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Kaleîdos

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Numero 16 del 2019

Titolo: Deborah Ghisolfi «Così rendo le aziende agili. E i lavoratori soddisfatti»

Autore: Flora Casalinuovo


Articolo:
(da «Donna moderna» n. 36 del 2019)
Otto anni fa ha smesso di camminare per colpa dello stress. Si è riposata, ha cambiato impiego. E oggi è l'unica «agile manager» italiana. Ovvero, insegna a riorganizzare la quotidianità in ufficio, Risultato: i dipendenti si affaticano meno e rendono meglio
Una grande collana che sfavilla sul décolleté con i suoi intrecci di fili e materiali diversi. Eppure leggera come una piuma. Quando incontro Deborah Ghisolfi, è il primo dettaglio che mi balza all'occhio. E alla fine dell'intervista capisco che è la metafora perfetta della sua carriera e del suo modo di essere. Perché lei, prima e unica «agile manager» italiana certificata, aiuta le aziende a semplificare e migliorare il lavoro quotidiano. Stretta di mano forte ma calda, si presenta dicendo di avere 46 anni, poi si corregge subito ridendo: «Sono 45, mi sono data un anno in più perché sono proiettata verso il futuro». Il domani la elettrizza, però riavvolge volentieri all'indietro il nastro della sua vita, dagli studi al problema di salute che ha sparigliato tutto e l'ha fatta diventare la donna che è. «Sin da ragazzina cercavo di svicolare, ovvero di fare ciò che dovevo per poi poter seguire le mie passioni».
D. Eppure il suo sembra il percorso perfetto: laurea in Informatica e poi manager in un'azienda che si occupava di streaming delle partite di calcio.
R. Ho frequentato l'istituto tecnico anche se sognavo il liceo scientifico: da classica ragazza della campagna cremonese, avevo genitori che mi spingevano a essere pratica. Al terzo anno ho seguito un corso sperimentale di programmazione e dopo la maturità ho combattuto con mio padre per iscrivermi a Informatica a Milano. Alla fine ci siamo accordati: lui mi avrebbe pagato la retta, io avrei pensato alle altre spese. Così mi sono trovata un impiego. E non mi sono più fermata, cambiando diverse aziende. Fino al terremoto.
D. A cosa si riferisce?
R. Una mattina del 2011 stavo guidando e ho iniziato a non sentire più gambe e braccia, le pizzicavo e non provavo nulla. Per miracolo, grazie al cambio automatico, sono riuscita ad arrivare al pronto soccorso più vicino. Per 10 giorni ho vissuto un incubo. Non riuscivo quasi a muovermi, i medici mi bombardavano di esami e farmaci, senza risultati. Alla fine, è emerso che non avevo problemi neurologici: era colpa dello stress. Ho vuotato il sacco con i miei cari e ho ammesso che mi sentivo usata e non appagata. Così ho detto addio al lavoro e sono andata a riposarmi.
D. Non me la immagino stesa al sole...
R. Non proprio, ma nella vita nulla succede per caso. Ho trovato un altro impiego nel settore della riorganizzazione e, mentre cercavo di capire come avere ritmi più umani, mi sono ricordata di un collega che mi aveva parlato del Metodo agile, fondato nel 2001 in America da un gruppo di esperti di software. Mi sono messa a studiare e oggi sono l'unica «agile manager» italiana certificata da Icp-mkg (il consorzio internazionale che si occupa della metodologia e del suo insegnamento, ndr). Nel 2016 ho fondato Agile Marketing Italia, che ha già lavorato con Canon, Fiat Chrysler e con il re del mascara Ancorotti Cosmetics.
D. In che consiste questo metodo?
R. Ha 2 scopi: evitare la crisi delle aziende e il burnout, ovvero lo stress da lavoro, dei dipendenti. Oggi bisogna essere duttili, e io mostro come diventarlo. In pratica, insegno a fare a fettine un elefante, cioè a dividere progetti e obiettivi in piccoli passi, che si possono prevedere e gestire. A questo scopo è fondamentale rivoluzionare l'organizzazione: non c'è più solo un capo, ma una squadra. Niente impiegati che fanno il compitino, ma protagonisti con progetti propri. È un percorso che dura almeno 6 mesi, in cui formo il personale. Quando il metodo è interiorizzato, diventa automatico e si applica in ogni ambito».
D. Perché fa bene alle aziende e ai dipendenti?
R. Nelle imprese cambia il modo di fare business. Al gruppo del settore beauty con cui ho lavorato il metodo è servito a ideare un prodotto innovativo in tempi stretti e in anticipo sulla concorrenza. I lavoratori sono stati coinvolti prima nel corso di formazione e poi nell'ideazione: ognuno aveva un suo compito, con obiettivi quotidiani. Sentendosi protagonisti, hanno reso di più e questa metodologia snella ha alleggerito la loro fatica.
D. Il metodo si usa anche nella vita privata?
R. Ho preparato una maratona di nordic walking proprio segnando su post-it e mappe le fasi dell'allenamento, la dieta, l'abbigliamento e il percorso. Poi aiuto mio figlio a studiare per gli esami universitari: camera sua è zeppa di fogli per visualizzare obiettivi e problemi, che si trasformano in faccine colorate, e in una piccola gratificazione, quando ce l'ha fatta.
D. Si diventa «agili» anche con i sentimenti?
R. Certo. Io e mio marito Simone tanto tempo fa abbiamo deciso di accogliere in affido un bambino, che oggi ha 20 armi. Poi abbiamo scoperto che aveva una sorellina, affidata a una coppia che abita vicino a noi. Così abbiamo costruito una grande famiglia allargata, trascorriamo le vacanze insieme. Siamo agili, leggeri: cioè aperti e senza barriere.
Flora Casalinuovo



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