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Kaleîdos

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Numero 23 del 2019

Titolo: Stupro: che orrore pensare sia anche colpa delle donne

Autore: a cura di Gaia Giorgetti


Articolo:
(da «F» n. 49 del 2019)
I responsabili non sarebbero solo gli uomini violenti, ma anche noi donne. Con il nostro modo di vestire ce la cerchiamo. Lo pensa - rivela l'Istat - un italiano su 4, donne comprese, e 4 su 10 credono che possiamo sottrarci a un rapporto sessuale se non vogliamo. Come si combatte questo maschilismo?
Basta con i falsi miti del maschio forte: devono cambiare i modelli
Chiara Volpato, sociologa, docente all'università Bicocca di Milano, autrice di «Psicosociologia del maschilismo» (Laterza).
«Sono dati sconfortanti che confermano credenze tradizionali della mascolinità dominante».
D. Quali sono i miti dello stupro?
R. Eccone qualcuno: solo le donne di cattiva fama vengono violentate, molte desiderano essere sessualmente costrette, lo stupro è motivato da un irrefrenabile impulso sessuale, lo stupratore è di norma uno sconosciuto, abbiamo sempre la possibilità di resistere alla violenza sessuale se vogliamo, gli stupratori sono persone disturbate. Tutto non vero.
D. Ma dopo le leggi nuove e il MeToo come è possibile che questa mentalità resista?
R. Per un clima culturale che sostiene il ritorno alla maschilità tradizionale poco rispettosa delle donne. E contesti che rinforzano le convinzioni sessiste. Per esempio videogiochi violenti che propongono dei «machi» in azione, cosa gravissima perché contagia le nuove generazioni, come dimostrano i dati Istat, riferiti a un campione rappresentativo, compresi i giovani e le donne.
D. Sorpresa da quei dati?
R. Sì, per le percentuali così alte.
D. Leggi, dibattiti, manifestazioni. Non basta?
R. Assolutamente no, perché partecipa chi è già convinto. Bisogna lavorare a scuola e in famiglia, molto spetta alle madri ma anche ai padri, che trasmettono i miti del maschio forte. Ma soprattutto bisognerebbe che i giovani avessero modelli nei quali identificarsi. Una Creta femminista, meglio ancora un ragazzo.

Dobbiamo incidere sulla cultura a cominciare dalle scuole
Lea Melandri, saggista e scrittrice, è una tra le maggiori teoriche del femminismo. Il suo ultimo libro è «Alfabeto d'origine» (Neri Pozza).
«La violenza di genere dura da millenni: le cose sono un po' migliorate da 50 anni a questa parte, ma il lavoro più importante deve essere ancora fatto».
D. Cosa dobbiamo fare?
R. Ribellarci con molta più forza perché la resistenza maschile è fortissima. Ultimamente si parla molto di questi temi, ma non abbastanza e soprattutto non nelle scuole, sin dalle elementari. È paradossale che la maggior parte dei maestri siano donne e trasmettono un sapere nel quale manca la parte femminile del mondo. Il lavoro da fare è incidere nella cultura, non bastano le proteste. Se non si investe nella scuola non ce la faremo mai.
D. Cosa intende concretamente per rivoluzione culturale?
R. Occorre interrogare i fondamenti della nostra cultura greca, romana e cristiana che hanno sempre considerato le donne non persone, ma corpi che, in quanto tali, eccitano anche le pulsioni più violente degli uomini. Nell'immaginario comune le cose stanno ancora così e noi donne lo sappiamo, tanto è vero che noi stesse usiamo sessualità e maternità come potere sostitutivo di «armi» che non abbiamo avuto: ci rendiamo indispensabili per figli e mariti.
D. È una critica alle donne? Siamo maschiliste anche noi?
R. Non possiamo pensare che in questa vicenda noi non c'entriamo. Non dobbiamo colpevolizzarci, ma essere consapevoli che, forzatamente, abbiamo fatto nostra questa visione maschile del mondo. E dobbiamo ancora fare i conti con una pesante eredità.
a cura di Gaia Giorgetti



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