Numero 1 del 2020
Titolo: In Italia non esistono First Lady
Autore: Anna Tagliacarne
Articolo:
(da «F» n. 51 del 2019 )
Se c'è, non si vede. È in secondo piano, messa in ombra da file di uomini in grisaglia, grandi strateghi nel catturare le luci dei riflettori. Oppure brilla come una meteora in campagna elettorale, per dar lustro con bacini e sorrisi al suo compagno, un volpone che sa come la politica si nutra di immagini piacione.
In Italia abbiamo la «moglie di» o la «compagna di» ma nessuna first lady. Non va meglio nella politica attiva: nel nostro Paese le donne ministro sono 7 su 21, quindi circa il 30 per cento, mentre in Francia si arriva quasi al 50 per cento. Ed è partendo da queste osservazioni che Marianna Aprile, giornalista del settimanale Oggi, ha scritto «Il grande inganno» (Piemme), dove dà una risposta al perché la politica nasconda le donne. Ne parliamo con l'autrice.
D. In Italia la first lady latita. Dipende dal fatto che siamo una repubblica e il presidente del Consiglio non è paragonabile a quello americano o francese?
R. Non solo. In Italia attribuiamo a quel ruolo potere, e quando il potere viene associato alle donne scatta un corto circuito. Come dice il sindaco di Milano Beppe Sala nel mio libro, la nostra cultura ha profonde radici maschiliste che, innestate nel cattolicesimo, hanno creato automatismi inconsci negli uomini e nelle donne: per questo il potere e le donne di rado si incontrano, e se si incontrano è per interposto maschio. Ed è quel maschio che determina il grado di visibilità della donna.
D. Quindi partiamo da questa matrice maschiocentrica?
R. Sì, e aggiungiamo che nessuna delle donne italiane «moglie di» o «compagna di» ha mai ambito a essere percepita come first lady. Non penso tanto alle mogli dei presidenti del Consiglio o della Repubblica, ma piuttosto alle donne che si accompagnano ai leader attenti a finire nell'occhio di bue della comunicazione. Tranne una, nessuna ha mai ambito ad avere un ruolo di primo piano.
D. Qual è quest'unico caso?
R. La più scalpitante nell'ambire a quel ruolo è stata Elisa Isoardi. Era con Salvini quando la Lega era al 7 percento, ha contributo alla sua ascesa e alla costruzione del personaggio, mostrando il suo volto privato con immagini sui social. Rilasciava interviste dove diceva «ci sposeremo», «è l'uomo della mia vita», narrazioni che rientrano nel filone del politico celebrità. Se la relazione non fosse finita, Isoardi poteva essere la first lady perfetta.
D. Nessun'altra ha ambito a questo ruolo?
R. Caso mai molte ambiscono all'invisibilità. Come Olivia Paladino, che è da anni la compagna del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e solo di recente ha fatto la sua prima uscita pubblica. È incorporea e la sua assenza sembra complementare alla parabola politica di lui, che non ha un passato politico, non è di destra e non è di sinistra, governa con la destra e la sinistra, non si è mai candidato e mai è stato eletto.
D. Anche Agnese Renzi amava l'invisibilità.
R. Ma in un altro modo. Agnese Landini quando il marito divenne premier dichiarò: «Non siamo in America dove le mogli dei politici fanno discorsi in pubblico. Vi prego, prendete atto che da ora in poi io non esisto». Ha sempre mantenuto saldo il baricentro della sua vita e ha accompagnato il marito nei rari casi in cui il cerimoniale italiano lo imponeva: ottobre 2016, una cena alla Casa Bianca, accolta da Michelle Obama. Ha fatto la first lady a chiamata: la sua è stata un'invisibilità molto studiata.
D. C'è anche chi si è sottratta all'immagine che le avevano cucito addosso.
R. Certo, Veronica Lario! Il Cavaliere «scende in campo», dice che Veronica è la sua fonte d'ispirazione, e lei scrive al Corriere: «Non voglio entrare in uno stereotipo insignificante di moglie sempre e comunque accondiscendente alle decisioni del marito o del leader politico». E dichiara di aver sempre apprezzato radicali e socialisti. Si mostra al suo fianco come first lady quando è indispensabile: nel 1994 durante la visita dei Clinton a Roma e nello stesso anno a Napoli per il G7. Quando emerge che da Palazzo Chigi il marito premier spende enormi cifre in fasci di rose, che il Cavaliere assicura fossero per lei, Veronica detta all'Ansa: «Mai ricevuti fiori da Palazzo Chigi». Come i fatti hanno dimostrato, Lario conosceva bene l'uomo. Sapeva che quando Berlusconi la tirava in ballo, stava per scoppiare un macello per arginare il quale era necessaria l'immagine della coppia perfetta. E lei, sottraendosi sempre, si è definita come una first lady, una donna con un'autonomia di pensiero e di azione.
D. In passato abbiamo avuto donne paragonabili a Michelle Obama, Hillary Clinton, per esempio donna Vittoria, la moglie di Giovanni Leone? «Che meraviglia donna Vittoria! Colta, indipendente, ha incontrato JFK e Jackie, lo scià, la regina Elisabetta. Ma al di là delle donne che hanno avuto un ruolo pubblico, a quante invece è stata negata persino l'immagine? Di Giuseppina Cossiga non esiste nemmeno una foto! La moglie di Sandro Pertini, Carla Voltolina, non ha mai voluto vivere al Quirinale. Del resto nella Prima Repubblica era così, si sfuggiva la notorietà. Se alla signora Voltolina un giornalista avesse domandato: «Cosa mangia suo marito a colazione?», non avrebbe capito la domanda. C'era un contegno che portava a separare la cosa pubblica da quella privata: non solo sono cambiate le donne, è cambiata la politica.
D. Quante donne avrebbero potuto essere come Michelle Obama o anche meglio?
R. La storia dell'Italia repubblicana è costellata di donne che, come modello, non hanno niente da invidiare a Michelle Obama o a Hillary Clinton. Semplicemente hanno lavorato nelle retrovie. Nilde Iotti, insieme alle altre 20 donne dell'Assemblea Costituente nel 1946 ha scritto gli articoli della Costituzione. Non dimentichiamo che le donne votano solo dal 1946. Certo, da allora abbiamo avuto solo tre presidenti della Camera donna: Nilde Iotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini e siamo arrivate al 2018 per vedere una donna ricoprire la seconda più importante carica della Repubblica. Maria Elisabetta Alberti Casellati è la prima presidente del Senato e non ne abbiamo ancora avuta una al Quirinale né a Palazzo Chigi.
D. Questo cosa ci dice della politica italiana?
R. Quello che sappiamo da quando nasciamo, e cioè che dobbiamo prenderci quello che ci spetta. Emma Bonino, nel libro, dice che non dobbiamo per forza occuparci di questione femminile o di pari opportunità perché siamo donne. Quello che è indispensabile è eccellere, impegnarci in tutto ciò che facciamo, perché questo cambia la visione sulle donne. La Bonino ha individuato tante donne di valore: Greta Thunberg, Bebe Vio, Samantha Cristoforetti, Fabiola Gianotti. Ognuna con le sue battaglie, ognuna con le sue competenze, sono modelli per le donne. E perfino per gli uomini.
Anna Tagliacarne