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Il Progresso

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Numero 4 del 2020

Titolo: Psicologia- Meglio evitare di rimandare troppo a lungo i nostri impegni

Autore: Oliver Burkeman


Articolo:
(da«The Guardian», Regno Unito su «Internazionale.it» del 18 febbraio 2020)
Uno dei problemi meno ovvi dell'essere troppo impegnati - a parte il principale, che è essere troppo impegnati - è il fenomeno che potremmo chiamare dell'«invecchiamento degli impegni». C'è una cosa che dobbiamo fare: spedire un'email, per esempio, o programmare un evento. Ne prendiamo nota, mentalmente o dove siamo abituati ad appuntarci gli impegni. Ma poi non la facciamo. E non la facciamo ancora per un po', fino a quando sarà lì da tanto tempo che non avremo proprio più voglia di farla, perché ormai è vecchia e stantia e quindi profondamente sgradevole.
A volte, bisogna ammetterlo, questo tipo di procrastinazione è il segno che non è mai stato veramente necessario farla. Ma spesso non è così. E ci troviamo nella paradossale situazione di odiare il pensiero di quel compito, perché lo abbiamo ignorato così a lungo che ormai è diventato urgente.
Come osservava l'investitore di Silicon Valley Daniel Gross nel suo blog lo scorso gennaio, in un post intitolato «La produttività dell'improvvisazione», uno dei problemi del pensare di dedicarci a un certo compito, è che si tratta di un lavoro in sé, relativamente facile e piacevole, perciò tornandoci sopra più volte mentalmente ne riduciamo la novità e di conseguenza il fascino. «È come masticare un pezzo di gomma, attaccarlo subito da qualche parte e poi provare a convincerci che possiamo riprenderlo anche se ormai si è seccato», scrive Gross.
Organizzare o agire: Una cosa che faccio spesso, di solito inutilmente, è preparami quello che voglio dire quando finalmente telefonerò alla mia banca, ed è molto più noioso che chiamarla veramente. Questo effetto è probabilmente più pronunciato nel caso di compiti che all'inizio ci sembrano eccitanti - come i progetti creativi - perché pensarci è più divertente mentre gli aspetti tediosi della loro realizzazione lo sono molto di meno.
Un antidoto alla tendenza a lasciar invecchiare gli impegni è usare un sistema per organizzarli che li metta tutti da parte, lontano dagli occhi e dalla mente, esclusi quei pochi di cui ci stiamo occupando in quel momento (il «kanban personale», una lavagnetta simile a quelle che usano nelle fabbriche giapponesi, del quale vi ho già parlato in questa rubrica lo scorso luglio, ne è un esempio).
Se con questo sistema avete paura di dimenticare qualcosa di importante, non vi preoccupate, è inevitabile. Dopotutto è questo che succede quando siamo sopraffatti dagli impegni, e concentrarvi su poche cose alla volta fino a quando non le avrete finite è il modo migliore per non avere sempre la sensazione di essere sopraffatti.
Un altro modo, dice Gross, è prendere l'abitudine di fare le cose appena si presentano, se è possibile, e resistere alla tentazione di programmare troppo. «Io cerco di rispondere alle email appena le apro», dice. «Prendo qualche appunto su quello che mi serve per una riunione, e mi rifiuto di pensarci fino al momento in cui sono lì».
Per essere chiari, questo non significa rispondere alle email, o a qualcos'altro che richiede il nostro tempo, appena arrivano, così saremmo schiavi delle notifiche digitali, delle interruzioni casuali e delle priorità degli altri. Il punto è smettere di scorrere la casella della posta in entrata, leggere i messaggi, richiuderli e aspettare fino a quando vi rendete conto che è diventato urgente rispondere. Provate piuttosto a farlo subito (oppure a cancellarli o archiviarli se pensate che non risponderete mai). Domani quei messaggi non diventeranno più attraenti.
Consigli di lettura: Nel loro libro Personal kanban, Jim Benson e Tonianne DeMaria Barry illustrano la strategia sorprendentemente efficace di dedicare l'attenzione a poche cose alla volta.



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