disabilità e nell'ultimo decreto l'obbligo del distanziamento sociale relativo a una serie di tipi di disabilità è stato annullato. Questo è un passo avanti ma tutti i paesi devono fare di più. Per quanto riguarda l'occupazione, quando in passato le persone con disabilità chiedevano soluzioni-adattamenti ragionevoli, come il lavoro a distanza e l'orario flessibile, tali soluzioni sono state negate a molte di loro. Nel periodo di emergenza, invece, queste misure sono state rese facilmente accessibili a tutti. Speriamo che, dopo la fine del lockdown, queste misure continuino ad essere garantite a tutti.
Chiediamo a tutti i decisori politici di includerci nella preparazione dei prossimi passi. Chiediamo alle organizzazioni giovanili di ricordarsi dei giovani con disabilità e di lottare anche per noi, di includerci nelle loro discussioni, di collaborare con noi e con le organizzazioni delle persone con disabilità per garantire l'inclusione e l'accessibilità. Abbiamo il diritto di vivere una vita piena e indipendente».