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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 3 del 2020

Titolo: ATTUALITÀ- Il Braille non è lettera morta

Autore: Redazionale


Articolo:
In occasione della Giornata Nazionale del Braille celebrata lo scorso 21 febbraio, abbiamo rivolto alcune domande al prof. Giuseppe Lapietra.

Professore, abbiamo intitolato questo contributo: Il braille non è lettera morta. Chi come lei è amante e difensore di quel codice a sei/otto punti può dirci qualcosa. È lettera morta il braille?
È morto chi ritiene che senza saper leggere e scrivere ci si possa istruire e ci si possa inserire nel lavoro. Quello sì che è morto. Il braille è tutt'altro che lettera morta, il braille oggi ha il massimo fulgore, nel senso che si è sposato magnificamente con l'informatica, dimostrando di essere proprio l'antesignano della rivoluzione digitale.

Se pensiamo al braille e all'informatica, c'è questo accostamento tra acceso e spento così come i sei punti: o ci sono o non ci sono. C'è questo piccolo accostamento tra il braille e l'informatica.
Il braille è un sistema binario che si inserisce nella cultura dei sistemi binari, quindi in questo senso è l'antesignano dei byte e quindi del bit, dell'unità elementare di informazione. Il potenziamento è stato eccezionale con l'informatica superando i problemi di condivisione, di condivisibilità di quello che si scrive e quello che si legge perché oggi non esistono particolari ostacoli; mentre il braille in passato veniva usato dai non vedenti, dico in passato, in realtà non da tanto passato, perché se passato si intende i millenni purtroppo i non vedenti tranne gli indovini, i profeti, i poeti che attraverso le narrazioni orali sono stati conosciuti, non accedevano alla cultura né come soggetti né come oggetto di cultura, ma da quando Braille ha letteralmente con genialità inventato quel sistema, le persone non vedenti hanno potuto studiare, istruirsi, ma prima comunque, dal 1830/40 i ciechi scrivevano per i ciechi e venivano letti soltanto dai ciechi, tranne gli educatori e gli insegnanti che sapevano qual era il sistema, perché più che un codice è un sistema. Con la rivoluzione digitale noi non abbiamo invece decretato la morte del braille ma la sua grandiosa nuova vita e quindi la sua grandiosa funzione propulsiva dell'istruzione, dell'educazione e del lavoro per i non vedenti.

Il braille diventa professionalizzante, perché fa il baffo a qualsiasi sintesi vocale per chi vuole mettere a frutto le sue competenze attraverso il braille perché una cosa è ascoltare attraverso un sintetizzatore e una cosa è leggere le parole o i numeri su una riga braille.
Indubbiamente, le sintesi vocali e anche le sintesi che hanno umanizzato la voce, utilissime dal punto di vista dell'aiuto e dell'affiancamento però non ci consentono di scrivere e di leggere direttamente. Aiutano in modo più veloce a controllare quello che accade, quello che si ascolta, letture amene e via discorrendo, senza impegnarci eccessivamente con la concentrazione mentale e con la riflessione, ma la scrittura e la lettura diretta sono il fondamento per qualsiasi essere umano, come dicevano i latini "Verba volant, scripta manent".

Soprattutto invitiamo i giovani a utilizzare il braille perché è una forma di riscatto e aggiunge ulteriori competenze.
Questa è una vera e propria battaglia culturale che bisogna fare con i ragazzi, con gli ipovedenti inefficienti visivi che purtroppo non possono usare appieno la loro vista per gli studi, la possono usare magari per guardare il cielo, per vedere se c'è il sole, guardare gli alberi ecc., ma non possono studiare con quel residuo così scarso, però ci si aggrappano vedendo nel braille quasi un sistema virale e pestilenziale che li porta all'inferno della cecità. Non c'è nessun inferno nel braille, anzi c'è il riscatto umano di queste persone. I non vedenti quando sono grandi hanno difficoltà ad usare in modo efficiente e funzionale il braille, ma se ne comprendono l'immensa forza di emancipazione quel sacrificio lo devono fare. Non ne parliamo per i piccoli non vedenti che solo in ciò possono trovare il riscatto. Il braille cartaceo e quello digitale.

Professore voglio fare quasi un fuori campo, so che lei insieme ad una équipe di esperti stava percorrendo la strada per far riconoscere il braille come abilitante per gli insegnanti di sostegno, quindi con una certificazione che desse loro la possibilità di essere riconosciuti anche dal Miur. A che punto siamo?
Osservando le gravissime lacune esistenti nella formazione anche universitaria che è molto decaduta ultimamente, mi sono reso conto che c'era la necessità di strutturare un vero e proprio piano di aggiornamento formativo per gli operatori scolastici in servizio e anche per gli educatori che affiancano gli operatori scolastici in servizi. In effetti promisi al ministero, alla fine di maggio dello scorso anno, che avremmo strutturato questo piano di aggiornamento e di formazione perché l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e tutti gli Enti collegati hanno un protocollo di intesa con il Ministero dell'Istruzione che affida sostanzialmente a noi, riconoscendoci evidentemente quelle competenze, il ruolo di svolgere una funzione formativa e di aggiornamento affiancando le università che purtroppo non hanno un patrimonio di conoscenze a questo riguardo. Effettivamente abbiamo progettato dei corsi online, quattro moduli online all'interno dei quali il secondo riguardava i prerequisiti e la didattica del braille più che l'illustrazione del sistema e questi sono stati svolti completamente, abbiamo ottenuto 140 ore di lezione online che io ho gestito in tutta Italia con un display braille collegato al mio iPhone, 48 lezioni conclusesi il 13 febbraio scorso e adesso siamo nella fase della verifica e dei risultati e tutto questo si affianca al lavoro che le sezioni dell'Unione devono fare con i laboratori operativi diretti perché online tante cose si possono fare ma il lavoro operativo diretto è necessario. Noi adesso dobbiamo tenere un esame online costituito da domane e poi faremo degli esami in presenza, ma più che altro per arricchire quello che è stato fatto e superare quelle difficoltà che con le trasmissioni online possono essersi determinate.

Possiamo concludere dicendo che il braille è ancora vivo e gode di salute.
Certamente, non ha bisogno neanche di ricostituenti!



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