Numero 12 del 2019
Titolo: IPOVISIONE- Navigare a vista
Autore: Giorgio Ricci e Livia Laureti
Articolo:
La legge 284/1997 conteneva disposizioni inerenti la Prevenzione della cecità e la riabilitazione visiva. La legge aveva quale obiettivo principale la realizzazione di Centri di riabilitazione visiva sul territorio nazionale e le Regioni, grazie appunto al finanziamento previsto, dovevano procedere in tal senso. Solo poche Regioni hanno utilizzato coerentemente il finanziamento e oggi purtroppo assistiamo ad una realtà a macchia di leopardo, dove la qualità dei servizi offerti dai CERV nella maggioranza dei casi non rispecchia il modulo operativo necessario a coprire tutte le esigenze riabilitative, offrendo invece solamente un servizio diagnostico e di ipovisione.
Dicevamo che solo poche realtà hanno utilizzato in coerenza il finanziamento concesso e finalizzato, tra queste realtà, la Toscana. In Toscana sono operativi 3 CERV Firenze, Pisa e da pochi mesi Siena. I 3 Centri sono inseriti all'interno delle rispettive Aziende ospedaliere Universitarie e fanno parte integrante del sistema regionale della riabilitazione. Per la gestione dei 3 centri più i link di Arezzo e Grosseto, sono delegate sia IRIFOR che IAPB della Toscana che con apposita convenzione garantiscono i servizi con gli operatori previsti sia per gli adulti che per l'età evolutiva.
Vogliamo dare un contributo concreto alla inderogabile necessità di conoscenza delle attività di riabilitazione visiva e dei percorsi che ogni singolo centro propone in Italia, con l'obiettivo di stimolare una rete condivisa, anche nel contesto del Comitato tecnico nazionale presso il Ministero della Sanità, sede dove si dovrebbero monitorare tutte le attività dei Centri pubblici e privati.
Con questo spirito vogliamo presentare il percorso riabilitativo dell'età evolutiva del CERV di Firenze presso la AOU Careggi, invitando altri Centri e colleghi a seguire questa strada, perché ad oggi abbiamo solamente una conoscenza molto parziale sulle attività di riabilitazione visiva in Italia.
Navigare a vista: percorsi integrati e reti di cura
Il modello di intervento del Modulo età evolutiva del Centro Integrato per l'educazione e la riabilitazione visiva "C. Monti" di Firenze dell'AOU Careggi-I.Ri.Fo.R - IAPB Comitato regionale toscano
Il modello integrato
Il Centro Integrato sviluppa la sua attività su due Moduli: Età Evolutiva 0-18 anni ed Età Adulta e Senile. Un primo livello di integrazione deriva dal modello gestionale adottato che, nell'erogazione dei servizi, unisce tre partner: l'ente pubblico, cioè l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi e due enti territoriali senza fini di lucro: l'I.Ri.Fo.R. organismo dell'associazione di tutela della categoria (U.I.C.I.) e il comitato toscano dell'Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità (I.A.P.B.). Un secondo livello di integrazione, che riguarda i minori, è rappresentato dalla forte sinergia tra il Modulo Età Evolutiva e il Centro di Consulenza Tiflodidattica di Firenze, attivo sui percorsi di integrazione scolastica degli alunni ipo e non vedenti, sinergia che si proietta e coinvolge con forza propulsiva i servizi di riabilitazione e neuropsichiatria infantile territoriali, le istituzioni scolastiche e le agenzie educative 0-3 anni. Un terzo livello di integrazione per questo Modulo, a cui ha contribuito la collocazione del Centro all'interno del campus di Careggi, si realizza grazie al collegamento diretto con la T.I.N. del punto nascita più grande della regione e alla collaborazione strutturata, attraverso riunioni mensili, con l'equipe di oftalmologia dell'Ospedale pediatrico "A. Meyer", nonché il raccordo con la sua unità di riabilitazione.
Confronto tra salute e malattia - Prima tappa del percorso
La diagnosi di disabilità che il genitore riceve e la ferita narcisistica che si crea nel suo immaginario sono il primo crocevia a cui la preparazione e i soccorsi per fronteggiare shock, incredulità, dolore, sensi di colpa, non devono mancare. È un momento delicatissimo, sia quando il nome della malattia distrugge l'immagine della salute e la gioia che ne deriva, sia quando un disturbo evidente, ma non identificato mette in discussione lo sviluppo del bambino. Si tratta di una comunicazione difficile che i medici e il personale sanitario devono essere preparati ad affrontare; è necessario infatti riconoscere per prima cosa i propri sentimenti rispetto alla disabilità oltre che fare i conti con la personale capacità di accogliere e di elaborare il dolore; bisogna sintonizzarsi con il genitore senza fuggire o soccombere di fronte alla sua sofferenza, affinare le competenze per potere fornire risposte lucide e calibrate alle sue domande, pretendere dall'organizzazione il tempo necessario per farlo. Inutile dire che in questo campo c'è ancora molto da fare, soprattutto a livello della formazione delle professioni mediche e sanitarie; i corsi di laurea riservano ancora troppo poco spazio alle metodologie della comunicazione e relazione con il paziente, dell'ascolto, del lavoro in equipe. Le buone prassi che nascono dall'esperienza e dalla sensibilità dei singoli sono, tuttavia, sempre possibili. Ne è un esempio l'ambulatorio oculistico dedicato ai genitori di bambini con malattie genetiche e del metabolismo, che con periodicità convoca cinque famiglie alla volta, a cui dedicare più tempo e spazio per affrontare le situazioni in cui il disturbo visivo discende da una patologia che colpisce più sistemi. Un altro esempio riguarda l'accompagnamento dei genitori ai servizi di riabilitazione che viene garantito quando c'è una rete di comunicazione attiva con procedure e rapporti professionali consolidati che evitano vuoti assistenziali, assicurando la continuità e la coerenza delle cure.
Ci vede male, non ci vede: invio al Centro Integrato - Seconda tappa
La patologia oculare riscontrata ai punti nascita consente sempre più frequentemente di segnalare i bambini, fin dai primi mesi di vita, al Centro Integrato e ciò si ripercuote sul migliore esito della ri-abilitazione e della qualità complessiva della vita delle famiglie. Il raccordo esistente tra il Centro Integrato, le S.O.D. di oculistica e neonatologia dell'Ospedale di Careggi, le Unità di oftalmologia e di riabilitazione funzionale dell'Ospedale Meyer ha prodotto un abbassamento dell'età di presa in carico dei bambini con problematiche visive che è passata, dal 2015 al 2019, dalla media dei 4 a quella di 2 anni di età.
Per la fascia dell'età precoce 0-3 anni si attivano presso il Centro Integrato cicli intensivi di abilitazione visiva e multisensoriale della durata di tre mesi con approccio globale neuropsicomotorio, che perseguono i seguenti obiettivi:
* scongiurare i rischi di sviluppo e le conseguenze secondarie dovute all'assenza o alla mancata integrità della funzione visiva;
* offrire ai genitori un supporto puntuale per promuovere la relazione con il proprio bambino, la cui positività costituisce un importante fattore protettivo dello sviluppo;
* favorire la condivisione dell'esperienza con altri genitori al fine di creare un vissuto comune in cui potersi confrontare, sentirsi meno soli e più fiduciosi nelle proprie capacità genitoriali;
* integrare l'attività svolta dai servizi, ospedalieri e territoriali, nel delicato post-diagnosi e nei primi anni di crescita del bambino, attraverso un intervento abilitativo tempestivo, professionale e specifico.
Il ciclo abilitativo comprende 12 incontri individuali ambulatoriali della durata di due ore ciascuno e un incontro domiciliare. Sono previsti inoltre due incontri di gruppo di massaggio infantile per i bambini in età 0-15 mesi e fino ai 2 anni quando sussistono patologie neuromotorie che ne compromettono la deambulazione. Le attività sono svolte da una terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva e da un'operatrice di intervento pedagogico domiciliare precoce, entrambe con solida preparazione sui disordini visivi dell'infanzia. Gli interventi sono improntati al modello del Family Centered Service che poggia sui seguenti paradigmi: ogni bambino è unico, la famiglia è la costante nella vita del bambino, i genitori sono gli esperti sui bisogni e sulle sue abilità. Gli operatori aiutano i genitori a comprendere i comportamenti atipici correlati alla presenza del deficit visivo attraverso un processo di coinvolgimento nel quale vengono condivisi giochi, materiali, modalità interattive efficaci per favorire una migliore sintonizzazione e l'instaurarsi di relazioni soddisfacenti, più equilibrate anche dal punto di vista delle aspettative. La partecipazione dei genitori consente di estendere "la sensibilità abilitativa" a tutti i momenti della giornata potenziando l'efficacia del ciclo.
Al gruppo dei genitori sono dedicati ulteriori 3 incontri (accoglienza e presentazione del progetto; laboratorio di costruzione giochi; confronto e scambio delle esperienze) durante i quali, oltre alle operatrici di riferimento, sono presenti lo psicologo del Modulo, la responsabile del Centro di consulenza tiflodidattica e la coordinatrice del progetto. Nel laboratorio di costruzione giochi i genitori, stimolati dagli operatori, realizzano oggetti con caratteristiche sensoriali interessanti per i loro bambini; il clima informale derivato dal piacere di costruire oggetti personalizzati, dalla possibilità di scambiare idee e commenti, facilita la condivisione dei vissuti, accresce la consapevolezza e l'empowerment dei genitori. Lo psicologo aiuta la riflessione sugli aspetti della crescita, sulla necessità di concedere ad ogni figlio il tempo di cui ha bisogno, di riconoscerne risorse e limiti e sentire le emozioni che essi scatenano. Ogni genitore può esprimere il proprio punto di vista sull'esperienza vissuta durante lo svolgimento del ciclo, sui cambiamenti che ha registrato in sé e nel proprio figlio; la solidarietà tra genitori produce maggiore serenità e fiducia nel futuro.
Affrontare i passaggi della crescita: la bussola dov'è? - Terza tappa
Gli invii al Centro integrato provengono sia dai servizi ospedalieri preposti alla diagnosi e cura in fase acuta sia, in larga parte, dai servizi territoriali, soprattutto quando ci sono di patologie complesse o multisistemiche. La rete di rapporti e di collaborazioni costruita negli anni fa sì che non appena si ravvisi un importante malfunzionamento visivo, attestato da una patologia o da disturbi oculari, scatti la richiesta, da parte dei servizi, di approfondimento visuo-percettivo e/o di presa in carico nei casi di ipovisione o cecità. Le osservazioni-valutazioni sono partecipate, cioè avvengono in presenza dei caregivers e, se richiesto o necessario, anche dell'inviante e/o dell'insegnante; esse mettono in luce le competenze possedute dal bambino e quelle emergenti con specifiche facilitazioni, stimolano le osservazioni dei genitori sui comportamenti a casa, permettono di confrontarsi e condividere subito materiali, modalità interattive tenendo presente l'integrazione tra la dimensione abilitativa e quella educativa. L'osservazione-valutazione rappresenta inoltre una tappa fondamentale del percorso che consente di capire meglio qual è l'immagine che i genitori e gli operatori hanno del bambino e di valutare la disponibilità della famiglia a sostenere gli interventi terapeutici; prevede anche la somministrazione di test standardizzati e si completa, per i bambini fino ai 6 anni di età, con una osservazione presso il nido o la scuola, riservando un momento di confronto con gli operatori e i genitori per condividere quanto emerso. La valutazione termina con la stesura di una relazione che viene consegnata ai genitori e trasmessa, con il loro consenso, agli operatori sanitari ed educativi che seguono il bambino. Si tratta di una relazione nella quale sono riportati i dati clinici già rilevati dall'inviante, o da altri specialisti sanitari, la qualità, l'uso e l'integrazione della funzione visiva, le difficoltà principali del momento, le facilitazioni specifiche per il bambino in relazione anche alla fascia d'età, gli accorgimenti generali utili in presenza di deficit visivo. Nelle situazioni complesse in cui sono presenti anche altri disordini del neurosviluppo la valutazione arricchisce la diagnosi clinica del medico e consente di comprendere meglio quanto incide la disabilità visiva e con quali strategie ridurne l'impatto. Alle osservazioni-valutazioni partecipa anche la responsabile del Centro di consulenza tiflodidattica al fine di garantire fin dall'inizio un supporto integrato alla famiglia e a tutti gli operatori.
Reti e rotte sicure per navigare
Il percorso prosegue con incontri periodici di monitoraggio dell'evoluzione delle competenze del bambino, di consulenza e confronto con la famiglia presso il Centro, presso le scuole, gli ambulatori delle Usl e i luoghi di vita. Man mano emergono nuovi bisogni correlati alle tappe di sviluppo (imparare a gestire gli ausili tecnologici o presidi ottici più complessi, raggiungere i luoghi di interesse in autonomia e sicurezza, affrontare l'adolescenza con una disabilità che complica i rapporti) si attivano gli interventi degli altri operatori del Modulo: psicologo, ortottista, oculista, istruttori tecnici di orientamento e mobilità, di tecnologie informatiche, di autonomia personale. Ad ogni passaggio di crescita o che comporta l'inserimento in un nuovo ordine di scuola si effettuano rivalutazioni, si introducono sussidi e ausili, si prende contatto con i nuovi referenti e si offre consulenza.
Cosa abbiamo imparato noi operatori in vent'anni di attività vicino a bambini, ragazzi e alle loro famiglie? Ci siamo accorti che intervenire sempre più precocemente significa accelerare l'acquisizione di autonomie e di strategie per compensare l'handicap visivo, gestire prima e meglio gli strumenti, avere genitori che sviluppano fiducia nei figli e nei servizi senza perdersi d'animo, in definitiva diminuire il bisogno degli esperti e dimostrare che, senza ombra di dubbio, investire prima in modo adeguato consente di risparmiare dopo, molto di più, sotto ogni profilo.