Numero 10 del 2019
Titolo: 10 ANNI DI CONVENZIONE ONU- Animali senza status
Autore: Carlo Giacobini
Articolo:
La Convenzione ONU sui diritti della persone con disabilità, la cui ratifica ha celebrato in Italia il decennale nel marzo scorso, è tanto circostanziata da lasciare un riferimento anche al ruolo degli animali e, quindi, ai cani per i ciechi.
Lo fa all'articolo 20 che raccomanda agli Stati di adottare "misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile".
Fra le misure elencante una in particolare suggerisce di "agevolare l'accesso da parte delle persone con disabilità ad ausili per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili".
Richiamarne puntualmente il testo non è un mero esercizio espositivo e ciò per due motivi fra loro peraltro connessi ed estremamente operativi. Il primo è legato ad una delle maggiori impasse, quella dell'assenza definitoria che rappresenta un ostacolo tecnico e logico che rallenta, frena o impedisce di intervenire efficacemente per favorire chi ricorre ad un animale, ad cane guida nel caso dei ciechi, per la propria autonomia e mobilità personale.
Un aggancio ce lo offre la Convenzione. Essa pone gli animali da assistenza in un continuo logico con gli ausili, gli apparati e gli accessori, le tecnologie di supporto ricomponendolo attorno alla medesima funzione e finalità: mobilità personale e autonomia.
Esistono classificazioni dettagliate degli ausili e financo dei prodotti di comune reperibilità. Sono fissate regole che garantiscono sicurezza e (forse) affidabilità. Le tecnologie sono individuabili e anch'esse perimetrate da criteri e funzionalità. Anche gli operatori sono sempre più destinatari di qualifiche, di obblighi formativi e di aggiornamento.
E gli animali? O meglio "gli animali per l'assistenza"?
Per questi di fatto vi è un vuoto normativo, non solo italiano, che impedisce articolate, puntuali, efficaci e mirate misure rivolte a favorirne l'accesso da parte delle persone con disabilità, cioè quella finalità richiamata dalla Convenzione ONU.
Si dirà che in Italia esiste una norma sui cani guida dal lontano 1974 (la legge 37), disciplina che rappresenterebbe una attenzione antica verso questi temi. È sicuramente una norma importante ma riguarda la gratuità del trasporto dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico ed aggiunge il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida. Nel 2006 vi sono stati aggiunti alcuni comma per garantirne una maggiore cogenza, ma le segnalazioni di violazione (alberghi, taxi, tanto per citarne alcuni) sono ancora troppo frequenti per non sospettare che vi sia qualcosa che ancora non funziona sia nelle sanzioni che nella consapevolezza.
Anche la recente vicenda dell'esclusione dei cani guida dalle scale mobili, rattoppata grazie all'impegno dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, lascia aperti molti interrogativi e ricadute di responsabilità civile e assicurative.
E la lacuna definitoria diventa un colabrodo leggendo la normativa tributaria, in particolare quella che riguarda l'IRPEF e l'assieme delle detrazioni fiscali. Dietro questi vuoti, che adesso sondiamo, non si nascondono tanto potenziali elusioni (irrisorie visto il montante più o meno ampio di evasione fiscale nel nostro Paese), quanto la debolezza delle agevolazioni che consentirebbero quella migliore accessibilità invocata dalla Convenzione ONU. Quindi un più ampio ed efficace sostegno a chi sopporta oneri e spese per l'acquisto e il mantenimento di un cane guida.
A gran parte dei Lettori è noto di come si possa detrarre, oltre alle spese veterinarie già riconosciute per la generalità dei contribuenti e per qualsiasi animale da affezione, una cifra forfettaria di 1000 euro l'anno per il mantenimento del cane guida. È appena il caso di far notare come la disposizione tributaria non indichi il "possesso" dell'animale, ma il mantenimento: il cane potrebbe essere anche di terzi. Un aiuto apprezzabile anche se non immune da disparità di trattamento. In effetti in combinato disposto di un paio di commi riconosce al solo contribuente non vedente quella agevolazione e non la estende invece, al pari delle spese sanitarie, al familiare che ce l'abbia fiscalmente a carico. Una condizione che esclude dal beneficio tutti quei casi in cui il cieco sia privo di reddito personale e viva in famiglia che ne sostenga le spese.
Le stesse norme tributarie (parliamo del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) equipara le spese di acquisto di un cane guida a quelle per l'acquisto di un veicolo, ammettendone quindi la detrazione in sede di denuncia dei redditi.
Anche in questo caso né il Legislatore né l'amministrazione finanziaria si sono preoccupati di circoscrivere i criteri per individuare un animale come cane guida. Così com'è scritta parrebbe che il semplice possesso da parte di un cieco renda guida il cane. Ma tant'è.
Si noterà che è invece del tutto assente la possibilità di detrarre le spese eventualmente sostenute per l'addestramento del cane affidato ad istruttori, oneri talvolta anche molto significativi. Si dirà che i casi sono molto limitati ma non crediamo sia questo il punto. L'osservazione è che manca una definizione giuridica di status di cane guida e conseguentemente divengono difficoltose le azioni di sostegno all'uso e di riconoscimento certo dei diritti.
Quando un cane può essere considerato addestrato alla guida? Quando ha seguito un percorso presso una scuola di addestramento specifica? Forse. Hanno storie diverse, ma anche in questo caso nessuna norma le regolamenta, le riconosce ed evita la futuribile nascita di soggetti improvvisati. Per ora vivono grazie all'impegno, all'esperienza, alla buona volontà.
E se una persona legittimamente volesse farsi addestrare l'animale da un istruttore preparato? Non esiste un profilo definito per legge a garanzia degli utenti e delle professionalità stesse.
Chi riconosce se un cane è effettivamente addestrato? E su quali basi? Potrebbero essere le scuole, forse, ma potrebbe essere anche un soggetto pubblico e terzo sul modello austriaco, laddove uno specifico patentino viene rilasciato al superamento di una serie di test. Sono tutte ipotesi valide quanto vacue in assenza delle premesse giuridiche.
E nella vaghezza si incespica anche in bizzarrie regolamentari come in ambito aereo. Negli ultimi anni alcune compagnie aeree, nelle loro pagine informative ai clienti, informano che i cani guida possono evitare di viaggiare in stiva solo se (citiamo testualmente) "sono addestrati da una organizzazione che è riconosciuta o affiliata alla International Guide Dog Federation (IGDF)".
IGDF è una organizzazione britannica e non tutte le scuole italiane vi sono federate. Di qui l'impossibilità formale per il viaggiatore cieco di dimostrare alcunché.
A supporto della perentorietà di questa regola le compagnie aeree citano un atto dell'ECAC, l'European Civil Aviation Conference e per l'esattezza il DOC 30 (Part I Section 5 Facilitation of the transport of persons with reduced mobility, Edizione Giugno 2012).
Tuttavia nel maggio 2018 ECAC, nella sua 12esima edizione, ha tuttavia rivisto profondamente quell'atto, non solo eliminando il riferimento all'IGDF e basando il riconoscimento sull'evidenza qualora non esista documentazione formale, ma estendendo l'eventuale ruolo dell'animale da assistenza anche al di là delle limitazioni sensoriali. Un documento che merita di essere letto perché coniuga molto efficacemente spirito e principi della Convenzione ONU con necessità e soluzioni estremamente operative. Purtroppo alcune compagnie aeree restano ferme al 2012 nell'imbarazzante silenzio di ENAC, autorità cui è affidato il controllo sul rispetto dei regolamenti europei in ambito aereo.
Come concludere? Anche in questo caso la Convenzione è chiara, ma fintanto che non si adeguano norme e si articolano servizi e sostegni, in questo caso iniziando col riconoscere status e regole, quelle espressioni rimarranno lettera morta.