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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Gennariello

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Numero 9 del 2019

Titolo: C'era una volta

Autore: Redazionale


Articolo:
La pietra azzurra
Il gioiellerie era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
«È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?».
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: «Quanti soldi hai?».
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
«Bastano?» disse con orgoglio. «Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi».
L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio.
«Prendilo» disse alla bambina. «Portalo con attenzione».
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri.
Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò: «Questa collana è stata comprata qui?».
«Sì, signorina».
«E quanto è costata?».
«I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me».
«Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!».
Il gioiellerie prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
«Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva».

Il dono della terra
C'era un contadino che coltivava il suo campo e ne ricavava abbastanza per non morire di fame insieme a sua moglie e ai suoi molti figli. La fatica era tanta, il pane poco e la famiglia tirava avanti accontentandosi di cavoli e latte acido.
«Essere poveri è come avere una malattia che non guarisce mai» diceva il contadino sospirando. E questo pensiero lo tormentava tanto che un giorno andò dal pope del villaggio e gli chiese: «Dimmi, babbino, perché ci sono uomini che portano vesti di seta ed hanno mani bianche e delicate, buone solo a contare le monete d'oro, ed altri che come me si spezzano la schiena zappando tutto il giorno?».
«Perché così vanno le cose del mondo, caro figlio! E poi perché ti lamenti del tuo destino, tu che fai un così bel mestiere? Ricordati che la terra è nostra madre, e che dobbiamo esserle grati per i suoi doni».
Il contadino ci pensò su, ma non era convinto, ed il giorno dopo, quando l'aratro urtò contro una grossa pietra, gli scappò detto: «E questi sarebbero i doni della terra? Sassi, pietre, pietre e sassi, io non ho avuto altro!».
Poi rivoltò il pietrone a colpi di zappa, e dalla terra smossa ecco spuntare un enorme vaso di terracotta, vuoto ma intatto, che doveva trovarsi là sotto da chissà quanto tempo.
«Questa sì che è una sorpresa!» disse il contadino. «Non vale granché, ma se lo vendo al mercato potrò ricavarne qualcosa».
Portò il vaso alla moglie e lei lo lavò con ogni cura. Ma mentre lo asciugava ci cadde dentro l'unico bottone della sua camicia e, subito il vaso si riempì di bottoni fino all'orlo. «Adesso abbiamo più bottoni noi che lo zar!» disse la contadina e andò di corsa a chiamare il marito. «Vediamo cosa succede se ci metto dentro una moneta» disse e gettò un soldo nel vaso, che traboccò di denaro. «Il pope aveva ragione, è proprio vero, bisogna essere grati alla terra per i suoi doni!» e corse da lui per dirglielo, dopo essersi riempito tasche e cappello di monete nuove. Il pope in principio non ci voleva credere, ma quando vide soldi e soldini che cadevano a pioggia sul pavimento, decise di impadronirsi del vaso ad ogni costo. Quella notte stessa, si infilò di nascosto nella capanna e se lo portò via, dopo averlo sostituito con un altro. Una volta a casa gettò nel vaso una moneta d'oro, e appena quello si riempì svegliò suo nonno e gli disse: «Finalmente puoi renderti utile! Anche un fannullone come te è capace di prendere l'oro dal vaso e di metterlo in un sacco, perciò al lavoro ed acqua in bocca!». Il nonno obbediente, cominciò a vuotare e riempire, vuotare e riempire... ma siccome era vecchio come il tempo, la morte decise di venirselo a prendere proprio in quel momento. Così gli venne un capogiro e cadde nel vaso, che si riempì di nonni morti. Quando il pope tornò ce ne erano tanti e tanti da non sapere dove metterli. Finalmente il vaso scoppiò e la pioggia di nonni smise, ma il pope dovette seppellirli uno ad uno e per i funerali gli toccò spendere fino all'ultima moneta.



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