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Kaleîdos

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Numero 20 del 2019

Titolo: Ci credevano sceme

Autore: Anna Tagliacarne


Articolo:
(da «F» n. 42-2019)
Gli scienziati (maschi!) per secoli ci hanno dipinto come esseri inferiori. Oggi finalmente le nuove teorie ribaltano le tesi e spazzano i pregiudizi. Con la giornalista Angela Saini abbiamo analizzato le più grandi fake news della Storia
Pensiamo che la scienza sia neutrale, che il metodo scientifico sia libero dai pregiudizi. Invece no: «Gli scienziati per secoli hanno dipinto la donna come un essere inferiore, esercitando la loro influenza su questioni importanti come il diritto all'aborto, il riconoscimento del diritto di voto e l'istruzione scolastica. Per la maggior parte dei maschi, hanno stabilito che la donna è più adatta per occuparsi della famiglia mentre l'uomo eccelle nel ragionamento logico e spaziale, determinando il modo in cui consideriamo il nostro corpo e la nostra mente, le relazioni che intratteniamo», scrive la giornalista inglese Angela Saini nel saggio «Inferiori» (HarperCollins). Oggi molte nuove ricerche danno una versione diversa: c'è una nuova scienza ripulita dai condizionamenti. Vediamo, insieme all'autrice, quali sono le cinque fake news radicate da secoli e come sono state ribaltate dalle nuove teorie.
Le donne sono intellettualmente inferiori
«Mi pare molto difficile, per le leggi dell'ereditarietà, che le donne possano eguagliare l'intelletto dell'uomo», scriveva Charles Darwin, il padre dell'evoluzionismo nato nel 1809. Nel mondo animale, i maschi hanno ottenuto un vantaggio sulle femmine competendo con i compagni per conquistarle: alcune specie hanno sviluppato un piumaggio particolarmente vivace, per esempio i maschi dei pavoni. Altre, come i leoni, si sono dotate di una magnifica criniera per attrarre l'altro sesso. Con la stessa logica il maschio degli umani, non solo si sarebbe sviluppato nei millenni sul piano fisico, ma avrebbe anche affinato le proprie capacità intellettive. Ecco spiegato perché, secondo Darwin, gli uomini sarebbero diventati scienziati, artisti e filosofi mentre la donna sarebbe rimasta un essere fragile. L'attivista e suffragetta Eliza Burt Gamble, capì quanto la scienza potesse essere pericolosa, e oltre cent'anni fa nel suo «L'evoluzione della donna» scriveva: «Le donne non sono inferiori per natura, ma appaiono così perché non hanno avuto la possibilità di sviluppare il loro talento». Gli stereotipi sono duri a morire, ma lentamente cambiano. Nel 1946 quasi il 70 per cento della popolazione era convinta che uomini e donne non avessero la stessa intelligenza. Al contrario, nel 2019 l'86 per cento degli intervistati ha affermato che donne e uomini sono intelligenti nella stessa maniera. Un balzo nell'evoluzione della specie.
Il cervello femminile è più piccolo e quindi è meno dotato
È vero che il cervello femminile è mediamente più piccolo di quello maschile (1,2 chili contro 1,35), ma questo non incide sul quoziente di intelligenza: il cervello di Einstein, per esempio, pesava 1,25 chili. Oggi la psicologa Cordelia Fine ha coniato il termine «neurosessismo» per descrivere la convinzione che «le differenze intrinseche tra cervello maschile e femminile predispongano i sessi a comportamenti immutabili e stereotipati».
La neuroscienziata Gina Rippon è certa che continuare a parlare di cervello maschile e cervello femminile non sia corretto: il cervello è un organo plastico e la plasticità ne determina lo sviluppo. «Quando un genitore spinge il figlio a giocare con le costruzioni e la figlia a giocare con le bambole, stimolerà lo sviluppo di ramificazioni nervose che potranno portare il bambino a diventare ingegnere e la bambina maestra», sostiene.
La fisica non è femmina (e nemmeno la matematica)
L'anno scorso dopo aver dichiarato: «La fisica non è donna» Alessandro Strumia, professore dell'Università di Pisa, è stato sospeso dal Cern di Ginevra. Il fisico italiano è in buona compagnia visto che Lawrence Summers, presidente dell'università di Harvard, si è dovuto dimettere per aver sostenuto che sono poche le donne ai vertici universitari per «questioni di predisposizione intrinseca». Un po' come Darwin, ma secoli dopo, c'è chi sostiene che esistono differenze biologiche tra uomo e donna. Il recente studio condotto da «European Women in Mathematics», che ha esaminato pubblicazioni matematiche dagli Anni 70 fino al 2014, evidenzia come le matematiche europee siano triplicate. Questo non significa che plotoni di ricercatrici e docenti si dedichino alle materie Stem (acronimo che indica scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), ma oggi sappiamo che le scienze sono unisex. Tuttavia, anche se i dati europei dicono che più del 50 per cento dei laureati in materie scientifiche è donna, nella fase successiva la situazione cambia: tra i ricercatori assunti sono donne solo il 30 per cento mentre ai livelli superiori nelle università italiane lo sono solo il 16,5 per cento dei professori di ruolo. Non è però una questione di competenze, ma di pregiudizio culturale.
Le donne devono occuparsi della casa, non lavorare
Sappiamo che l'epoca di Darwin non era brillante per le donne, i cui profili andavano dall'ereditiera per precipitare nella scala sociale fino alla lavandaia. Vie di mezzo, poche. Quando la scienziata americana sostenitrice dei diritti delle donne, Caroline Augusta Kennard, gli scrisse che la presunta inferiorità femminile poteva essere appianata grazie al lavoro, Darwin rispose che se le donne avessero assunto il ruolo di capofamiglia come gli uomini sarebbe stato scombinato l'ordine in famiglia, «l'educazione dei figli, la felicità delle nostre case». Là dove la scienza le aveva confinate le donne dovevano restare e che non se ne parlasse più. Ancora oggi capire quanto possa essere dannosa un'affermazione pseudoscientifica non è facile. La psicologa Corinne Moss-Racusin e un gruppo di ricercatori della Yale University hanno analizzato il problema dei pregiudizi nella scienza. A oltre cento scienziati è stato chiesto di selezionare un candidato per un lavoro come responsabile di laboratorio. I curriculum da valutare erano identici, ma la metà portava un nome femminile e l'altra metà un nome maschile. Gli scienziati - sia uomini, sia donne - hanno dato una valutazione inferiore della competenza e della possibilità di assunzione a quelli con nome femminile.
Gli uomini sono leader, le donne sanno solo accudire
Non sappiamo parcheggiare e non abbiamo senso dell'orientamento, infatti davanti a una mappa andiamo in tilt. Però siamo empatiche e abbiamo l'istinto innato dell'accudimento. Invece lui, che è nato leader, non chiederebbe mai un'indicazione stradale e spesso si isola nel suo mondo, concentratissimo. Ma davvero? Queste schematiche differenze tra i due sessi sono state confermate da un famoso esperimento condotto su neonati dallo psicologo Simon Baron-Cohen (poi messo in dubbio), ma anche da libri di successo come «Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere» di John Gray che, dopo aver preso una laurea in psicologia per corrispondenza, sulla dicotomia Marte-Venere ha costruito un impero da 30 milioni di copie. Oggi sappiamo che il cervello maschile contiene più materia grigia, quindi più neuroni, mentre quello femminile ha una maggior quantità di materia bianca, che controlla i segnali tra neuroni e ha anche un corpo calloso più esteso. Davvero in queste differenze risiederebbe la prova scientifica che vorrebbe le donne programmate per accudire e gli uomini nati per ricoprire posti di comando? Secondo la psicologa Cordelia Fine, no; al contrario i due terzi degli studi che individuano tali differenze non sono supportati da sufficienti prove scientifiche. Quasi tutte le ricerche fatte in questo campo partirebbero dal pregiudizio che cervelli diversi presuppongano comportamenti diversi. Ma nel suo recentissimo «Testosterone Rex. Miti di sesso, scienza e società» (La nave di Teseo) Fine afferma che tra uomini e donne non esistono differenze insormontabili determinate dal sesso: «Il sesso non ha fissato alcun comportamento come tratto essenziale. Anzi, le componenti genetiche e ormonali del sesso collaborano con altre parti del sistema evolutivo».
Anna Tagliacarne



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