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Voce Nostra

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Numero 21 del 2019

Titolo: Medicina- Come funziona la visita fiscale?

Autore: Redazionale


Articolo:
(da «Corriere Salute» del 18 novembre 2019)
Certificati telematici, nuove fasce orarie di reperibilità e le patologie che sono esenti da verifiche. Ecco le regole per dipendenti (e non) in malattia
Controlli aumentati del 34 per cento
I dipendenti pubblici ricevono sempre più visite fiscali durante la malattia: nell'ultimo anno i controlli sono aumentati del 34 per cento, secondo i dati raccolti dall'Osservatorio Inps. Da quando è in funzione il Polo unico Inps con competenza esclusiva sulle visite fiscali, una novità introdotta dalla riforma Madia (124 del 2015), le maglie della pubblica amministrazione si sono strette. E nella rete sono finiti i malati immaginari e «furbetti della malattia», dipendenti specializzati nel piazzare assenze strategiche, per esempio a ridosso delle feste o dei weekend. Con un'inversione di tendenza attesa da anni: il calo dei giorni di malattia nel settore pubblico (-7,3 per cento).
La visita non è automatica
Ma vediamo quali sono le regole da seguire durante il periodo di malattia. La visita fiscale è un controllo medico che può essere attivato dal datore di lavoro in caso di malattia del dipendente e vale sia per il settore privato, sia per quello pubblico. Ma non è automatica. Può essere richiesta dall'azienda, a discrezione del dirigente che tiene conto della condotta generale del dipendente, oppure direttamente dall'Inps, che ha lo stesso diritto del datore di lavoro di verificare lo stato di salute della persona assente.
Contattare il medico
Il lavoratore ha l'obbligo di avvisare immediatamente l'azienda comunicando la malattia, anche con una telefonata. Poi deve contattare, entro 48 ore, il medico di famiglia (o la guardia medica) per chiedere il rilascio del certificato con la diagnosi e i giorni necessari per la guarigione, che verrà inviato per via telematica all'Inps con il numero di protocollo. Il documento deve riportare l'indirizzo, anche diverso da quello abituale di residenza, che garantisce la reperibilità del malato.
Diritti e doveri
Esistono delle fasce orarie in cui il lavoratore è obbligato a farsi trovare a casa. Per i dipendenti privati sono dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Per quelli pubblici sono diventate di recente più ampie: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. Per entrambe le categorie le visite di controllo possono essere fatte sette giorni su sette, inclusi festivi e prefestivi, sabato e domenica.
Le sanzioni
Chi è assente rischia il provvedimento disciplinare e la perdita dell'intero trattamento economico. Solo se viene dimostrato che l'assenza è dovuta a cause di forza maggiore si evita la sanzione: può bastare un certificato del medico che attesta che il paziente si stava sottoponendo a una visita o lo scontrino della farmacia che giustifica l'assenza per acquistare una medicina. Non è invece considerata una scusante sostenere che si stava troppo male per alzarsi e aprire la porta: l'orientamento generale delle sentenze considera il principio per cui il lavoratore è tenuto a predisporre tutti gli accorgimenti possibili per consentire l'accesso al professionista.
Gli autonomi
«Anche il lavoratore autonomo che sia iscritto alla Gestione separata Inps è tenuto a seguire le classiche regole del controllo medico fiscale previste per gli altri lavoratori, le sue fasce di reperibilità equivalgono a quelle dei dipendenti del settore privato», ricorda Simone Cagliano, esperto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Ricoveri e invalidità
Chi è ricoverato in ospedale o in un'altra struttura, invece, non è tenuto alla reperibilità. Sono esenti dall'obbligo di rispettare le fasce orarie anche i lavoratori, sia del settore pubblico sia di quello privato, assenti a causa di gravi patologie che richiedono terapie salvavita o di malattie oncologiche per le quali è prevista la chemioterapia o la radioterapia. «Il lavoratore con un'invalidità di almeno il 67 per cento è esonerato dalla visita solo se ha una patologia legata alla sua invalidità. Altrimenti, per esempio in caso di influenza, ha l'obbligo di reperibilità come tutti», spiega Cagliano.
Le eccezioni
Altre eccezioni riguardano le lavoratrici a casa per gravidanza a rischio e le persone assenti dal lavoro a causa di un infortunio o di una malattia professionale: anche in questi due casi non c'è l'obbligo per il dipendente di rispettare le fasce di reperibilità.
Chi paga i giorni di assenza
Chi per un periodo non può lavorare a causa di una malattia nel nostro Paese ha diritto a un'indennità economica. Per i dipendenti privati i primi tre giorni di assenza sono a carico del datore di lavoro, che paga l'intero stipendio al lavoratore ammalato. Dal quarto al ventesimo giorno l'Inps si fa carico del 50 per cento della retribuzione, quota che sale al 66 per cento dal ventunesimo al 180esimo giorno di assenza. Questa la norma generale, che viene modificata dai vari contratti di categoria. Nella maggior parte dei casi i contratti collettivi di lavoro integrano l'indennità dell'Inps per arrivare al 100 per cento della retribuzione; per i dipendenti pubblici l'indennità è interamente corrisposta dal datore di lavoro. Chi supera, nello stesso anno solare, 180 giorni di malattia non ha più diritto ad alcuna indennità.
Cristina Ravanelli



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