Numero 31 del 2019
Titolo: Raccolta articoli redatti dalle sezioni territoriali sulla Giornata Nazionale del Braille dello scorso 21 febbraio - prima parte
Autore: Redazionale
Articolo:
Braille: due secoli di storia
A Torino un convegno per fare il punto
Ha quasi duecento anni, ma è ancora giovane. E a chi lo vorrebbe mandare in soffitta risponde mostrando una vitalità straordinaria, che gli permette di dialogare con le nuove tecnologie e di adattarsi a quasi tutti i linguaggi umani (matematica e musica comprese). Parliamo del codice Braille, il sistema di letto-scrittura a sei punti in rilievo, inventato da Louis Braille nella prima metà dell'800 e tuttora insostituibile strumento d'inclusione per milioni di persone cieche in tutto il mondo. Per far conoscere il valore e l'importanza di questo sistema (che ai non «addetti ai lavori» può apparire un po' misterioso) l'Uici (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e il Club Italiano del Braille, in collaborazione con l'Università degli Studi di Torino, hanno organizzato il convegno «Braille: sei punti per una chiave d'accesso al sapere», che si è svolto venerdì 1o marzo a Torino presso Palazzo Nuovo (sede delle facoltà umanistiche). L'appuntamento si è inserito nelle iniziative per la Giornata Nazionale del Braille, istituita nel 2007 dal Parlamento Italiano per valorizzare e promuovere questo particolarissimo sistema comunicativo. Fondamentale è stato, innanzi tutto, il coinvolgimento dell'ateneo torinese. Infatti all'incontro hanno partecipato molti studenti del dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione. «Questi giovani sono gli insegnanti, gli educatori e gli assistenti sociali di domani» ha sottolineato la prof.ssa Cecilia Marchisio, referente per il dipartimento. «Sono contenta che fin da ora abbiano un'opportunità per familiarizzare con il Braille, imparando a comprenderne l'utilità e il funzionamento, almeno nelle sue linee generali».
Il convegno, in effetti, ha avuto un taglio fortemente divulgativo, che ha permesso ai presenti (anche a chi non aveva competenze specifiche sulla disabilità visiva) di esplorare il Braille sotto diversi punti d'osservazione. Nicola Stilla, presidente del Club Italiano del Braille dichiara: «Arriviamo da un ventennio di relativo disinteresse nei confronti del Braille. Si pensava che, con l'avvento delle nuove tecnologie, sarebbe stato superato. Fortunatamente oggi assistiamo a un'inversione di tendenza. Riteniamo che ogni persona cieca debba poter conoscere e padroneggiare tutti gli strumenti a propria disposizione, per poi scegliere quelli più idonei, anche a seconda delle diverse situazioni. È quindi fondamentale che il Braille continui a essere insegnato agli studenti con disabilità visiva, fin dalla più tenera età». Che il Braille non abbia mai avuto vita facile lo dimostra la sua storia, ripercorsa per l'occasione dal prof. Luciano Paschetta, Direttore Irifor (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) del Piemonte. I pregiudizi ci sono sempre stati. «Va innanzitutto osservato che, fino all'Illuminismo, salvo rarissime eccezioni, nessuno riteneva che le persone con disabilità visiva potessero essere educabili. Quindi l'idea di immaginare un sistema di letto-scrittura a loro dedicato era tutt'altro che scontata» ha fatto notare Paschetta. «Al tempo di Braille c'era chi tentava di trasferire in rilievo le lettere stampate in nero, ma il sistema consentiva solo una lettura molto lenta e i libri realizzati con questo metodo erano enormemente ingombranti. La soluzione studiata da Braille invece era molto più lineare e «compatta», tanto che, nonostante le critiche, si affermò nel giro di pochi anni».
Leggere e scrivere un testo in Braille, però, sono azioni che presuppongono lo sviluppo di abilità complesse, come ben sa chi quotidianamente lavora con i bambini. «Oltre alle facoltà cognitive legate alla comprensione, in questo caso è necessario possedere capacità di orientamento nello spazio e una specifica sensibilità tattile» ha spiegato Silvia Lova, coordinatrice educativa Irifor Torino. «Per svilupparla, sono molto utili alcuni piccoli esercizi che possono essere proposti ai bambini già dalla scuola materna: scatole con oggetti da trovare e riconoscere, disegni in rilievo, giochi come il domino con tessere tattili». Viene poi la fase dell'apprendimento vero e proprio: «Essendo in rilievo, il Braille ha un verso di scrittura speculare rispetto a quello di lettura. Questa caratteristica presuppone un'abilità che i bambini molto piccoli ancora non posseggono, perciò, solitamente, nel primo anno di scuola, l'apprendimento è un po' più lento rispetto al percorso dei compagni normodotati. Ma, superato questo piccolo scoglio, il bambino può tenere senza difficoltà il passo col resto della classe». Molto diverso, ovviamente, è il caso di chi debba apprendere il Braille da adulto, magari a causa di una disabilità visiva sopravvenuta. «Per chi già sappia leggere e scrivere è molto più semplice avvicinarsi all'alfabeto. Non altrettanto immediato è, invece, sviluppare la sensibilità tattile necessaria a percepire il confine tra le varie lettere». Proprio in virtù della sua grande versatilità, il Braille è adatto a diversi tipi di linguaggio, matematica compresa. E a tal riguardo, dal capoluogo piemontese arrivano novità significative. Infatti, presso il dipartimento di matematica dell'università di Torino, è attivo il laboratorio «Sergio Polin», che da tempo lavora per l'inclusione, anche in ambito scientifico, degli studenti con disabilità visiva. Il gruppo di ricerca ad esso legato sta raggiungendo conquiste ragguardevoli. «Il Braille è un sistema di scrittura lineare. Il problema è che, invece, formule, grafici e tabelle (alla base non solo della matematica ma di tantissime discipline, comprese l'economia e la statistica) sono organizzati in colonna» ha osservato Anna Capietto, docente di matematica presso l'università di Torino. «Grazie alle nuove tecnologie, però, è stato possibile ovviare a questo problema, rendendo, per così dire, lineari i testi contenenti formule, grafici o tabelle. Riteniamo sia una conquista fondamentale, non solo per gli studenti ciechi che volessero avvicinarsi a una facoltà scientifica, cosa ritenuta finora pressoché impossibile, ma anche per le inedite possibilità lavorative che dischiude». Sono stati fatti certamente grandi passi in avanti, però molto resta ancora da fare. «Tra i problemi da superare» spiega ancora la prof.ssa Capietto «c'è il fatto che per la trascrizione in Braille della matematica non esiste un codice universale, ma diversi sistemi, variabili a seconda delle aree geografiche. Quando, come stiamo cercando di fare, si propone un confronto a livello internazionale, questa è una difficoltà aggiuntiva». Anche al di là degli specifici ambiti d'intervento, tutti i relatori hanno posto l'accento sulla grande duttilità e contemporaneità del Braille. Lo ha fatto in modo particolare Alessio Lenzi, responsabile del comitato informatico Uici Torino. «Sono appassionato di tecnologia fin da quando ero bambino e per un certo periodo della mia vita anch'io ho creduto che i nuovi mezzi di comunicazione avrebbero mandato in soffitta il «vecchio» sistema a sei punti in rilievo. Ma l'esperienza mi ha portato a ricredermi. Oggi so che informatica e Braille possono andare a braccetto» ha spiegato Lenzi. «Infatti, sia i computer, sia i dispositivi di nuova generazione (come smartphone e tablet) possono dialogare con i display Braille, che garantiscono grande autonomia. Ve ne sono di vari formati (dai «tascabili» a quelli con più righe di testo) e alcuni sono anche dotati di una memoria interna, che consente di salvare e archiviare materiali. Unico limite, i costi, che restano, ancora oggi, piuttosto alti».
La diffusione del Braille in maniera capillare può avvenire anche grazie al ruolo di alcuni punti di riferimento, come i centri tiflodidattici «che - ha ricordato la coordinatrice nazionale Linda Legname - svolgono un ruolo prezioso nell'educazione integrale della persona e nel superamento delle barriere fisiche e culturali». Da notare, infine, che alcune case editrici hanno dedicato attenzione al codice Braille. È il caso dell'editore torinese Silvio Zamorani, che ha realizzato alcuni libri «nei quali i caratteri del testo in nero convivono con quelli in rilievo del codice tattile. Libri veramente inclusivi, libri per tutti». «Nel corso della sua storia, dai primi anni di vita fino alla contemporaneità, questo codice è stato vittima di molti pregiudizi» ha esordito il presidente nazionale Uici, Mario Barbuto. «C'è chi lo ha bollato come segregante, perché non leggibile dai vedenti, chi, a varie riprese, ne ha profetizzato la fine. Ma la realtà dimostra che, al contrario, il sistema ha spalancato alla comunità delle persone non vedenti le porte della cultura e della conoscenza. Ecco perché a Braille e alla sua invenzione dobbiamo, innanzitutto, essere grati». Al termine del convegno, alcuni dati si sono imposti con assoluta chiarezza. Ben lontano dall'essere superato, il Braille è ancora molto vivo e vitale. Oggi come in passato (e per certi forse più ancora che nei decenni scorsi) rappresenta un'opportunità unica di inclusione, che consente agli studenti come ai lavoratori di confrontarsi alla pari col mondo dei vedenti. E a tutti di accedere a quel tesoro inesauribile che è la cultura.
Lorenzo Montanaro
Braille: scoprire la differenziazione inclusiva
Uno dei concetti fondamentali che ci dice la pedagogia, e con essa la pedagogia che si occupa e preoccupa delle persone con disabilità, è quello della Educabilità, intesa come senso profondo dell'umanità che è in ciascuno di noi. Sembra quasi ovvio insistere, qui, sul principio della educabilità di chi non vede anche se ritengo importante ribadire quei concetti dati per consolidati ma che in realtà, per i più, non lo sono. Basta seguire un po' la stampa generalista e quella specializzata del settore e leggere quasi quotidianamente episodi di mala scuola, di cattiva inclusione per carenze amministrative e burocratiche connesse con la politica del personale docente ma, credetemi anche a volte, per mancanza sia di sensibilità educativa che di conoscenze. E il Braille è, tra quelle, una delle conoscenze specifiche più peculiari e importanti che la scuola, sia dell'infanzia che dei gradi successivi, deve possedere quando accoglie alunni disabili visivi.
In questi ultimi anni, in occasione della Giornata Nazionale del Braille sono stato invitato più volte ad esporre, insieme ad altri colleghi, riflessioni sul Braille (chi scrive ha insegnato nella scuola media per ciechi, poi integrata per ciechi e vedenti all'Istituto di Milano, praticando direttamente con i ragazzi il Braille) e sempre tutti abbiamo evidenziato l'alto valore culturale del Braille. Un sistema che va sempre tenuto «in focus», proprio in questo momento storico in cui la tecnologia è uno degli elementi costitutivi della società. Infatti, se da un lato il mondo digitale ha valicato diversi confini e sicuramente ha portato soluzioni per molti problemi dall'altro, specialmente nella sfera della relazione umana e nell'insegnamento di qualcosa a qualcuno, (soprattutto nella primaria o comunque nel primo ciclo) la tecnologia ancora non offre risposte perché forte è il bisogno del bambino di legami emotivi e di motivazioni affettive. In una scuola che purtroppo, spesso, naviga sull'onda di questa moda associata ad una tecnologia pervasiva anche in campo didattico (una dimensione didattica adatta, a mio parere, a saperi freddi) il Braille corre dei rischi, sopraffatto da affermazioni tipo «con il computer il Braille è ormai superato» e altre superficialità non appartenenti certo alla cultura tiflopedagogica. Allora, pur se per brevi tratti, cerchiamo, qui, di potenziare il valore del Braille soprattutto partendo dal rispetto per il bambino non vedente oggi, il giovane e l'adulto di domani, pensati però come cittadini ai quali è dovuta la difesa del principio del diritto allo studio a partire dal saper leggere e scrivere. Con questa particolare sottolineatura: saper leggere e scrivere autonomamente, senza mediatori, in modo diretto, intimo, personale. Dove il gesto del fermarsi, del procedere, del tornare indietro nella lettura o nella scrittura, non richiede comandi da digitare su una apparecchiatura ma dipendono esclusivamente dalla mano ovvero dalla volontà di chi legge o scrive.
Altra considerazione che intendo proporre è questa: il Braille è stata ed è una soluzione geniale di un problema. Il Braille non è nato dal buon cuore di qualcuno, con tutto il rispetto per gli atti di buon cuore, è nato dallo sforzo intelligente, geniale appunto, di chi non vedendo, ha sentito innanzitutto l'indomabile esigenza di accedere là dove tutte le strade sembravano precluse: la scrittura e la lettura. In che modo? In modo differente. Quante cose nella storia dell'umanità sono cambiate proprio perché ad un certo punto qualcuno le ha guardate o considerate in modo differente o, semplicemente si è chiesto il perché? Possiamo definire il Braille una differenziazione inclusiva? Sì, e per diverse ragioni, a partire proprio dalla sua differenza. Differente perché insiste sulla modalità tattile e non su quella visiva; differente perché il codice tattile non ha nulla in comune con quello grafico visivo; inclusiva perché il Braille, con la sua specificità insiste in un contesto comune, di tutti: saper leggere e scrivere nella propria lingua madre e-o nelle altre lingue. In buona sostanza è come andare in un negozio in aeroporto e pagare gli acquisti con monete diverse, differenti, specifiche. Le diverse monete vengono accettate. Lo scopo rimane comune. Già da questo semplice esempio si evincono gli elementi che collocano il Braille in una dimensione «normale» che non deve spaventare gli insegnanti vedenti che operano con bambini ciechi. Il Braille è inevitabile. Il Braille non è una soluzione didattica per far capire, in modo più efficace al bambino non vedente, un contenuto, un concetto ecc. Il Braille è ciò che serve al bambino non vedente per la costruzione del proprio bagaglio cognitivo, così come l'alfabeto grafico-visivo lo è per chi vede. Nell'apprendere a leggere e scrivere (il Braille) il bambino compie operazioni cognitive che lo rendono consapevole della parola, dello spazio fra le parole, dell'ortografia, della dimensione ritmata tra righe e pagina, un insieme di atti motori, di motricità fine e di affinamento senso-percettivo che, nello stesso tempo, costruiscono i concetti, la corrispondenza con la realtà. Saper scrivere una pagina reale diventa un passaggio indispensabile per «sapere scrivere una pagina virtuale». Significa avere cognizione di quale sia la dimensione, la quantità di ciò che si deve leggere, 5 o 10 pagine non sono la stessa cosa, significa saper costruire riferimenti spaziali concreti ai quali potranno essere associate, poi, misurazioni anche temporali.
Molte delle considerazioni scientifiche sull'apprendimento ci dicono che scrivere, saper scrivere, migliora la comunicazione verbale, la memoria, la coordinazione motoria, le capacità organizzative, la capacità attentiva, il pensiero astratto. La letto-scrittura alimenta l'attività cognitiva. Leggere il Braille, scrivere in Braille, fa parte di questa attività del pensiero, della mente per chi non vede. Ciò fa riflettere inoltre su quanto sia importante l'agire individuale, con le mani, sulla parola «scritta da me e che sento sotto le mie dita», e non essere sempre agiti, nella condizione di semplici recettori passivi. Anche l'utilizzazione futura di tutto il mondo web non può prescindere dalla condizione di autonomia che trova però le sue radici, ineludibili, nel possedere la competenza nella letto-scrittura Braille. L'era digitale, anche per chi non vede, ha sostituito la scrittura? Direi di no. La cultura della scrittura, del libro, ha aperto la via a pratiche e funzionamenti cognitivi e psichici che non possono essere tralasciati. Quello della cultura del libro è un paradigma che oggi, certo, deve fare i conti con la cultura del digitale (e dello schermo per chi vede) ma noi siamo tra quelli che pensano sia importante, anzi fondamentale, salvare dapprima l'acquisizione della scrittura vissuta tra le dita, sentita, costruita in modo personale, autonomo e successivamente, esercitata in modo libero e volontario, con le diverse modalità acquisite, per navigare nell'oceano del digitale. In educare al comprendere Howard Gardner ci ha detto che non è possibile istruire se prima non si è provveduto alla costruzione dell'identità. Ebbene cosa è il Braille per chi non vede se non uno dei mattoni costitutivi della sua identità? Un codice che permette di conoscere la propria lingua madre e di saperla riprodurre, un codice che mette in comunicazione, che non separa. Anche chi non vede è portatore di intelligenze e tra queste intelligenze multiple, (sempre ricordando Gardner), quella linguistica, logico-matematica, musicale, solo per fare qualche esempio, sarebbero possibili senza la conoscenza e l'uso (della letto-scrittura) del Braille? È ancora necessario ribadire la qualità inclusiva del Braille? Un codice differente sì, come lo sono tanti altri codici di cui siamo a conoscenza a seconda dei nostri interessi o ambiti professionali, ma un codice che include! Man Ray (famoso fotografo e pittore dadaista) ha scritto che non si chiede mai ad un pittore quali pennelli usa o a uno scrittore che macchina usa per scrivere, quel che conta è ciò che crea, ciò che scrive, è l'idea non la macchina. Se pensiamo al sistema Braille abbiamo l'evidenza della verità di questa affermazione: il codice tattile ci offre l'esempio che ciò che conta è ciò che si esprime non la modalità o lo strumento con i quali ci si esprime. E quello del Braille non è uno specialismo escludente bensì esclusivo nel senso di peculiare, prezioso. Richiede una competenza che tutti abbiamo, quella tattile, una competenza però, quando manca la vista, che diventa specifica e, nello stesso tempo, irrinunciabile e imprescindibile, da sviluppare in termini educativi e cognitivi rispettando le fasi di sviluppo e apprendimento in relazione alle caratteristiche, all'età e alla unicità della biografia del bambino non vedente.
Lo specialismo esasperato, in ambito educativo intendo, indirizza la persona disabile su versanti non scolastici, adiacenti alla scuola e alla persona (es. ambiti terapeutici) ma non scolastici. La specificità caratterizza e, se (ri)conosciuta, include. Il Braille non è qualcosa che ripara il danno, è uno strumento per la cultura di chi non vede, è per tutti perché, se ci pensiamo bene, «butta giù parecchie barriere». È una modalità differente di scrivere e leggere che non è in mano ai terapeuti di qualsiasi natura bensì agli educatori. Incontrare sul proprio cammino scolastico insegnanti che conoscono e sanno insegnare il Braille significa incontrare figure educative che sanno «riconoscerti come bambino che non vede, nella tua peculiarità e contribuire, così, seriamente alla costruzione e consolidamento della tua identità». Dove riconoscere, nel senso più bello dell'insegnare, significa «stare accanto». Da un'altra angolazione insegnare il Braille, sempre sul piano della costruzione dell'identità, significa imparare a rispettare, attendere i tempi del bambino non vedente, dello sviluppo del suo apprendimento, per permettergli di padroneggiare il codice che, nel futuro, gli consentirà di utilizzare con sicurezza tutti gli altri diversi mezzi e sistemi utili per accedere alla conoscenza. L'inclusione sociale ha come premessa imprescindibile l'inclusione scolastica. Se non avviene nella scuola non avverrà nemmeno, a pieno titolo, nella società. Il grande poeta argentino Borges in una delle sue illuminanti riflessioni ha scritto «... cos'è il libro? Il libro, la scrittura, è l'estensione della memoria...». A chi irresponsabilmente afferma un dubbio, o peggio, un No al Braille, per una acefala adesione al mondo digitale, dimenticando che prima di qualsiasi strumento o macchina che noi possiamo utilizzare per muoverci dobbiamo innanzitutto imparare a stare sulle nostre gambe e a camminare da soli, porgo questa domanda: «è possibile togliere la scrittura a chi può avvalersene, conoscerla, gioirne e praticarla per sé o per donare idee agli altri, una scrittura personale, non mediata, solo perché non la si conosce?».
Giancarlo Abba
La cultura tra le mani
«La cultura tra le mani»: questo il titolo dell'iniziativa dedicata alla XII Giornata Nazionale del Braille, promossa dall'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e dal Club Italiano del Braille che è stata inaugurata il 20 febbraio scorso nell'ex ospedale San Rocco di Matera. L'evento, che si rinnova a cadenza annuale, ha lo scopo di far conoscere ed approfondire uno straordinario strumento di accesso alla cultura e di emancipazione per le persone con disabilità visiva, che imparano a leggere e a scrivere sentendo le parole nascere sotto le loro dita. Un'occasione per sensibilizzare l'opinione pubblica e le Istituzioni a mettere in atto iniziative di solidarietà e politiche che agevolino una reale inclusione sociale, civile e morale dei cittadini ciechi e ipovedenti. I lavori, coordinati dalla giornalista Fabiana Santangelo e dal Presidente nazionale del Club Italiano del Braille, Nicola Stilla, sono stati aperti con la presentazione e il significato proprio della Giornata Nazionale del Braille.
Sono intervenuti, in qualità di rappresentanti delle varie realtà associative ed istituzionali: Nicola Stilla, Presidente Club Italiano del Braille, Mario Barbuto, Presidente Nazionale Uici, Angelo Camodeca, Presidente Consiglio Regionale Uici Basilicata, Giuseppe Lanzillo, Presidente Sezione Territoriale Uici Matera. L'iniziativa ha visto alternarsi momenti di profonda riflessione a piacevoli intermezzi musicali, affidati all'Orchestra del Conservatorio di Musica «Egidio Romualdo Duni» e al duo musicale composto dal soprano Anna Varriale, insieme al pianista Fernando Russo, entrambi non vedenti, soci Uici. Uno spazio particolare è stato dedicato al valore intrinseco del codice Braille soprattutto alla luce della differenziazione inclusiva, tema scelto da Giancarlo Abba, Pedagogista, componente del Nis (Network Inclusione Scolastica) e della Commissione Nazionale Istruzione Uici. Un percorso evolutivo mai scontato che grazie ai laboratori «Insoliti puntini: a scuola di Braille» esplica appieno gli scopi sociali e didattici che l'insegnamento del Braille rappresenta per gli studenti in prospettiva dei propri investimenti nel mondo del lavoro. Interessanti e altrettanto emozionanti le testimonianze di Maria Buoncristiano, Consigliera Nazionale Uici e Donato Donnoli, Governatore Rotary distretto 2120 Puglia e Basilicata che hanno raccontato come è nata la loro iniziativa di portare il sistema Braille nelle scuole. Il progetto, che è stato proposto alle seconde classi degli istituti comprensivi di Potenza e Matera, ha permesso a circa 1.000 famiglie di entrare a contatto con questo affascinante codice e con il mondo dei non vedenti ritenuto spesso a torto chiuso e buio. Colorati e spensierati a dispetto di ogni pregiudizio sono stati i messaggi di ringraziamento e incoraggiamento degli allievi degli istituti che hanno collaborato con l'Uici come l'Ic Domenico Savio che ha dedicato al Braille una raccolta di pensieri dal titolo «La Magia del Braille», realizzata sotto la guida delle referenti Prof.ssa Vittoria Buscicchio e Maestra Maria Dapoto. Altrettanto emozionante ed incisiva la proposta pervenuta dagli alunni dell'Ic Pascoli di Matera di intitolare una strada al noto inventore Louis Braille, sulla scorta di numerose altre città italiane, che l'Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Matera, Marilena Antonicelli si è impegnata a perseguire. Durante l'interessante dibattito «Braille, il mio compagno di vita» si sono alternate le preziose testimonianze di Mario Dileo, di Francesca Modena, socia Uici dottoressa in Lingue straniere e dello psicologo Alfonso Guttieri. A seguire l'attrice Emilia Fortunato di Hermes Teatro Laboratorio e Francesca Modena hanno letto alcuni brani tratti dal libro «Filippo e Louis Braille» di Fabiana Santangelo.
«La Giornata Nazionale del Braille è per noi» ha dichiarato Mario Barbuto, presidente Nazionale Uici, «l'occasione annuale più grande per ricordare ai cittadini e a noi stessi che i ciechi devono istruirsi e dotarsi degli strumenti adeguati per promuovere quel riscatto civile e quella inclusione sociale che sono la ragione stessa di esistenza della nostra Associazione». Nel corso dell'evento la Presidenza nazionale Uici ha inoltre sottoscritto un protocollo di Gemellaggio con l'Unione Ciechi del Burkina Faso allo scopo di incentivare le politiche di sostegno e prevenzione alla cecità nei Paesi più svantaggiati. L'evento nazionale ha avuto seguito il 21 febbraio (la giornata celebrativa istituita con legge 126 del 2007) con l'incontro nell'Aula Magna della nuova sede Unibas di Matera. Dopo l'introduzione affidata a Nicola Stilla, Presidente Club Italiano del Braille, ha avuto inizio il dibattito moderato da Giancarlo Abba. Vari e interessanti gli interventi che si sono susseguiti nel corso del seminario durante il quale i relatori hanno approfondito da differenti prospettive l'importanza pedagogica ed accademica del Braille. Domenico Milito, Professore Associato di Didattica e Pedagogia Speciale, corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, Università degli Studi della Basilicata, ha offerto al pubblico la Lectio Magistralis «Tutti diversi e uguali, indicazioni pedagogiche e applicazioni possibili». Stefano Salmeri, Professore Associato di Pedagogia generale e sociale, Facoltà di Studi Classici, Linguistici e della Formazione, Università degli Studi di Enna «Kore», ha relazionato sul tema «L'uso del Braille, oggi e domani», mentre Marco Condidorio, componente della Direzione Nazionale Uici, ha illustrato il tema «Chi e perché può insegnare il Braille: la radice comune per una didattica condivisa». Franco Lisi, Direttore Scientifico della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano ha offerto il suo contributo sul tema «Braille: dall'inclusione scolastica all'inserimento nel mondo del lavoro oggi», a seguire, Antonio Quatraro, Presidente Consiglio Regionale Uici Toscana e coordinatore della Commissione Nazionale Studi Musicali Uici ha relazionato su «Braille e musica: un connubio indiscutibile».
Infine sono arrivate le conclusioni di Mario Barbuto, Presidente Nazionale Uici che ha affermato: «Credo che il Braille si porti dietro una sorta di maledizione sin dalle sue origini poiché chi lo osteggiava lo riteneva segregante. La domanda che mi pongo oggi come presidente nazionale Uici è se dal punto di vista dell'istruzione stiamo facendo le azioni corrette. Secondo voi è normale arrivare in terza elementare senza saper leggere o scrivere, senza libri, senza poter fare attività fisica? Per questo oggi bisogna chiamare al confronto gli Stati Generali della scuola e chiedere loro se questo sistema scolastico aiuti davvero a sviluppare autonomia, conoscenza, libertà personale per tutti i disabili visivi». «È stato entusiasmante e coinvolgente» ha dichiarato Maria Buoncristiano, consigliera nazionale Uici «aver avuto l'opportunità di interagire con diversi attori sociali con i quali l'Uici ha fatto rete per l'organizzazione dell'evento. Prevalentemente hanno collaborato persone ed organizzazioni con mission totalmente differenti che hanno trovato un punto di incontro nell'idea di promuovere il territorio e la cultura universalmente intesa».
Fabiana Santangelo
Il Braille non è uno scherzo!
L'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Ferrara, in collaborazione con il Comune di Cento, assessorato alla cultura, e la sponsorizzazione della Cassa di Risparmio di Cento, presenta, nella giornata del prossimo 21 febbraio, l'evento: «Il braille non è uno scherzo». La serata avrà come location la Galleria Aroldo Bonzagni entro il Palazzo del Governatore e inizierà alle 18 circa con una visita guidata ad oggetti ed artefatti della tradizione carnevalesca e carristica della città di Cento, attraverso la maestria di chi da anni ricava maschere e vestimenti con l'uso della cartapesta. Sarà anche possibile toccare diversi tipi di frutta sempre ottenuti dallo stesso materiale ed estremamente simili all'originale. La serata vedrà la presenza dell'assessore ai Beni Culturali del Comune di Cento e di alcuni rappresentanti della nostra associazione e sarà accompagnata da un intrattenimento musicale offerto da due membri della jazz band di Centro, Gaetano Fiore contrabbassista e Francesco Predieri chitarrista. Nell'intervallo fra la guida ai lavori di cartapesta e le esecuzioni jazzistiche la presidente Alessandra Mambelli e il vicepresidente Davide Fortini, oltre a portare il saluto e i ringraziamenti dell'Unione cercheranno di illustrare ai presenti il significato storico che il braille ha acquisito e che tutt'ora ha nell'emancipazione culturale e sociale dei non vedenti. L'incontro avrà termine attorno alle 20.
Davide Fortini
Modena - Giornata Nazionale del Braille
In occasione della Giornata Nazionale del Braille e dell'Anniversario di fondazione del Rotary Club International, sabato 23 febbraio 2019 alle 10,30 l'Uici di Modena ha ricevuto dalle mani del Presidente del Rotary Club, prof. Enrico Clini, l'assegno con il quale si darà simbolicamente inizio ai lavori di allestimento dell'ambulatorio oculistico rivolto alla prevenzione delle patologie visive e delle malattie oculari, per poter seguire chi si affaccia alla disabilità visiva dal momento della diagnosi della patologia, passando dal riconoscimento sanitario, fino alla sua gestione nella vita quotidiana dell'individuo stesso.
Salerno - 12a Giornata Nazionale del Braille
In occasione della celebrazione della 12a Giornata Nazionale del Braille, l'Uici sezione territoriale di Salerno, viste le disponibilità sia dell'Ic «Giovanni XXIII» che dell'Iis «Galdi-De Filippis», nel fissare il programma per l'anno corrente, ha deliberato di organizzare il giorno 18 febbraio 2019 dalle ore 9,30 alle ore 12,30 un incontro seminariale sul tema: «Il metodo di scrittura e lettura per i non vedenti ed ipovedenti alla luce anche delle nuove tecnologie in informatica».
Palermo - XII Giornata Nazionale del Braille
La Sezione Uici di Palermo in data 21 febbraio 2019 promuove la XII Giornata Nazionale del Braille in collaborazione con l'Istituto Nautico «Gioeni -Trabia» di Palermo. La manifestazione si svolgerà, dalle ore 9,00 alle ore 17,30, presso l'Istituto stesso sito in via Vittorio Emanuele, 27, 90133 Palermo. Nell'ambito di tale giornata, si richiamerà l'attenzione degli studenti, degli insegnanti e-o degli operatori sull'importanza che il sistema Braille riveste nella vita delle persone non vedenti e di quanti sono coinvolti direttamente o indirettamente nelle loro vicende, al fine di sviluppare politiche pubbliche e comportamenti privati che allarghino le possibilità di reale inclusione sociale e di accesso alla cultura e all'informazione per i non vedenti e gli ipovedenti. A latere della manifestazione, in collaborazione con la Stamperia Regionale Braille di Catania, presso Vicolo delle Mura della Lupa, verrà allestita una mostra di significativi testi braille e di materiale tiflodidattico e tiflotecnico all'interno del Polo Didattico itinerante con annesso Bar al buio.
Padova - XII Giornata Nazionale del Braille
Anche quest'anno una iniziativa a Padova in occasione della «Giornata Nazionale del Braille». La cittadinanza è invitata all'evento «Esserci con la musica» al quale parteciperanno musicisti non vedenti e vedenti, tra questi il maestro Oliviero De Zordo con l'Ensemble Kaleidos, affiancati da relazioni e testimonianze su «Attualità del codice Braille a 2 secoli dalla sua nascita» tenute fra gli altri dal dott. Angelo Fiocco, presidente dell'Istituto Configliachi e dell'Uici Consiglio Regionale e dal dott. Remo Breda ex docente e attualmente dirigente sportivo nazionale. L'iniziativa è promossa dall'Uici di Padova, in collaborazione con l'Istituto Configliachi e la Siem (Società Italiana per l'Educazione Musicale) di Padova, che più volte si è vista sensibile all'inclusione dei non vedenti nel contesto formativo e culturale. A Padova da 4 anni onoriamo questa ricorrenza con seminari di alfabetizzazione, tavola rotonda e altro con particolare riferimento alla divulgazione del codice braille musicale.